ROMA, domenica, 13 giugno 2010 (ZENIT.org).- Dopo la recita dell’Angelus di questa domenica, il pensiero di Benedetto XVI è andato a due nuovi beati, vissuti nel secolo scorso: il primo giornalista laico ad essere elevato alla gloria degli altari, Manuel Lozano Garrido, di nazionalità spagnola; e un martire, Alojzij Grodze, di nazionalità slovena.

Manuel Lozano Garrido (1920-1971), noto anche come “Lolo”, è stato beatificato il 12 giugno a Linares, nella provincia di Jaén (Spagna). Entrò giovanissimo nell’Azione Cattolica. A diciassette anni fu chiamato alle armi, dopo lo scoppio della guerra civile del 1936-39: anni di sofferenza per tutto il Paese e di persecuzione religiosa, in cui il giovane di Linares portava clandestinamente l’Eucaristia ai detenuti politici, diffondeva l’Azione Cattolica nel territorio di Jaén e iniziava un’opera di evangelizzazione radiofonica.

All’età di 22 anni, una paralisi progressiva lo costrinse alla sedia a rotelle: una infermità lunga e dolorosa che lo privò anche della vista negli ultimi nove anni di vita.

Anche nella malattia mantenne il suo spirito e il suo zelo apostolico, evangelizzatore e missionario e la sua vocazione di giornalista al servizio del Vangelo, lasciando nove libri e centinaia di articoli e fondando l’opera pia “Sinaí”, un’associazione di preghiera per la Stampa, in cui gruppi di 12 malati ciascuno, insieme ad un monastero di clausura, assumevano la cura spirituale di un determinato mezzo di comunicazione.

Malgrado la malattia e l’invalidità, ha sottolineato il Papa, Lolo “lavorò con spirito cristiano e con frutto nel campo della comunicazione sociale”.

In lui, “i giornalisti – ha affermato il Papa nei saluti ai fedeli di lingua spagnola - potranno trovare un testimone eloquente del bene che si può fare quando la penna riflette la grandezza dell’anima e si mette al servizio della verità e della cause nobili”.

Il Pontefice ha poi ricordato anche la figura del giovane martire Lojze Grozde (1923-1943), beatificato il 13 giugno a Celje (Ljubljana), in Slovenia, in occasione del Congresso Eucaristico nazionale.

Cresciuto nell'ambiente tipico dei contadini poveri, dediti al duro lavoro di campagna, a 13 anni Alojz divenne membro della Congregazione Mariana e fece voto all'Immacolata. Alcuni anni dopo diventò presidente della medesima Congregazione.

Durante gli anni del liceo alcuni membri dell'Azione Cattolica lo invitarono a partecipare alle proprie riunioni. I loro ideali lo stimolarono ad affrontare nuovi impegni apostolici: fare tutto per il regno di Dio, condurre gli altri giovani a Cristo e sacrificarsi per la salvezza delle anime.

Alla fine del 1942, Alojz si mise in viaggio per andare a visitare la madre durante le feste natalizie, cosciente del pericolo che correva, poiché in quel tempo la sua terra d'origine era sotto il controllo di partigiani armati.

A Mirna venne, infatti, catturato da alcuni partigiani, che lo accusarono di essere una spia segreta dei militanti anticomunisti e gli dissero di confessare per avere salva la vita. Di fronte a un suo rifiuto di mentire, i partigiani lo torturarono fino ad ucciderlo. In tasca gli trovarono il Messale in latino, la “Sequela di Cristo” di Tommaso da Kempis e alcuni santini con la Madonna di Fatima.

Alojz, ha ricordato il Santo Padre, “era particolarmente devoto dell’Eucaristia, che alimentava la sua fede incrollabile, la sua capacità di sacrificio per la salvezza delle anime, il suo apostolato nell’Azione Cattolica”.