Medicinali e strumenti diagnostici siano accessibili a tutti, chiede la Santa Sede

Mons. Tomasi: è una prospettiva etica basata sulla dignità dell’uomo

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di Roberta Sciamplicotti

GINEVRA, lunedì, 21 giugno 2010 (ZENIT.org).- Un accesso generale a medicinali e strumenti diagnostici come conseguenza del riconoscimento della dignità umana di ogni individuo è quanto ha chiesto l’Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, l’8 giugno a Ginevra.

Il presule è intervenuto alla 14a Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, svoltasi nella città svizzera, ricordando il “diritto di ciascuno di godere del più alto standard possibile di salute fisica e mentale”.

A questo proposito, ha spiegato che la delegazione vaticana vuole sollevare la questione relativa alla “necessità di un’azione efficace per garantire l’accesso universale ai medicinali e agli strumenti diagnostici per tutti”.

L’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del resto, include il diritto all’assistenza medica e sanitaria nel contesto più ampio del “godere di un adeguato standard di vita”, ha ricordato.

Chiesa in prima linea

Il presule ha quindi segnalato l’impegno della Chiesa nel settore sanitario in ogni parte del mondo, “attraverso Chiese locali, istituzioni religiose e iniziative private, che agiscono per propria responsabilità e nel rispetto del diritto di ogni Paese”.

Tra le strutture curate dalla Chiesa, ha citato 5.378 ospedali, 18.088 dispensari e cliniche, 521 lebbrosari e 15.448 case per anziani, per malati cronici o portatori di handicap.

Le informazioni che giungono da queste strutture, ha sottolineato l’Arcivescovo, mostrano purtroppo che “i diritti descritti negli strumenti internazionali (…) sono lungi dall’essere realizzati”.

Uno degli ostacoli maggiori, ha sottolineato, è proprio “la mancanza di accesso a medicinali e strumenti diagnostici che possano essere somministrati e utilizzati in Paesi a basso reddito e a basso livello tecnologico”.

Le cosiddette “malattie della povertà”, del resto, rappresentano ancora il 50% di quelle presenti nei Paesi in via di sviluppo, con un tasso quasi dieci volte più alto rispetto a quello dei Paesi sviluppati.

Ogni anno, inoltre, più di 100 milioni di persone piombano nella povertà perché devono pagare l’assistenza sanitaria. Nei Paesi poveri, infatti, i pazienti pagano dal 50% al 90% delle medicine essenziali, alle quali non hanno accesso quasi 2 miliardi di persone.

Bambini a rischio

“Un gruppo particolarmente privato dell’accesso ai medicinali è quello costituito dai bambini”, ha denunciato l’Arcivescovo Tomasi. “Molte medicine necessarie non sono state sviluppate in formulazioni o dosaggi appropriati all’uso pediatrico”.

“Per questo, le famiglie e gli operatori sanitari sono spesso costretti a imbarcarsi in un ‘quiz’ su come dividere al meglio le pillole per adulti per usarle con i bambini”.

Questo fatto, ha avvertito il presule, può provocare “la tragica perdita di vite o malattie croniche continuate tra questi bambini bisognosi”.

Un esempio di questa situazione è rappresentato dal fatto che, dei 2,1 milioni di bambini che si stimano affetti da Hiv, solo il 38% aveva ricevuto medicinali antiretrovirali per la fine del 2008.

Raddoppiare gli sforzi

Monsignor Tomasi si è detto “ben consapevole” delle “complessità negli aspetti di proprietà intellettuale relativi alla questione dell’accesso ai medicinali”, così come ha riconosciuto i “seri sforzi” intrapresi per implementare la Strategia Globale su Salute Pubblica, Innovazione e Proprietà Intellettuale, istituita nel 2008 dalla 61ma Assemblea Mondiale della Sanità.

Nonostante questo, ha riconosciuto, “la comunità internazionale non è ancora riuscita a raggiungere l’obiettivo di fornire un equo accesso ai medicinali e a indicare la necessità di un’ulteriore riflessione e azione al riguardo”.

Per questo, il rappresentante della Santa Sede ha esortato a moltiplicare gli sforzi, convinto che “ogni essere umano” debba ricevere cure come “elemento essenziale” della “ricerca del massimo sviluppo umano possibile”.

“Questa prospettiva etica – ha concluso – è basata sulla dignità della persona umana e sui diritti e doveri fondamentali ad essa connessi”.

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ZENIT Staff

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