Nel mondo ci sono più di 215 milioni di bambini lavoratori

Per oltre la metà costretti a svolgere attività pericolose

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di Nieves San Martín

GINEVRA, lunedì, 17 maggio 2010 (ZENIT.org).- Gli unici posti di lavoro che non sono a rischio nel mondo sono quelli dei bambini. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la tendenza alla riduzione del lavoro infantile è andata scemando.

Circa il lavoro infantile, infatti, “i progressi non sono sufficientemente rapidi, né sufficientemente ampi”, ha commentato il direttore generale dell’OIL, Juan Somavía.

Ancora oggi, ha ricordato anche il quotidiano vaticano “L’Osservatore Romano”, più di 215 milioni di bambini sono costretti a lavorare, soprattutto nell’agricoltura, per la propria famiglia o per altri, senza alcuna retribuzione.

Per più della metà – 115 milioni – sono impiegati in attività definite pericolose dall’OIL, anche senza giungere alle forme di vera schiavitù: dalla servitù per debiti alla prostituzione, passando per il lavoro nelle miniere o in condizioni ambientali insostenibili.

Tra il 2004 e il 2008, il numero di bambini lavoratori è sceso da 222 a 215 milioni, con un calo di appena il 3%, mentre tra il 2000 e il 2004 la diminuzione è stata del 10%.

La situazione cambia in base all’età. Nella fascia tra i 15 e i 17 anni, si è constatato un aumento dei giovani lavoratori del 20%, da 52 a 62 milioni.

Il maggior progresso si è invece registrato nella fascia tra i 5 ai 14 anni, con una riduzione significativa del 10%, anche se con dati contraddittori, sia per regioni che per tipo di lavoro.

Per queste età, ad ogni modo, il numero di bambini impiegati in lavori pericolosi è diminuito del 31%.

Come in altri aspetti, la situazione più preoccupante si verifica nell’Africa subsahariana, dove un bambino su quattro è costretto a lavorare, spesso svolgendo attività pericolose.

In dati assoluti, la maggior parte dei bambini lavoratori si trova in Asia, mentre la riduzione più significativa è stata registrata in America.

L’OIL ha espresso il timore che la crisi globale allontani ancor di più l’obiettivo di eliminare le peggiori forme di lavoro infantile.

A questo proposito, Juan Somavía ha negato che la recessione economica possa essere un’attenuante o, peggio, una scusa per i ritardi della comunità internazionale nell’eliminare il lavoro infantile.

Il direttore generale dell’OIL ha ricordato che, al contrario, proprio la necessità di lottare contro la crisi offre un’occasione per avviare misure politiche efficaci rivolte alle persone, al recupero e a uno sviluppo sostenibile.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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