"Sarebbe opportuna una nuova indagine sulla Sacra Sindone"

Parla il presidente del Centro Spagnolo di Sindonologia

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di Inma Álvarez

VALENCIA, venerdì, 21 maggio 2010 (ZENIT.org).- Da quando è iniziata l’Ostensione della Sindone a Torino, le visite alla pagina web del Centro Spagnolo di Sindonologia (CES), istituzione specializzata nello studio della Sacra Sindone, del Sudario di Oviedo e di altre reliquie collegate alla Passione di Cristo, sono aumentate.

Lo afferma in questa intervista a ZENIT il presidente del CES, Jorge M. Rodríguez Almenar, che è anche docente di Diritto Civile presso l’Università di Valencia. E’ inoltre direttore di EDICES, l’équipe di ricerca del CES, il cui lavoro più significativo è stato lo studio del Sudario di Oviedo.

A che cosa si deve questo interesse o questa curiosità per la Sacra Sindone?

Jorge M. Rodríguez: Unisce tre cose che hanno un grande interesse. La prima è la possibilità che sia di Gesù Cristo, e l’interesse per Cristo oggi è enorme, sia favorevole che contrario. Gesù interessa a molte persone, di ogni classe, origine e condizione. In secondo luogo, si tratta di una ricerca molto moderna, aperta, in cui non manca la polemica – polemica a volte falsata, per mancanza di conoscenza dei lavori scientifici. In terzo luogo, è un mistero sconcertante, perché in base a tutte le ricerche condotte (e parliamo di decenni di ricerche) si tratta di un oggetto che trascende la normalità.

Parlando di polemiche, perché continua ad essere un riferimento la datazione del carbonio 14 e non altre ricerche?

Jorge M. Rodríguez: Semplicemente perché è l’unica che viene sempre citata dai mezzi di comunicazione. L’altro giorno ci è arrivato via Internet l’articolo di un blog di un quotidiano spagnolo in cui si diceva che al di fuori della datazione del carbonio 14 non c’è alcun altro articolo di ricerca pubblicato su riviste scientifiche sulla Sacra Sindone. E’ una menzogna assoluta, ci sono decine di pubblicazioni su riviste scientifiche da parte dell’équipe che ha studiato la Sacra Sindone negli anni Settanta e Ottanta, ma arriva un momento in cui nessuno lo sa, perché non se ne parla mai.

Per pubblicare un articolo su una rivista scientifica, inoltre, un lavoro deve passare per una serie di controlli e filtri indipendenti. Ciò vuol dire che, con lo stesso valore scientifico, si cita sempre la datazione del C14 e mai gli altri dati.

Alla fine degli anni Settanta e Ottanta, è stata creata un’équipe multidisciplinare, nota come STURP (dalle iniziali in inglese), per studiare la Sacra Sindone da vari punti di vista. Sono state compiute prove di spettrografia e di spettrofotometria, prove fisiche e chimiche dell’immagine, studi forensi, palinologici. Questi dati mostrano che non si tratta affatto di un falso medievale. Al giorno d’oggi, la scienza continua a non capire come si sia potuta realizzare questa immagine.

Per capire meglio: in relazione alla Sacra Sindone ci sono tre aspetti che non sono indipendenti, ma che si possono differenziare: ciò che si riferisce al telo, ciò che riguarda l’immagine e ciò che si riferisce al personaggio. L’unica cosa che è in discussione è l’età della tela, ma ciò non vuol dire che questa immagine sia un quadro, o che il personaggio non sia Gesù Cristo. Sono temi completamente diversi. Anche ammettendo che la tela sia del XIV secolo, come sia stata realizzata questa immagine e chi fosse quel personaggio sono domande che chiedono a gran voce una spiegazione.

Quanto alla datazione del C14, lo stesso inventore del metodo moderno di datazione con il carbonio, il professor Harry Gove, che era uno di quelli che pensavano che la datazione fosse stata effettuata correttamente, riconosceva in seguito in un documentario per Discovery Channel (In Pursuit of the Shroud, 1998) che non era stata determinata la contaminazione specifica del Telo.

All’epoca, prima di procedere alla datazione, è stata effettuata una pulizia standard, ma si è dimostrato che in alcuni casi il 20% delle datazioni ottenute è impensabile. Ciò non sminuisce il metodo, ma presuppone di riconoscere che i campioni non hanno sempre le condizioni adeguate.

Ad esempio, se faccio un’analisi del sangue e viene trovato dello zucchero è chiaro che c’è dello zucchero, ma ciò può accadere perché sono diabetico o perché ho appena fatto una scorpacciata di dolci. Nella Sacra Sindone, è dimostrato che c’è un 18-20% di C14 in più rispetto a quanto ce ne sarebbe se fosse del I secolo. Può essere che il Telo sia medievale, ma può anche essere dovuto a un incendio, ai rammendi successivi, al grasso delle dita per secoli… Ciò falsa il risultato, e non è la prima volta che accade in archeologia, anzi, succede una volta su cinque. Per molti, il C14 è infallibile solo con la Sacra Sindone!

