Monsignor Padovese, un testimone del dialogo e della pace


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di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- E’ morto un sant’uomo. Un martire del dialogo e della pace. Un amico personale e della redazione di ZENIT. C’è solo da sperare che il suo assassinio non alimenti divisioni, estremizzazioni, conflitti.

Monsignor Luigi Padovese, Vescovo di Iskanderun, Vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza Episcopale Turca, era un uomo buono e saggio.

Uno studioso di altissimo livello, professore titolare della cattedra di Patristica alla Pontificia Università dell’Antonianum di cui è stato per 16 anni direttore dell’Istituto di Spiritualità. Ha insegnato anche alla Pontificia Università Gregoriana e all’Accademia Alfonsiana.

Tra i maggiori esperti di San Paolo, ha pubblicato diversi volumi, l’ultimo dei quali insieme a Oriano Granella con il titolo “Guida alla Turchia, I luoghi di San Paolo e delle origini cristiane” (Paoline 2008).

Un pastore con un cuore grande, prodigo di buone parole, mai una polemica, impegnato quotidianamente a cucire rapporti e curare relazioni al fine di far crescere e consolidare la fiducia reciproca tra le persone di diversa religione, il dialogo, la pace.

In un intervento pubblicato su “Mondo e Missione” nel 2007, si definì “amico e innamorato della Turchia” e metteva in guardia dalla strumentalizzazione dell’Islam a fini politici e nazionalistici.

La Santa Sede nutriva molte speranze sul suo lavoro. Per dieci anni è stato visitatore del Collegio Orientale di Roma per la Congregazione delle Chiese Orientali, oltre che consulente della Congregazione della Congregazione per le Cause dei Santi. L’11 ottobre del 2004 è stato nominato Vicario apostolico dell’Anatolia.

Monsignor Padovese metteva passione e amore nella cura delle persone, sia per far rivivere le diverse comunità cristiane turche che per alimentare buone relazioni con l’Islam e con le altre comunità cristiane.

Proprio ieri  aveva incontrato le autorità turche per affrontare i problemi legati alle minoranze cristiane e domani sarebbe andato a Cipro, per incontrare Benedetto XVI, in viaggio sull’isola per pubblicare l’Instrumentum Laboris del Sinodo per le Chiese del Medio Oriente.

Il Vicario apostolico dell’Anatolia riusciva a trovare parole di pace e di bontà anche di fronte a situazioni terribili.

Quando nel 2006 fu ucciso a Trabzon il sacerdote Fidei Donum don Andrea Santoro, nella messa di suffragio mons. Padovese disse: “Noi perdoniamo chi ha compiuto questo gesto. Non è annientando chi la pensa in modo diverso che si risolvono i conflitti. L’unica strada che si deve percorrere è quella del dialogo, della conoscenza reciproca, della vicinanza e della simpatia. Ma fintanto che sui canali televisivi e sui giornali assistiamo a programmi che mettono in cattiva luce il cristianesimo e lo mostrano nemico dell’islam (e viceversa), come possiamo pensare a un clima di pace?”.

E riferendosi al sacrificio di don Santoro, aggiunse: “Chi ha voluto cancellare la sua presenza fisica, non sa che ora la sua testimonianza è più forte”.

Commentando tra le lacrime la morte di monsignor Padovese, Maddalena la sorella di don Andrea Santono ha detto all’agenzia Apcom “Padovese era veramente un cristiano autentico e questo lo manifestava e lo mostrava con la sua bontà. Non c’era ambiguità nel suo comportamento, non faceva distinzione e aveva piena fiducia in tutti, anche nel suo autista. Mi auguro che in Turchia si aprano gli occhi per cercare di capire e comprendere cosa c’è dietro questa situazione. Perchè anche i musulmani devono saper accogliere i cristiani. Senza temere che vogliano convertire”.

Riporta l’Adnkronos che in una intervista rilasciata lo scorso 26 maggio, il Vicario apostolico dell’Anatolia spiegava che “tra i frutti dell’Anno Paolino e dei tanti pellegrinaggi che qui continuano ad arrivare, c’e’ anche la maggiore consapevolezza dei cristiani locali della preziosita’ di questi luoghi per la tradizione cristiana. La presenza dei pellegrini ridesta la certezza di vivere in una Terra Santa”.

“Altro effetto positivo – affermava Padovese – riguarda i musulmani. Essi vedono che giungono cristiani che, lungi dal voler sfruttare turisticamente il posto, si mettono in atteggiamento di preghiera e ciò aiuta a superare diffidenze reciproche che si sono accumulate nel passato. Credo che la testimonianza più bella che si possa dare alla Turchia sia quella di vedere uomini e donne che pregano”.

Noi di ZENIT lo abbiamo sentito spesso, sempre attenti e timorosi per il ruolo delicato che stava svolgendo. In uno degli ultimi incontri ci aveva comunicato la preoccupazione per questo suo autista che non stava molto bene. Lo stesso autista che lo ha accoltellato.

Siamo sgomenti per quanto accaduto, ma rinnoviamo la nostra fiducia nella Divina Provvidenza, nutrendo la speranza che il sangue versato eviti conflitti e susciti pace e riconciliazione.

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ZENIT Staff

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