Educare le coscienze per vincere le mafie

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di mons. Angelo Casile*

ROMA, giovedì, 22 aprile 2010 (ZENIT.org).- Nel documento Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (PSCM) i nostri Vescovi tornano «a condannare con forza» una delle piaghe più profonde e durature del Mezzogiorno «un vero e proprio cancro», una «tessitura malefica che avvolge e schiavizza la dignità della persona». «Non è possibile mobilitare il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie», denuncia con coraggio il documento, deplorando ogni mafia, che «non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese» (PSCM 9).

Sull’impegno contro ogni mafia e l’illegalità i Vescovi ricordano «i numerosi testimoni immolatisi a causa della giustizia: magistrati, forze dell’ordine, politici, sindacalisti, imprenditori e giornalisti, uomini e donne di ogni categoria» e le «luminose testimonianze» di «don Pino Puglisi, di don Giuseppe Diana e del giudice Rosario Livatino» (PSCM 9).

Al cancro della mafia, la Chiesa non ha che da opporre la parola di salvezza del Vangelo di Gesù, accolto e annunciato con coraggio: «La comunità ecclesiale, guidata dai suoi pastori, riconosce e accompagna l’impegno di quanti combattono in prima linea per la giustizia sulle orme del Vangelo e operano per far sorgere “una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile” (Benedetto XVI, Omelia, Cagliari, 7 settembre 2008» (PSCM 9).

Occorre promuovere una «cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità». Questi sono «i capisaldi che attendono di essere sostenuti e promossi all’interno di un grande progetto educativo. La Chiesa deve alimentare costantemente le risorse umane e spirituali da investire in tale cultura per promuovere il ruolo attivo dei credenti nella società» (PSCM 16).

Puntando sull’educazione integrale dell’uomo si possono sconfiggere le radici di un problema etico, culturale e antropologico. In questa prospettiva «è necessario impegnarsi in una nuova proposta educativa», che ammaestri «al gratuito e persino al grazioso, e non solo all’utile e a ciò che conviene; al bello e persino al meraviglioso, e non solo al gusto e a ciò che piace; alla giustizia e persino alla santità, e non solo alla convenienza e all’opportunità». In questo ruolo educativo sono particolarmente impegnate le nostre parrocchie, le scuole, «la famiglia e, al suo interno, in particolare la presenza tradizionale e ricca di sapienza della donna» (PSCM 17).

L’esemplarità del “Progetto Policoro”

I Vescovi citano tra i «segnali concreti di rinnovamento e di speranza che hanno per protagonisti i giovani» il “Progetto Policoro”, nato all’indomani del Convegno Ecclesiale di Palermo su iniziativa di mons. Mario Operti, allora Direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, con il coinvolgimento del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile e di Caritas Italiana.

Il “Progetto Policoro” affronta «il problema della disoccupazione giovanile, attivando iniziative di formazione a una nuova cultura del lavoro, promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile e costruendo rapporti di reciprocità e sostegno tra le Chiese del Nord e quelle del Sud, potendo contare sulla fattiva collaborazione di aggregazioni laicali che si ispirano all’insegnamento sociale della Chiesa» (PSCM 12). Esso, dopo 15 anni di esperienza e oltre 500 realtà imprenditoriali e cooperative suscitate, può essere a buon diritto considerato un’iniziativa ecclesiale che mira «a cancellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile» e sollecita i giovani a «una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa, che aiuti a coniugare l’annuncio del Vangelo con la testimonianza delle opere di giustizia e di solidarietà» (PSCM 12).

Chiamati a vivere la speranza, ogni giorno

Il documento dei Vescovi italiani si conclude con un appello: «bisogna osare il coraggio della speranza! Vorremmo congedarci da voi incoraggiandovi a uno a uno… scriviamo a voi, sacerdoti, come a figli e amici… consacrati e consacrate all’amore del Signore, lampade di speranza… famiglie, cellule vive della Chiesa… giovani, perché sappiate che in voi Cristo vuole operare cose grandi… uomini e donne di buona volontà, cercatori di giustizia e di pace» (PSCM 20).

Viviamo questo appello alla speranza e ciascuno di noi, anche se sconosciuto al mondo, ma conosciutissimo da Dio (cfr 2Cor 6,9), è invitato dai Vescovi italiani ad amare le proprie terre e spendersi per esse, attraverso il quotidiano impegno nella vita e nella Chiesa, «testimone credibile della verità e luogo sicuro dove educare alla speranza per una convivenza civile più giusta e serena» (PSCM 11).

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*Mons. Angelo Casile è Direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro.

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ZENIT Staff

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