di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 25 maggio 2010 (ZENIT.org).- Facendo riferimento alle parole del Pontefice Benedetto XVI, il Cardinale Angelo Bagnasco ha sottolineato che i cristiani vivono nel mondo, ma “non sono del mondo”, devono guardarsi dalle sue seduzioni e soprattutto devono temere il peccato, certi che “le prove, che il Signore permette, ci spingano a maggiore radicalità e coerenza”.
Con queste parole l’Arcivescovo di Genova ha dato inizio il 24 maggio in Vaticano alla 61a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
In relazione allo scandalo della pedofilia che ha colpito alcuni membri del clero, il Presidente della CEI ha affermato che bisogna “vivere cristianamente la prova”, affrontando la sfida “anzitutto nei termini di un esame di coscienza”.
Il porporato ha ringraziato il Pontefice che come Pietro “si è messo avanti a noi e si è caricato, per primo lui, la croce”.
Il Papa – ha aggiunto – ci invita alla purificazione e alla conversione del cuore, ricordando con la sua chiara semplicità che “il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte purtroppo, minaccia anche i membri della Chiesa”.
Affermando in maniera chiara che il coinvolgimento di sacerdoti provoca “amarezza, quando non la rabbia” perchè “in connessione con le attese tradite”, il Cardinale Bagnasco ha espresso nei confronti delle vittime “tutto il nostro dolore, il nostro profondo rammarico e la cordiale vicinanza per aver subito ciò che è peccato grave e crimine odioso”.
Il porporato ha quindi definito la pedofilia un “peccato terrificante” ed ha affermato che il Pontefice è “intransigente con ogni sporcizia, egli ha propugnato scelte di trasparenza e di pulizia. Da lui la Chiesa ha imparato e impara a non avere paura della verità, anche quando è dolorosa e odiosa, a non tacerla o coprirla”.
Il Presidente della CEI ha poi ricordato che da Prefetto della Dottrina della Fede, e con l’avallo di Giovanni Paolo II, il Cardinale Joseph Ratzinger ha operato per introdurre importanti cambiamenti nelle procedure sanzionatorie, con regole uniformi sia per quel che concerne la responsabilizzazione delle Diocesi sia per quanto riguarda la competenza del governo centrale, prevedendo anche, caso per caso, la rinuncia alla prescrizione.
“Nello spirito di una corretta e concreta cooperazione, – ha aggiunto – si è inoltre stabilito di dare sempre seguito alle disposizioni della legge civile, e per i casi più gravi si è scelta la via di una rapida dimissione dallo stato clericale, come si legge nella ‘Guida alle procedure di base riguardo alle accuse di abusi sessuali’ della medesima Congregazione”.
Dopo aver ringraziato il Pontefice a nome di tutti i Vescovi “per quanto ha fatto e sta facendo in ordine all’esemplarità della Chiesa e dei suoi ministri” l’Arcivescovo di Genova ha criticato fortemente l’ipocrisia di una certa cultura che giustifica e favorisce la pornografia e le perversioni.
Facendo riferimento alla spersonalizzazione cui è soggetta l’infanzia in Internet come nella pubblicistica corrente, in ampi segmenti della comunicazione pubblicitaria come in taluni programmi televisivi, il Presidente della CEI ha denunciato “l’ipocrisia con cui spesso si giustifica ogni abuso, o si coprono inconfessabili scelte di svago e di turismo”.
“Possiamo noi forse dimenticare le segnalazioni allarmate di confratelli Vescovi dell’Estremo Oriente in merito al commercio obbrobrioso di cui anche nostri connazionali si rendono colà responsabili?”, ha chiesto.
“Possiamo forse non ripetere l’allarme, da noi già lanciato, sulle multinazionali della pornografia che sono in agguato dietro l’adozione, in se stessa positiva per la televisione, del digitale terrestre?”, ha aggiunto il porporato.
L’Arcivescovo di Genova ha precisato: “senza qui evocare le posizioni estreme di chi nel mondo occidentale vorrebbe dare addirittura dignità politica alla pratica pedofila, si deve pur dire che ci si muove dentro ad una più generale contraddizione culturale ed etica”.
Ed ha spiegato che “c’è oggi una esasperazione indubitabile circa la dimensione della sessualità, contrassegnata da una pervasività addirittura ossessiva, che non può – a lungo andare – non produrre effetti indesiderati sugli atteggiamenti delle persone, in particolare quelle psicologicamente più fragili ed esposte”.
Il Presidente della CEI ha affermato ancora che “sulla integrità dei nostri preti, del nostro personale religioso, dei nostri ambienti, noi non possiamo transigere perché essa sta al cuore delle nostre scelte di dedizione al Signore e di servizio ai fratelli. E bisogna dire che i nostri sacerdoti, per come stanno in mezzo al popolo, per come operano, per come si spendono, sono la gloria della nostra Chiesa”.
“I casi di indegnità che fin qui sono emersi e – Dio non voglia – potranno ancora emergere, non possono oscurare il luminoso impegno che il clero italiano nel suo complesso, da tempo immemore, svolge in ogni angolo del Paese”, ha infine concluso.