di don Marcello Stanzione*
ROMA, martedì, 27 aprile 2010 (ZENIT.org).- L’onorevole Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha inaugurato il 24 aprile ad Illegio, in Friuli, la mostra “Angeli. Volti dell’invisibile”. In quel paesino di appena 300 abitanti in provincia di Udine nella casa delle esposizioni si potranno ammirare fino al 3 ottobre 2010 ben 70 opere sugli spiriti celesti e fra questi molti capolavori provenienti dai maggiori musei europei.
Letta ha affermato all’inaugurazione: “In un momento così difficile, questi angeli sono un invito alla serenità, un richiamo alla responsabilità, un’esortazione all’armonia, quindi torno a Roma confortato con le visioni evangeliche che spero ispirino anche i luoghi romani”. Il sottosegretario ha poi sottolineato: “Gli angeli sono dappertutto, anche nei palazzi della politica. Ognuno di noi ha un angelo. E’ vero, ci sono anche i demoni tentatori. Ma poi gli angeli vincono”.
Nel XIV secolo, Jean Tauler, nel suo Sermone sui santi angeli, si chiedeva: “Io non so molto in quali termini si possa e si debba parlare di questi puri spiriti poiché essi non hanno né mani, né piedi, né volto, né forma, né materia; ora, lo spirito ed il pensiero non possono cogliere un essere che non ha nulla di tutto ciò; come allora si potrebbe parlare di ciò che sono?”. E concludeva: “E’ perché noi parliamo dell’azione degli angeli su di noi e non della loro natura”.
Nell’Occidente cristiano, la via designata da questa proposizione di Tauler è segnata, nel corso dei secoli, dalla nascita di una vera devozione. A partire dalla seconda metà del XVI secolo, la liturgia, l’iconografia, i manuali di pietà, i concili ed i decreti pontifici mostrano lo stato crescente per ques’angelo “deputato” alla custodia di ogni fedele ed alla sua salvezza.
E’ nel secolo della Riforma, in effetti, che conosce la sua più larga diffusione l’idea secondo la quale ogni fedele è provvisto di un angelo custode personale, anonimo e benevolente, che lo protegge contro le tentazioni e ben altri pericoli ancora. Questo “proprio angelo”, “santo angelo” o “buon angelo” appartiene a quella categoria della pietà cattolica che va comunemente sotto il nome di nuove devozioni, o particolari, che comprende lo stesso titolo del Rosario, del culto a san Giuseppe o alle Anime del Purgatorio, per citare solo alcuni esempi.
Preghiere monastiche agli angeli in generale sono attestate fin dai secoli IX-X e la tradizione benedettina ha accordato un posto scelto a questa venerazione nell’idea che i monaci tendono ad accostarsi, con la preghiera, alla condizione degli angeli. In effetti, alcuni regolari portano il titolo di “Fratelli degli Angeli”. Sono i Cappuccini, presso i quali, il nome religioso comporta frequentemente un riferimento angelico. Bernard Dompier ha così classificato, in frequenza decrescente, i nomi Arcangelo, Gabriele, Angelo, Michelangelo, Michele, Serafino. Si sono anche riportate delle corrispondenze tra talune religiose del XIII secolo ed il coro dei Serafini, queste donne votate e chiuse presentano frequentemente, pare, delle affinità con quelle che, in mezzo alle celesti creature, sono ritenute essere le più vicine a Dio e tutte “brucianti d’amore”.
E’ vero che l’episodio del Serafino che trapassa e consuma contemporaneamente san Bonaventura costituisce a questo riguardo un illustre precedente. Opere di religiosi letterati, le prime preghiere all’angelo custode personale insistono sulla salvezza dell’anima e la lotta contro le tentazioni diaboliche.
Angelo che non smetto d’implorare, custodiscimi con la tua sollecitudine
Per non perire con l’uno o l’altro dei miei peccati.
Il tuo intervento mi liberi da una terribile tortura,
Affinché io possa diventar degno della compagnia degli angeli
(Composizione medievale attribuita a Reginaldo de Faye o di Canterbury).
