di Roberta Sciamplicotti
ROMA, mercoledì, 26 maggio 2010 (ZENIT.org).- I migranti sono un “coefficiente importante” per l’integrazione dell’umanità, ha affermato questo mercoledì mattina l’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.
Il presule è intervenuto alla XIX sessione plenaria del dicastero, in svolgimento a Roma fino a questo venerdì sul tema “Pastorale della mobilità oggi, nel contesto della corresponsabilità degli Stati e degli Organismi Internazionali”.
L’impegno della Chiesa universale nell’ambito della pastorale della mobilità umana, ha spiegato, si esplicita “nei suoi diversi livelli, cioè a partire dalle strutture parrocchiali e diocesane, fino a quelle nazionali proprie delle Conferenze episcopali, e a quelle internazionali, che coinvolgono anche altri Organismi e Istituzioni”.
La promozione umana, ha aggiunto, “segue oggi due principali direttrici”: “quella che vede le migrazioni sotto il profilo della povertà, della sofferenza e del disagio, dove sono richiesti interventi di primo soccorso per le numerose emergenze che sorgono ininterrottamente”, e “quella che evidenzia potenzialità e risorse di cui le persone in mobilità sono portatrici, con la necessità di accompagnamento verso il progressivo inserimento nel nuovo contesto socio-culturale, fino alla piena integrazione”.
In questo contesto, la Chiesa “si sente impegnata in entrambe le direzioni”, agendo in sinergia con le realtà istituzionali e di volontariato e cercando di instaurare con tutti gli attori “un rapporto di intesa, nella convinzione che gli spostamenti umani, al presente in modo particolare, si presentano anche come luogo di ideale sintonia e spazio operativo e di collaborazione tra il mondo ecclesiale e quello sociale-civile, in clima di dialogo, nel rispetto dei principi di solidarietà e di sussidiarietà”.
Per monsignor Vegliò, ci sono “almeno quattro fattori fondamentali che collocano gli spostamenti umani mondiali ai primi posti nella discussione nazionale e internazionale”, iniziando dal fattore demografico, “forse il più evidente”.
Mentre i Paesi di accoglienza sperimentano “un rapido invecchiamento e una diminuzione della popolazione autoctona”, ha ricordato, quelli di emigrazione “crescono rapidamente”.
Il secondo fattore è quello economico. “Molte Nazioni a sviluppo avanzato devono fare i conti con la diminuzione della manodopera, subiscono la pressione finanziaria per quanto riguarda le pensioni garantite dai Governi e si trovano in difficoltà nell’assicurare assistenza sanitaria agli anziani, sempre più numerosi”; “allo stesso tempo, uomini e donne nei Paesi poveri trovano lavoro con difficoltà e cercano impiego in Paesi più ricchi”.
C’è poi il fattore culturale, particolarmente importante perché, a differenza del passato, “oggi le persone in movimento sono spesso molto diverse culturalmente da quelle delle società di accoglienza”.
Il quarto fattore, “cruciale”, è infine “la sicurezza nazionale”.
“Gli eventi terroristici del primo decennio del nuovo millennio (negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Spagna, in Indonesia e in altri Paesi), assieme a crimini violenti commessi da immigrati e largamente riportati dai media, hanno suscitato reazioni di rifiuto verso i migranti, anche con pregiudizio per la sicurezza nazionale”, ha osservato.
In conseguenza di ciò, “molti Paesi hanno rafforzato il controllo delle frontiere, hanno ristretto le politiche migratorie e hanno istituito nuove procedure per controllare chi arriva da determinati Paesi”.
“In tali circostanze, la mobilità umana internazionale continuerà senza dubbio nel prossimo futuro a essere in prima pagina nelle discussioni nazionali e internazionali”.
Nel complesso contesto odierno, ha concluso il presule, la Chiesa “continua ad offrire un prezioso contributo nel complesso e vasto fenomeno della mobilità umana, facendosi portavoce delle persone più vulnerabili ed emarginate, ma intendendo anche valorizzare i migranti e gli itineranti, all’interno della comunità ecclesiale e della società, come coefficiente importante per l’arricchimento reciproco e per la costruzione dell’unica famiglia dei popoli, in un fecondo scambio interculturale”.
L’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del dicastero vaticano, ha sottolineato dal canto suo come il Pontificio Consiglio, “spinto dalla sollecitudine pastorale del Santo Padre verso tutte le persone desiderose di o costrette a lasciare la propria terra nativa e verso quelle in itinere”, miri ad “attirare l’attenzione della Chiesa universale e del mondo intero sul crescente fenomeno migratorio”.
Allo stesso modo, ha ricordato, richiama “sulle condizioni precarie o disastrose di tanti rifugiati, circa l’abbandono delle persone che vivono nella strada e della strada, sugli effetti del turismo e dei pellegrinaggi, circa l’apostolato del mare, i disagi vissuti dai nomadi e la necessità di una cura specifica anche per gli studenti internazionali, nonché a proposito della pastorale di agenti e passeggeri dell’aviazione civile”.
Il presule ha quindi esortato ad avvicinarsi al dicastero per “conoscerne meglio pensiero e opera per amarlo ancora di più, come espressione laboriosa e diuturna della ‘sollicitudo omnium ecclesiarum’ del Vescovo di Roma, in quella che è pastorale specifica della mobilità umana, vero segno dei tempi”.
Il tema della mobilità umana, ricorda il Pontificio Consiglio in un comunicato, richiede oggi “un approccio multilaterale, che favorisca l’apporto specifico degli Stati e degli Organismi Internazionali nel processo di riconoscimento degli strumenti internazionali esistenti per combattere le diverse forme di discriminazione, razzismo, xenofobia e intolleranza, da una parte, e promuova, dall’altra, la cooperazione di tutti nello sviluppare programmi a tutela della dignità e della centralità della persona umana”.
Punto culminante della plenaria del dicastero sarà l’incontro con Papa Benedetto XVI, che riceverà i partecipanti in un’Udienza particolare questo venerdì.