di Carmen Elena Villa
CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 9 giugno 2010 (ZENIT.org).- “Appassionato della verità”. Così ha definito questo martedì il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’Arcivescovo Claudio Maria Celli, il primo giornalista laico che verrà beatificato il 12 giugno, Manuel Lozano Garrido, più noto come Lolo.
Nel corso di una conferenza stampa celebrata nella sede centrale della “Radio Vaticana”, ha preso la parola padre Rafael Higueras, postulatore della causa di beatificazione, per affermare alla luce della testimonianza del futuro beato che “essere un buon giornalista è facile, ma essere un giornalista cristiano è eroico”.
Monsignor Celli e padre Higueras hanno partecipato alla conferenza stampa nella quale è stata presentata la vita di questo laico spagnolo, giornalista e portatore di handicap, che verrà beatificato a Linares, nella provincia di Jaén (Spagna), località in cui nacque il 9 agosto 1920 e morì il 3 novembre 1971.
La cerimonia sarà presieduta dall’Arcivescovo Angelo Amato SDB, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.
Monsignor Celli ha sottolineato l’unione che Lolo applicava nella sua professione “tra le notizie e le buone novelle del Vangelo”, perché “vedeva Gesù come paradigma della comunicazione”.
Secondo il presidente del dicastero vaticano, “la grande radice del suo servizio come giornalista” si ritrova nell’Eucaristia e nel suo amore per la Vergine Maria.
La vita
Lolo aveva solo 22 anni quando iniziò a sperimentare una paralisi progressiva che lo costrinse su una sedia a rotelle. Arrivò ad essere totalmente immobile, e gli ultimi nove anni della vita fu anche cieco.
Nonostante le sue limitazioni fisiche, scriveva articoli, racconti, lettere, saggi. Pubblicò nove libri, tra cui la sua autobiografia.
Tra i media che pubblicavano i suoi articoli ci sono il quotidiano “Ya“, le riviste “Telva” e “Vida Nueva” e l’agenzia “Prensa Asociada“. Fondò la rivista “Sinaí” per malati e ricevette importanti riconoscimenti professionali, come il “Premio Bravo“.
Apostolo della penna e con le anime
La casa di Lolo divenne un centro apostolico, dove decine di persone accorrevano alla ricerca di un consiglio, un orientamento, consolazione. Tra queste c’era il monaco benedettino Juan Javier Flores Arcas, rettore del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, che parlando con ZENIT ha sottolineato come gli anni di produttività intellettuale di questo giornalista (gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta) siano stati “anni in cui la Chiesa si cominciava a svegliare in un senso di evangelizzazione, di apertura, di mezzi di comunicazione. Lui, dalla sua situazione, si è reso conto che era la missione nella Chiesa”.
Una volta Lolo disse: “Se ciascuno di noi avesse un microfono per parlare di Cristo, non sarebbe un campo meraviglioso per la nuova evangelizzazione?”. Lo ha ricordato padre Rafael Higueras, che lo conobbe personalmente, lo accompagnò negli ultimi nove anni della sua vita ed era presente al momento della sua morte mentre recitava l’Ave Maria.
Per Lolo fu fondamentale un pellegrinaggio a Lourdes nel 1958, dove disse alla Vergine Maria: “Ti offro la gioia. Benedetta gioia”.
“Lì, sul treno pieno di malati, pensò che non poteva perdere un così grande tesoro di redenzione come il dolore di chi soffre”, ha detto il postulatore.
“Al ritorno da Lourdes, alla stazione di Madrid, incontrò i fondatori della Propaganda Popular Católica (PPC), da cui deriva Vida Nueva. Con alcuni di questi malati fondò il primo gruppo. Per qualche mese non seppero che nome dargli, poi scelsero ‘Sinai’ in ricordo di Mosè che alzava le braccia al cielo”, ha aggiunto.
L’associazione è formata da piccoli gruppi di 12 malati che insieme a un monastero si dedicano a pregare e a offrire il dolore per i mezzi di comunicazione. Lolo scriveva loro attraverso una rivista mensile che portava il suo stesso nome.
Padre Flores ha detto che, anche se era sempre più debole fisicamente, “incontrarlo era un’oasi di pace, di vita interiore, di fede, e questo è stato un’impronta forte”.
Manuel Lozano Garrido è morto il 3 novembre 1971. Sulla malattia e la sua apparente inutilità agli occhi del mondo scrisse una volta: “… ci è stata riservata un’impresa molto grande: aiutare gli uomini a salvarsi, uniti a Te… Fa’, o Signore, che conosciamo la nostra vocazione e il suo senso intimo… Raccogli, Signore, come un mazzo di gigli nelle tue mani inchiodate la nostra inutilità, per darle un’efficacia redentrice universale”.