Si ha anche traccia di un O Angele custos meus, datante dell’inizio del XIV secolo, lungo atto di contrizione versificato col quale l’autore, Guglielmo di Digulleville, si accusa per la sua ingratitudine verso il proprio angelo custode e sollecita la sua protezione nell’ora della morte. Nella stessa epoca, Corrado d’Amburgo redige un De proprio angelo. Andrea Wilmart ha anch’egli riunito diverse di queste preghiere Ad privatum angelus, Ad proprium angelus, Ad angelus custodem, od ancora Ad angelus cui homo deputatus est, preghiere in latino redatte da monaci, di cui le più antiche datano verisimilmente del IX secolo allorché nessuna preghiera in lingua popolare sembra anteriore al XIV secolo.
Buon Angelo, che sei deputato per custodirmi contro gli assalti e gli inganni del mondo, della carne e degli spiriti cattivi […] sii presente nel giorno della mia morte, per aiutarmi in sì grande bisogno, affinché io possa ben morire.
Sull’esempio dei loro omologhi redatti in latino, questi testi, generalmente stabiliti in prima persona, insistono sulla salute dell’individuo – l’istante del Giudizio è fondamentale – ed evocano le tentazioni che il buon angelo, l’angelo “commesso” deve permettere di evitare.
Così, ben prima della sua iscrizione ufficiale nel santorale liturgico, l’angelo personale aveva già profondamente segnato la spiritualità del monachesimo medievale, ciò nondimeno occorre attendere il XVI secolo affinché un giorno specifico sia dedicato ai santi angeli custodi nell’anno liturgico. In Francia, è nel breviario della diocesi di Rodez che appare, per la prima volta, la festa del “proprio Angelo” di ogni fedele, istituitavi dal vescovo.
Ispirandosi senza dubbio al modello iberico – forse ebbe conoscenza della Summa di Eiximenis in materia -, François d’Estaing, prima di accedere al soglio episcopale, aveva fatto comporre un ufficio dell’Angelo custode dal francescano Jean Colombi. Nel 1518, una bolla del papa Leone X lo autorizza a celebrare questa festa nella sua diocesi, al 1° marzo. Tuttavia non è che nel 1526 che la nuova festa è realmente introdotta, ossia nell’anno stesso in cui si completa la costruzione del campanile della cattedrale, dedicato alla Vergine. Questa festa, stabilita sotto l’episcopato di François d’Estaing, si inscrive dunque nel ritocco del calendario liturgico della diocesi e la sua approvazione pontificia è completata dalla concessione di indulgenze, nel 1531, chiaramente dopo la morte del prelato.
La festa, dapprima fissata ad inizio marzo, conobbe una certa diffusione: nel 1453, Pietro Favre, allora in Renania, e che aveva per abitudine di trascrivere meticolosamente il contenuto dell’ufficio quotidiano, annota di aver celebrato, il 1° marzo, la festa degli Angeli custodi.
Nell’Impero austriaco, una festa degli angeli custodi è istituita da Pio V, nel 1608, su richiesta di Ferdinando II, ed è fissata il primo giorno libero dopo quella di san Michele. Nel 1667, Clemente IX stabilisce la festa alla prima domenica di settembre e la dota di una ottava. Nel 1670, ossia quasi un secolo dopo la fine del concilio di Trento, papa Clemente X riconosce ufficialmente questo culto e lo estende a tutta la Chiesa, fissando la sua data al 2 ottobre ed elevandola al rango di festa doppia.
Approvata dalla Santa Sede ed estesa a tutta la Chiesa, la festa conobbe anche una manifesta graduazione sulla scala della solennità che differenzia i differenti gradi di celebrazione. In ciò, i santi angeli custodi obbediscono ad un movimento più generale della liturgia del santorale, che vuole che il numero delle feste doppie vada moltiplicandosi a partire dal XVII secolo.
