TORINO, domenica, 2 maggio 2010 (ZENIT.org).- La Sindone di Torino è “un’Icona scritta col sangue”, sangue che mostra l’amore di Dio per l’uomo. Lo ha detto questa domenica Benedetto XVI nel venerare il sudario che, secondo la tradizione, avvolse il corpo di Gesù crocifisso.
Nella tappa più importante della sua visita a Torino il Papa si è inginocchiato davanti alla Sindone, di cui è in corso l’ostensione fino al 23 maggio nel Duomo di Torino sul tema: “Passio Christi – Passio hominis”.
Nel suo discorso, subito dopo, il Pontefice ha fatto riferimento al valore storico e scientifico della Sindone, riflettendo sul silenzio del Santo Sepolcro nell’orizzonte di speranza della Resurrezione.
“Mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa”, ha constatato.
Secondo il Pontefice, “se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore”.
Questo è il potere della Sindone, ha affermato il Vescovo di Roma, “dal volto di questo ‘Uomo dei dolori’, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – ‘Passio Christi. Passio hominis’ – promana una solenne maestà, una signoria paradossale”.
“Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio”.
“Come parla la Sindone?”, ha chiesto il Papa.
“Parla con il sangue, e il sangue è la vita!”, ha quindi risposto. “La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita”.
“Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita – ha aggiunto –. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo”.