Lo stesso laboratorio di Oxford che ha eseguito la datazione della Sindone ha effettuato poco dopo quella di una mummia egiziana dalla quale è risultato che le bende avevano tremila anni meno del corpo con il quale sono state seppellite. E’ evidente che questa datazione è falsa (le bende erano attaccate al morto). La causa, probabilmente, è che non sono state pulite a sufficienza, essendo esteriori sono rimaste più contaminate.

La stessa rivista Nature ha detto che il livello di valore della datazione della Sindone è del 5%, cioè che i vari laboratori hanno diffuso date troppo separate tra loro, e ciò presuppone (lo ammettono essi stessi) che ci sia un fattore che sta distorcendo il risultato.

Forse ciò che ha distorto la percezione della ricerca da parte dell’opinione pubblica è stata la rapidità con cui il Cardinal Ballestrero ha accettato il risultato…

Jorge M. Rodríguez: Sono totalmente d’accordo. Il Cardinale, inoltre, è morto amareggiato per quella che considerava una grande “gaffe” da parte sua. Non hanno neanche aspettato che si facesse una valutazione scientifica del risultato. In quel momento c’era un’intensa campagna mediatica che affermava che la Chiesa sapeva che la Sindone era falsa e non aveva il coraggio di pubblicare il risultato. Si è ceduto a questa pressione ed è stata organizzata una conferenza stampa troppo presto, considerando i risultati come ufficiali.

Nell’articolo di Nature, inoltre, oltre alla datazione, si presentava una serie di dettagli non scientifici non inerenti al caso, come il fatto che la prima testimonianza scritta dell’esistenza della Sindone è del XIV secolo, cosa che oltre a non essere vera rappresentava un’intromissione nella storia da parte di un articolo che si presuppone solo scientifico.

Attualmente ci sono ricerche in corso?

Jorge M. Rodríguez: Noi vorremmo, perché dal 1979-1981, quando è stata effettuata la ricerca da parte della STURP, le tecniche sono migliorate molto. Questa nuova serie di ricerche, però, dovrebbe essere effettuata senza fretta, con un protocollo perfettamente dettagliato, e sapendo bene ciò che si cerca. E non credo che la Chiesa si opponga.

Di fatto, io stesso ho intervistato il Cardinale Ratzinger quattro mesi prima che diventasse Benedetto XVI, e si è mostrato totalmente a favore di nuove ricerche. In particolare, è rimasto molto colpito dai nostri studi sul Sudario di Oviedo. Ci ha detto letteralmente: “Continuate a indagare, perché questo rafforza la nostra fede”.

Per questo, non credo che ci siano problemi per compiere nuove ricerche. Non si può improvvisare, certo, perché tutto ciò che implichi una manipolazione del telo presuppone il fatto di danneggiarlo. Al di sopra di tutto, bisogna cercare di far sì che la Sindone subisca meno danni possibile.

Potrebbe spiegarci che cos’è il Sudario di Oviedo e che tipo di indagini sono state svolte dal suo gruppo al riguardo?

Jorge M. Rodríguez: Compiamo ricerche da più di vent’anni su un oggetto che si trova a Oviedo e che è unico al mondo. Si tratta di una tela sporca, macchiata, sgualcita, che non ha alcun tipo di immagine né alcun disegno, ma che dal punto di vista forense s
i può “decifrare”. Ciò che abbiamo fatto è “leggerla” e capire che cosa c’è lì.

In base alle nostre conclusioni, sulle quali abbiamo organizzato due congressi scientifici internazionali all’Università di Oviedo, ci troviamo probabilmente davanti al sudario, o al fazzoletto per il sudore, indicato dal Vangelo di Giovanni (20, 6-7): “Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”.

Questo testo è tradotto male con “bende per terra”, quando quello che dice il testo in greco è “tele cadute”, ma nel senso di “sgonfiate”. Non possono essere bende, perché sarebbe come una mummia egiziana. E negli altri Vangeli si parla di una sindone o di un lenzuolo.

Il Sudario è un fazzoletto che presumibilmente avvolgeva la testa del crocifisso dalla croce fino al sepolcro, per raccogliere il liquido che usciva dal naso e dalla bocca come conseguenza dell’edema polmonare. Coincide esattamente con quello che dice San Giovanni: un sudario che copriva la testa.

Sappiamo che il morto è stato in tre posizioni successive, con il fazzoletto avvolto come una specie di cappuccio intorno alla testa. Su di esso ci sono resti di mirra e aloe e sangue del gruppo AB, e le macchie coincidono con quelle della Sacra Sindone. Attualmente una sequenza del DNA mitocondriale di quel sangue è allo studio di uno dei maggiori esperti sul tema in Spagna, il dottor Alonso, dell’Istituto Nazionale di Tossicologia. I risultati che abbiamo, che abbiamo diffuso e che finora nessuno ha contestato, coincidono con quello che sappiamo dal Vangelo di Giovanni.

Non è curioso che si sappia così poco del Sudario di Oviedo mentre c’è tanto interesse per la Sacra Sindone?