Come numerose devozioni, la liturgia dell’angelo custode personale è emersa da autorità politiche o religiose locali, prima di essere finalmente ratificata da Roma. La devozione, fin là circoscritta in una città, un impero, un
convento, un proprio diocesano, si è propagata sotto l’impulso di uniformità della Riforma cattolica, ma anche attraverso il rimorchio di tutta una “letteratura di popolarizzazione teologica e spirituale”.
A questo riguardo, i membri della Compagnia di Gesù si sono resi illustri con un grande numero di pubblicazioni: Alberini, Trattato dell’Angelo Custode (1612); Drexel, Horologium tutelarium angelis (1622); Suarez, De Angelis (1630); P. de Barry, La devozione agli angeli (1641), ecc. In maniera generale, la devozione all’angelo custode ha singolarmente beneficato dell’organizzazione apostolica messa a punto dalla Compagnia che, fin dai suoi collegi, irradia in mezzo alle congregazioni mariane, dei ritiri e delle missioni. E le approvazioni episcopali sono andate succedendosi, non trovando decisamente nulla da ridire su queste opere di devozione ai santi angeli, rigorosamente conformi al dogma cattolico.
Fluttuante è stato il giorno della settimana consacrato ai santi angeli, anche se il martedì sembra essersi finalmente imposto. E’ vero che i sacramentari accordarono molto presto agli angeli una messa votiva settimanale: Alcuino assegnò così al martedì la messa votiva agli angeli. In un manoscritto del XI secolo, il Rossianum, è viceversa il mercoledì che è designato per questa celebrazione.
Bisogna dire che questo taglio ha soprattutto il merito di testimoniare l’importanza crescente dei santi angeli, essendo i giorni della settimana consacrati a devozioni maggiori (Il lunedì allo Spirito Santo, il giovedì al Santissimo Sacramento, il Sabato alla Vergine, ecc.). Eppure Claude Savart, quando analizza il posto delle devozioni particolari nella produzione francese dei libri religiosi dopo il 1861, non approfondisce che sei temi: la Passione, il Santissimo Sacramento, il Sacro Cuore, la Vergine Maria, san Giuseppe, più una categoria designata semplicemente col termine “altri santi”, essendo la devozione agli angeli trattata in modo sussidiario ed unicamente evocata. Ciò nonostante, nella seconda metà del XIX secolo, una serie di concili provinciali riafferma l’importanza dei santi angeli, conformemente agli insegnamenti del catechismo del concilio di Trento, dal concilio di Reims, che si tiene nel 1853, fino al concilio di Baltimora, nel 1866.
Parallelamente a questi concili locali che s’impegnano nel promuovere una devozione che essi stimano senza dubbio sconosciuta, la liturgia si vede rinforzata con dei decreti emanati direttamente della Santa Sede. Così nel 1883, sotto il pontificato di Leone XIII e quassi due secoli dopo la sua istituzione, la festa annuale fissata al 2 ottobre è innalzata al rango di doppia maggiore dalla Sacra Congregazione e, nel 1893, essa occupa il rango di festa primaria.
Questa tipologia delle feste è rivelatrice del cresciuto interesse portato alla devozione, estesa alla Chiesa universale dopo il concilio di Trento e che raggiunge ciò che si potrebbe chiamare il suo apogeo liturgico nella seconda metà del XIX secolo. Questo slancio è d’altronde caratteristico di numerose “nuove” devozioni di cui fanno parte le diverse manifestazioni della pietà mariana.
“Abbassando il costo delle immagini, dei libretti di pietà e delle statue, la rivoluzione industriale permette una diffusione rapida delle nuove devozioni”, suggerisce Gerardo Cholvy, proponendo una spiegazione strutturale a questa propagazione. Comunque sia, tutti i santi angeli godono d’una importanza crescente sulla scala degli onori, significata da un formalismo liturgico manifesto. In conclusione una cosa è certa. Gli angeli sono in assoluto i soggetti più raffigurati dalle arti.
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* Don Marcello Stanzione è il Presidente dell’Associazione Milizia di San Michele Arcangelo.