ROMA, giovedì, 29 aprile 2010 (ZENIT.org).- La tensione seguita alle elezioni in Sudan ha provocato una situazione di violenza generalizzata che fa temere un vero e proprio genocidio.
Si è fatto portavoce di questo allarme il Vescovo Eduardo Hiiboro Kussala di Tombura-Yambio, nel Sud del Sudan, che ha affermato all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che la frustrazione della gente è stata aumentata dalle accuse di brogli nelle prime consultazioni elettorali pluripartitiche in quasi 25 anni.
Le elezioni, svoltesi dall’11 al 15 aprile, hanno portato al trionfo del National Congress Party del Presidente Omar al Bashir, attualmente al potere, del vicepresidente Salva Kiir e del Sudan People’s Liberation Movement (SPLM).
Il tutto è avvenuto tra i resoconti di intimidazioni dei votanti, brogli, confusione nelle schede elettorali e infrazioni della privacy degli elettori nelle cabine elettorali.
Ora, riporta ACS, giungono notizie di un incendio doloso a un camion che trasportava le schede elettorali nella regione del Vescovo Hiiboro, nello Stato dell’Equatore Occidentale.
“I risultati delle elezioni possono portare a serie violenze”, ha commentato il presule.
“La violenza può essere paragonata nientemeno che a un genocidio, perché c’è un’animosità radicata nel cuore di molta gente di diversi gruppi etnici al Sud” del Paese.
Il Vescovo ha avvertito di un acuirsi del risentimento per le questioni irrisolte come la disputa per i confini tra il Nord e il Sud del Sudan circa la regione di Abyei, ricca di petrolio.
“Finché questa crisi autoinflitta non verrà gestita in modo costruttivo, la possibilità che un’intera Nazione precipiti nell’abisso è uno scenario verosimile”, ha confessato.
Il Vescovo Hiiboro ha anche sottolineato che continuano le trattative su una possibile secessione del Sud del Sudan – questione su cui si voterà in un referendum nel gennaio 2011 -, con le richieste associate di trasporti e relazioni commerciali con il Nord, condivisione dei proventi del petrolio e diritti di cittadinanza.
Tali questioni dovevano essere risolte sull’onda dell’Accordo Comprensivo di Pace del 2005, che ha dato al Sud del Sudan una seminautonomia dopo più di vent’anni di guerra civile tra il regime islamico della capitale Khartoum e il ribelle SPLM, con sede nel Sud.
Accusando il SPLM per la mancanza di progressi dal 2005, il Vescovo Hiiboro ha dichiarato che “l’unica responsabilità di questa sconfitta è degli stessi sudanesi del sud, sia nel partito di governo che negli altri”.
“La morte inutile di cittadini sudanesi del Sud sarà dovuta all’incapacità dei leader politici di creare un miglior processo di risoluzione dei conflitti”.
“Spingere le disparità al punto del tracollo nazionale ed esasperare le differenze tribali e religiose solo per arrivare al potere o mantenerlo ad ogni costo non rientra nelle politiche salutari”, ha denunciato.
“Nessun popolo e nessuna Nazione merita questo tipo di politica tossica”.
Gli avvertimenti sulla violenza del Vescovo Hiiboro arrivano tra altri resoconti in base ai quali le elezioni si erano svolte pacificamente.
Il Vescovo ausiliare di Khartoum, Daniel Adwok Kur, aveva infatti riferito ad ACS che era improbabile uno scoppio di violenza, soprattutto nel periodo immediatamente post-elettorale, perché i principali partiti politici avevano troppe cose in gioco per permettere al processo democratico di arrivare a una fase di stallo (cfr. ZENIT, 15 aprile 2010).
Questo ottimismo non si applica necessariamente alla Diocesi del Vescovo Hiiboro, che ha subito le atrocità commesse dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army, LRA).
Alla fine dell’estate scorsa, l’LRA ha eseguito omicidi con crocifissioni a Nzara, e più o meno contemporaneamente la chiesa di Nostra Signora della Pace nella vicina Ezo è stata profanata e 17 persone, per la maggior parte adolescenti e ventenni, sono state rapite.