Cottolengo, un santo alla ricerca della volontà di Dio

Intervista a padre Aldo Sarotto, superiore generale dei Cottolenghini

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di Chiara Santomiero

TORINO, domenica, 2 maggio 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI venererà le spoglie di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, fondatore nel 1832 dell’opera da lui stesso denominata “Piccola Casa della Divina Provvidenza”.

Sebbene considerato soprattutto un santo sociale, spiega in questa intervista a ZENIT padre Aldo Sarotto, superiore generale dei Cottolenghini, tuttavia l’aspetto dominante in Giuseppe Benedetto Cottolengo era il suo interrogare e mettersi in ascolto della volontà di Dio.

Qual è il significato di un’opera come il Cottolengo?

Padre Sarotto: Il Cottolengo è sempre stato un punto di riferimento per la città di Torino e per la Chiesa. E’ significativo come questo santo che ha fatto di tutto per nascondersi agli occhi degli uomini sia riuscito a colpire tante persone che sono venute qui, dall’Italia e dall’estero, per cogliere quella spinta iniziale che ha dato vita alla Piccola Casa della Divina Provvidenza così che sono nate molte altre istituzioni religiose, di varia natura, soprattutto in America latina.

Va sottolineato, però, che l’aspetto più importante di quest’opera non è la risposta alla povertà o all’esclusione sociale. Ciò che bisogna rimarcare in san Giuseppe Cottolengo è la sua determinazione nel ricercare ciò che voleva Dio da lui; senza accontentarsi semplicemente di essere un bravo e stimato sacerdote. E’ l’evento di fede che colpisce nella sua vita, perché la povertà c’era ieri, c’è oggi e ci sarà domani, ma il suo ricercare la volontà di Dio gli ha fatto scoprire un modo nuovo di mettere al centro la persona, qualsiasi essa sia. Ciò che ha fatto al suoi tempi per diverse categorie di malati, infatti, è stato mettere al centro persone che non erano considerate tali.

Molte volte si coglie il Cottolengo come un grande santo sociale che ha dato origine a benemerite opere di carità: in lui c’è senz’altro la carità, ma è quella di Cristo che lo provoca ad agire. I due momenti non vanno confusi. Dopo aver focalizzato meglio la volontà di Dio, in lui non ci sono stati confini: tutte le sfaccettature della povertà sono state prese in considerazione, con l’attenzione a dare alle persone una casa, un futuro, una realizzazione propria.

Cosa significa il rispetto per i poveri?

Padre Sarotto: Il rispetto è mettere il povero al centro, far sentire la sua dignità di persona. Non solo fare, ma fare con intelligenza e sapienza, rendendo il povero protagonista. Le tentazioni sono sempre molto sottili anche nell’oggi: facciamo “qualcosa”. Il Cottolengo ha creato un’istituzione con un concetto chiaro di famiglia, con figure femminili e maschili. Alcune persone, all’epoca, non avevano il diritto nemmeno di vivere nella propria famiglia perché considerati una vergogna. Lui ha ridato loro dignità e rispetto di sé.

Come si vive oggi l’equilibrio tra l’agire in prima persona e l’abbandono alla Divina Provvidenza?

Padre Sarotto: L’abbandono del Cottolengo alla Divina Provvidenza è straordinario, tanto che non c’è mai il minimo accenno a “io ho fatto questo o quello” . Non si trattava solo di un modo di dire o di schernirsi – sotto questo aspetto riesce a confondere anche noi che siamo i suoi figli -; la sua era una sapienza interiore molto profonda. Lui era solito dire che se Dio dà tanto a chi confida ordinariamente in lui, a chi straordinariamente confida provvederà in maniera straordinaria. L’equilibrio del suo agire lo trovava in Dio; per noi è più difficile, ma seguiamo questa indicazione. Si tratta di un equilibrio dinamico, da ricercare volta per volta.

C’è stato un cambiamento dei bisogni che interrogano il Cottolengo?

Padre Sarotto: Le realtà mutano con il trascorrere degli anni e cambiano i bisogni. Al termine della guerra il Cottolengo ha aperto le porte a persone colpite fisicamente, e non solo, dal conflitto. La famiglia degli invalidi era grande e l’attenzione era soprattutto per i giovani, per trovare il modo di farli crescere e dare loro un futuro. Per questo sono stati impiantati laboratori di sartoria e radiotecnica e molti sono usciti di qui con un mestiere e hanno dato vita a una famiglia. Durante la contestazione ciò ha provocato forti polemiche perché si vedeva il Cottolengo come un’istituzione chiusa. Adesso questa fase è terminata ed anche l’accoglienza dei disabili mentali ci viene chiesta sempre meno.

L’emergenza è costituita, invece, dagli anziani, compresi i disabili. Se si è innalzata l’età media, spesso l’invecchiamento è segnato da cattiva salute, incapacità di autogestione, malattie geriatriche. In famiglie sempre più spesso costituite da genitori con figli unici o da single, gli anziani diventano un problema. Quello che sempre di più ci viene chiesto è un’accoglienza capace di dare una risposta globale alla persona la quale chiede di essere inserita in una relazione e non soltanto di ricevere assistenza medica. Al Cottolengo è una casa che li accoglie, sono le relazioni che diventano “sananti”, pure per un malato terminale.

Riceviamo lettere di persone che chiedono di poter venire a morire qui “degnamente, cristianamente” e anche richieste da parte dei familiari in questo senso. E’ una comunità sanante che si fa carico della persona, pur con tutti i limiti che ci possono essere. Un’altra categoria di persone che chiede accoglienza e assistenza è quella di chi diventa gravemente disabile a causa dei sempre più numerosi incidenti stradali che coinvolgono soprattutto i giovani. Anche in questo seguiamo la strada tracciata dal santo Cottolengo: non cercare risposte da dare, ma accogliere la domanda.

Cosa rappresenta la visita del Papa?

Padre Sarotto: C’è una sensibilità particolare di Benedetto XVI verso il Cottolengo che ha nominato già nella sua prima enciclica, sebbene non sia mai venuto prima a visitare la Piccola casa. E’ venuto, prima di lui, Giovanni Paolo II e ci ha rivolto un discorso che rimane un punto di riferimento per noi e anche per altri.

La visita al Cottolengo mi sembra renda evidente la volontà del Papa di incontrare il volto di Cristo insieme al volto dell’uomo.

Se il tema dell’Ostensione è Passio Christi, Passio hominis, così come la Sindone consente di venerare il volto di Cristo sofferente, allo stesso modo la Piccola casa è il luogo dove venerare oggi il volto della sofferenza umana, della passione dell’uomo.

Cosa significherà questa visita per gli ospiti e quanti vivono e collaborano con il Cottolengo?

Padre Sarotto: E’ molto importante per tutti perché la visita del Papa è sempre una grande gioia e le sue parole significative per il nostro cammino. Soprattutto sarà importante per i laici che affiancano i religiosi cottolenghini perché stiamo affrontando la sfida del futuro immettendo sempre più laici e investendo sulla loro formazione: la visita del Papa è un’opportunità per mettere meglio a fuoco il carisma del Cottolengo e il modo con il quale si deve portarlo avanti. Benedetto XVI ci aiuterà a non perdere di vista il filo conduttore del nostro agire.

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ZENIT Staff

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