Sul disegno di legge sulle intercettazioni, perplessità “di coscienza”

Secondo Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica

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ROMA, giovedì, 17 giugno 2010 (ZENIT.org).- Il disegno di legge che mira a limitare l’utilizzo delle intercettazioni nei procedimenti giudiziari solleva perplessità “di coscienza”, ha affermato il professor Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano.

Intervistato dalla “Radio Vaticana”, il docente ha sottolineato in primo luogo la differenza di situazioni che si vengono a creare a seconda delle persone e dei ruoli che esse ricoprono, ricordando che “per il cittadino comune non c’è da temere per la privacy”.

Chi accetta un ruolo importante, invece, “deve ‘rassegnarsi’, per il bene della democrazia e della funzione di controllo, a vedere la propria privacy ridotta”.

“Quando uno di questi cittadini ricopre una posizione di potere rilevante, per forza di cose, deve accettare una ragionevole riduzione della propria privacy perché è esposto di più e deve dare esempio di virtù civili e trasparenza, non approfittare del suo ruolo”.

L’esperto ha quindi osservato che dal punto di vista della Dottrina Sociale della Chiesa “oltre al dovere c’è anche un diritto all’informazione”.

Nei confronti della democrazia, ha spiegato, la Chiesa ha compiuto “una scelta che definirei di tipo dottrinale”.

“Con il radiomessaggio di Pio XII nel 1944 si ‘abbracciò’ la democrazia. Una cosa interessante, riandando ai motivi di questa scelta, è la descrizione del Papa sulla situazione alla fine della seconda Guerra Mondiale: ‘I popoli – affermava Pio XII – si sono risvegliati da un lungo torpore. Hanno preso, di fronte allo Stato, un contegno nuovo, un interrogativo critico diffidente’”.

“Questo elemento della critica e della diffidenza è essenziale per il Papa per definire la nascita dell’atteggiamento democratico”.

Anche se oggi “non siamo in una situazione di guerra”, ha sottolineato Baggio, “è importante ricordarsi che il principio scelto per vivere insieme ha una componente di diffidenza basata sull’informazione e sulla capacità di intervenire nei confronti di coloro che gestiscono il potere”.

In questo contesto, le perplessità di fronte alla legge in questione “sono di ordine dottrinale, di coscienza”, non riguardando la parte politica che l’ha proposta.

“L’impressione è che ci sia un ceto politico che intende difendersi e questo va contro dei principi di base della democrazia, perché si difende nel modo sbagliato”.

A suo avviso, infatti, “è una legge che limita il potere d’indagine, e quindi della magistratura, e anche quello d’informazione”.

Per Baggio si tratta dunque di “una macchinosità che sostanzialmente toglie un potere d’indagine alla magistratura perché, dal punto di vista della coscienza ecclesiale – quindi della Dottrina Sociale cristiana – ci si deve porre delle domande”.

“Ecco perché oggi si deve fare anche una riflessione in termini dottrinari riguardo a queste leggi: non per attaccare una parte politica, ma per mettere in rilievo i pericoli di riduzione della libertà e dell’uguaglianza nella democrazia”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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