Jorge M. Rodríguez: E’ quello che penso anch’io! Stiamo facendo il possibile per far conoscere le nostre ricerche, ma ovviamente la gente non chiede su ciò che non sa.

Nonostante questo, abbiamo avuto ripercussioni a livello mondiale. Un documentario di Discovery Channel sulla Sacra Sindone ha dedicato quattro minuti al Sudario. C’è un altro documentario dello scorso anno della BBC in cui si afferma che le ricerche sulla Sacra Sindone potrebbero sbloccarsi grazie al Sudario di Oviedo, che è sicuramente del VII secolo. E’ sufficiente per intraprendere una ricerca più ampia confrontando i due teli.

Alcuni giorni fa, poi, il National Geographic ha fatto delle registrazioni a Oviedo. L’impressione è che la questione sia più conosciuta fuori dalla Spagna che al suo interno… Purtroppo noi spagnoli facciamo tutto il possibile per non renderci conto di quello che abbiamo qui.

Lo stesso accade con il Santo Calice, qui a Valencia. Il National Geographic ha registrato un altro documentario, e tuttavia gli stessi valenciani non ne sono a conoscenza. Nel novembre 2008 abbiamo organizzato un congresso internazionale monografico sul tema, in cui per la prima volta si è messo in comune tutto ciò che si sa o che si è studiato sul Calice. Era la prima volta che si faceva qualcosa di simile…

E’ comunque strano che ci sia tanta curiosità per Gesù Cristo ma che tra i cattolici queste cose si conoscano poco. O non è sempre stato così?

Jorge M. Rodríguez: A mio avviso, noi cattolici ci siamo “protestantizzati” rispetto alle reliquie, che prima si veneravano normalmente e ora sono cadute nel dimenticatoio. E’ frutto del relativismo e del razionalismo, di un’idea che nasce con il protestantesimo, che la fede non si può basare su nulla che non sia la mera fiducia in Dio. Gli eccessi a favore – e ce ne sono stati – di questo tipo di reliquie hanno provocato un eccesso contrario.

Le reliquie – almeno noi la pensiamo così – sono documenti che bisogna leggere e studiare per conoscere ciò che testimoniano. E’ come se studiando la personalità di Napoleone non si prendessero in considerazione i suoi oggetti personali con l’accusa che si tratta di “feticismo”. Se trovo una lettera che è presumibilmente di Napoleone, la prima cosa che farò sarà verificare se è autentica, e poi la leggerò!

Le reliquie non sono concetti, ma oggetti. I concetti sono discutibili, gli oggetti no, sono studiabili. E ciò che si è studiato sulla Sacra Sindone è sorprendente, non si incastra con niente. E non si può negare, perché è lì.

Perché il Centro Spagnolo di Sindonologia è nato a Valencia e non altrove?

Jorge M. Rodríguez: Perché è stato fondato da una signora, Manuela Corsini de Ordeig, che si è interessata a questo tema per molti anni e che alla fine della sua vita ha voluto trasmettere ciò che aveva appreso a un gruppo di universitari, tra i quali c’ero io. E noi abbiamo deciso di dare una struttura di associazione culturale alla nostra entità, iniziando in modo molto umile, ma con rigore. E quando si procede con umiltà e rigore si può andare molto lontano.

Abbiamo iniziato andando ai congressi internazionali sulla Sacra Sindone, per ascoltare personalmente gli esperti che avevano compiuto ricerche su di essa. Poi abbiamo avuto l’opportunità di creare un’équipe di ricerca, l’EDICES, che attualmente è una delle più importanti su questo tema, e con professionisti, non volontari.

Ho raccolto la nostra ricerca, pubblicata dalle edizioni dell’Università di Navarra, EUNSA, in un linguaggio semplice perché si potesse comprendere bene. Ci sono molte fotografie: quando diciamo che lì ci sono globuli rossi, mettiamo la foto dei globuli rossi. Quando diciamo che i reagenti affermano che è sangue, mettiamo la foto dei reagenti… Abbiamo semplicemente pubblicato ciò che abbiamo visto.

Chi era Manuela Corsini?

Jorge M. Rodríguez: E’ stata la nostra fondatrice, una donna che non era uno scienziato, ma aveva un grande interesse per la Sacra Sindone. Si è dedicata per 30 anni a raccogliere i dati di cui si veniva a conoscenza, andava ai congressi di sindonologia (è andata a quello del 1978, il primo di tutti a livello internazionale).

Aveva una grande capacità di trasmettere, e ciò che fece fu trasmetterci il suo interesse critico e scientifico sulla Sindone. Anche se non ha potuto studiare per colpa della guerra, veniva da una famiglia molto colta, i Corsini, una famiglia nobile e molto tradizionale.

Ha scritto un paio di libri nei quali ha raccolto e ordinato i dati che aveva. Il suo merito è aver avuto la cultura e la convinzione sufficienti per spingere altri ad andare più in là di quanto aveva fatto lei, il che dimostra il suo valore umano.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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