di Jesús Colina
STRASBURGO, martedì, 1 giugno 2010 (ZENIT.org).- Per la prima volta nella storia della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, dieci Stati membri, tra cui la Russia, si sono dichiarati “amicus curiae”, cioè parte terza, davanti alla sentenza emessa contro lo Stato italiano che proibisce l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche e che sarà vagliata dalla Gran Camera di questo Tribunale il 30 giugno prossimo.
Il Tribunale ha comunicato questo martedì allo European Centre for Law and Justice (ECLJ) la lista dei membri che si sono schierati in difesa dell’Italia: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, San Marino, Romania e Federazione Russa.
Questi dieci Stati, che fanno parte delle 47 nazioni del Consiglio d’Europa, hanno chiesto formalmente al Tribunale di potersi presentare ufficialmente come “parte terza” quando verrà istruito il processo davanti alla Gran Camera. La condizione di “parte terza” permette agli Stati di poter presentare in forma ufficiale al Tribunale osservazioni scritte e orali.
Questi paesi intendono intervenire in appoggio dello Stato italiano che sta facendo di tutto per far annullare la sentenza del mese di novembre scorso che proibisce i crocifissi nelle scuole pubbliche. Allo stesso tempo, dodici organizzazioni non governative (ONG) sono state ammesse dal Tribunale come “parte terza”. Finora nessuno Stato o ONG è intervenuto a sostegno della sentenza.
Oltre a questi dieci Stati membri, altri Stati si sono pronunciati contro la sentenza del 3 novembre 2009, come l’Austria o la Polonia che hanno rilasciato dichirazioni politiche rispettivamente il 19 novembre e il 3 dicembre 2009.
“Si tratta di un precedente importante per la vita del Tribunale, perché in generale gli Stati membri si astengono dall’intervenire o intervengono solo quando il caso colpisce un cittadino del proprio Stato”, ha spiegato a ZENIT Gregor Puppinck, direttore dello European Centre for Law and Justice.
“Il ‘caso del Crocifisso’ è unico e non ha precedenti. Dieci Stati hanno deciso di spiegare alla Corte qual è il limite della sua giurisdizione e qual è il limite della sua capacità di creare nuovi ‘diritti’ contro la volontà degli Stati membri. In tutto ciò si può scorgere un controbilanciamento del suo potere”, ha aggiunto Puppinck in alcune dichiarazioni a ZENIT.
Il “caso del Crocifisso”, noto anche come “caso Lautsi”, è stato rimesso alla Gran Camera del Tribunale dopo che il Governo italiano aveva presentato ricorso il 28 gennaio scorso contro la sentenza emessa dalla Sezione Seconda del Tribunale il 3 novembre 2009.
In questa prima istanza, il Tribunale si era espresso affermando che la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche è “contraria al diritto dei genitori di educare i figli in linea con le loro convinzioni e con il diritto dei bambini alla libertà di religione”, perché gli studenti potrebbero avvertire “di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione”.
Il Tribunale ha continuato con l’affermare che la presenza del crocifisso poteva risultare “sconvolgente emotivamente” per il figlio della signora Lautsi (colei che ha presentato il ricorso) e che non avrebbe permesso di “insegnare agli allievi un pensiero critico” o quel “pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica”.
Il Tribunale concluse che si trattava di una violazione dell’articolo 2 del Protocollo numero 1 (Diritto all’educazione), come dell’articolo 9 (libertà religiosa) della Convenzione.
Questa decisione è stata duramente criticata da parte di esperti politici e giuristi di vari Stati europei e giudicata come un’imposizione del “laicismo”. In concreto, è stato detto che la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo non prevede che lo Stato “è tenuto alla neutralità confessionale nel quadro dell’istruzione pubblica obbligatoria” o in qualunque altro settore pubblico.
In realtà, vari Stati membri del Consiglio d’Europa sono “Stati confessionali”, nel senso che hanno una religione ufficiale o riconoscono Dio nelle loro leggi e costituzioni.
Nel demandare lo scorso 2 marzo alla Gran Camera la decisione sul “caso Lautsi”, il Tribunale ha riconosciuto che la sentenza del novembre scorso solleva gravi problemi legali e deve essere riconsiderata per la formazione del tribunale.
Lo scorso 29 aprile, il Governo italiano ha presentato il suo memorandum al Tribunale spiegando che i giudici di Strasburgo non hanno competenze per imporre il laicismo ad un paese, in particolare all’Italia, una nazione caratterizzata in maggioranza da fedeli che praticano e si identificano nella religione cattolica.
La decisione del Tribunale, successiva all’udienza pubblica della Gran Camera che si terrà il 30 giugno, sarà pubblicata alla fine dell’anno.