Il carmelitano Angelo Paoli, apostolo dei poveri e degli ammalati

Sarò beatificato questa domenica a Roma

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di Carmen Elena Villa

ROMA, giovedì, 22 aprile 2010 (ZENIT.org).- La virtù che spicca maggiormente nel sacerdote carmelitano Angelo Paoli, alimentata dalla preghiera costante davanti al Santissimo, è la carità, “l’attenzione verso i poveri e coloro che avevano povertà di tipo morale e spirituale”. Lo ha riferito a ZENIT padre Giovanni Grosso, O carm., postulatore della sua causa di beatificazione.

Questa domenica padre Paoli, vissuto tra il 1642 e il 1720, sarà beatificato nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano. La cerimonia sarà presieduta dal Cardinale Agostino Vallini, vicario generale di Roma. La formula di beatificazione verrà pronunciata da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.

Il fiorire di una vocazione

Il suo nome di battesimo era Francesco. Fin da piccolo lasciò intravedere la sua vocazione, quando ad Argigliano, il suo paese natale, in Toscana, invitava i suoi amichetti a praticare le virtù e ad abbandonare le cattive abitudini.

Molti dicevano che era un piccolo catechista, ed egli stesso racconta in una lettera che scrisse a un amico di gioventù: “Spiegavo loro la dottrina cristiana e li conducevo nelle chiese e, poiché per invogliarli ero solito donare loro qualcosa, essi mi seguivano e mi sentivano volentieri, e tutti mi volevano bene”.

Aveva solo 12 anni quando morì sua madre, fatto che lo aiutò a intensificare la sua vita spirituale e a maturare la sua vocazione. A 18 anni entrò in seminario. Lì sentì la chiamata a una vita di maggiore preghiera e penitenza. Aveva anche uno stretto rapporto con la Madonna del Carmelo, ed entrò nel convento dei frati carmelitani a Fivizzano. Nel 1661 emise i voti solenni.

Sacerdote del Signore

Sei anni dopo ricevette l’ordinazione sacerdotale. “Gran dignità, gran potestà, far scendere un Dio dal Cielo in terra, liberare un’anima dal purgatorio e mandarla in Paradiso”, diceva della sua vocazione in uno dei suoi scritti.

Padre Paoli volle poi dedicarsi più tempo alla penitenza e ai sacrifici fisici. Iniziò a indebolirsi, e per questo venne mandato a casa del padre. Trascorreva le sue giornate parlando con i pastori e conoscendo la vita della gente umile e semplice dei campi, a cui insegnava a pregare e impartiva lezioni di catechismo.

Scoprì così che la sua vocazione doveva orientarsi alla cura dei poveri, potendo vedere “la chiamata dentro la chiamata”. “Noi non abbiamo come accento principale la carità, ma per lui fu veramente una chiamata particolare”, ha detto a ZENIT padre Grosso.

Tornato in comunità, padre Paoli venne trasferito a Firenze per incaricarsi dei novizi. Nella formazione degli aspiranti al Carmelo sottolineò forza interiore, amore per l’apostolato, preghiera e dominio delle passioni.

Fu poi parroco a Corniola, vicino Empoli. I suoi preferiti erano sempre i poveri e i malati. Lavorò anche a Siena, Montecatini e Fivizzano.

Nel 1687 ricevette una lettera che annunciava il suo trasferimento a Roma per servire come maestro dei novizi nel convento di San Martino. Lì mostrò la sua preoccupazione per i poveri che mendicavano nelle strade e visitò le carceri. “Cominciò a servire gli ammalati e i poveri, distribuì cibo, abiti. 300 persone venivano assistite quotidianamente”, ha detto il suo postulatore.

Si preoccupava dei malati dell’ospedale San Giovanni, della comunità dei Carmelitani, situato vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Il suo obiettivo era “dare da mangiare, cambiare la biancheria, dare cibo, conforto, rallegrarli con qualche piccolo concerto e spettacolino”, ricorda padre Grosso.

Quando uscivano dall’ospedale, molti non sapevano dove andare, e padre Paoli cercava famiglie che potessero accoglierli. Nacque così una casa di convalescenza, fondata da lui e che funzionò per vari anni.

Un’altra delle sue caratteristiche era il grande amore per la croce. “Piantava sempre la croce dove poteva”, sottolinea padre Grosso. Volle anche porre una croce al Colosseo, “perché fu il luogo del martirio, secondo la tradizione, di tanti cristiani”. All’interno di questo luogo organizzava la Via Crucis.

Il futuro beato morì a Roma nel 1720. “Moltissima gente partecipò al suo funerale, che si svolse nel convento di San Martino dopo una specie di processione alla Basilica di Santa Maria Maggiore, perché molta gente era rimasta fuori dalla chiesa”.

“Il Paradiso è un bene così grande che vale la pena di fare qualsivoglia diligenza per acquistarlo! – scriveva padre Paoli – I Santi per acquistarlo hanno operato molto e con molta sollecitudine, e poco hanno pensato alla cura ed al riposo”.

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ZENIT Staff

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