Il Papa, "icona contemporanea della passio Christi e della passio hominis"

L’Ordinario castrense guida il pellegrinaggio nazionale militare alla Sindone

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TORINO, martedì, 20 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il Papa è “l’icona contemporanea della passio Christi e della passio hominis”, ha affermato l’Arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, nell’omelia della Messa che ha celebrato questa domenica a Torino in occasione del pellegrinaggio nazionale militare alla Sindone.

5000 militari hanno attraversato le strade della città in processione, accompagnati dall’Ordinario militare e dai Capi di Stato maggiore delle diverse forze armate.

Durante la celebrazione, nella Basilica di Santa Maria Ausiliatrice, monsignor Pelvi ha ricordato che “la cattedra di Papa Benedetto non è un regno, neppure un trono”.

“È la cattedra del servizio, del sacrificio, del martirio – ha spiegato -. È la cattedra del magistero, della fede e della certezza, della carità e del governo pastorale”.

“E noi, alunni di questa cattedra, amiamo il Papa, scelto dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Cristo”, ha aggiunto.

Per l’Arcivescovo, il Papa “è la bocca della verità, l’apostolo della pace, della giustizia, della fraternità, della libertà, il custode della dignità umana”. “Oserei dire che il suo volto, come l’icona sindonica, è un segno veramente luminoso che rimanda a Gesù”.

Attacchi ingiusti

Per questi motivi, l’Ordinario castrense ha affermato che “agli ingiusti e menzogneri attacchi dei nostri giorni” “la famiglia militare risponde concorde e unanime nella preghiera per il Sommo Pontefice, che antepone Cristo e il bene delle anime ad ogni umana considerazione, consapevole che è meglio lasciar perdere le opinioni terrene”.

“Il Signore non abbandonerà mai la Sua Chiesa e il Papa che le ha donato, la cui grandezza è davanti agli occhi del mondo intero”.

“Abbiamo tutti bisogno del Successore di Pietro, della sua ombra risanatrice, della sua parola e della sua instancabile e sicura guida”, ha dichiarato monsignor Pelvi.

Cristo ci ama per ciò che siamo

Commentando il brano evangelico domenicale, in cui Gesù chiede tre volte a Pietro se lo ama, l’Ordinario militare ha spiegato che in questa pagina di “tenerezza estrema” “il Signore cerca l’amore dell’uomo”.

“Gesù domanda a Pietro la prima volta: ‘Simone, mi ami tu con amore totale e incondizionato?’. Prima dell’esperienza del tradimento l’apostolo avrebbe certamente detto: ‘Ti amo incondizionatamente’. Ora che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: ‘Signore, ti voglio bene’, cioè ‘ti amo del mio povero amore umano'”.

“Il Cristo insiste: ‘Simone, mi ami tu con questo amore totale che io voglio?’. E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: ‘Signore, ti voglio bene come so voler bene'”.

“Alla terza volta Gesù dice a Simone soltanto: ‘mi vuoi bene?’. Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace”.

“Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù – ha commentato il presule -. Il Signore dimostra il suo amore abbassando per tre volte le esigenze dell’amore. Chiede almeno l’affetto, se l’amore è troppo; almeno l’amicizia se l’amore mette paura”.

“È il chinarsi divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine”.

Da quel giorno, infatti, Pietro ha seguito il Maestro “con la precisa coscienza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto”.

“Ancora oggi e per i secoli futuri, il cuore della Chiesa batte e ama con il cuore del Successore di Pietro”.

Chiamata alla santità

Nei primi Vespri di sabato 17 aprile nella Basilica torinese, l’Arcivescovo Pelvi ha ricordato “la grandezza della chiamata alla santità, che ci porta ad essere concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili”.

“È la nostra coscienza battesimale e vocazionale, che dobbiamo coltivare quale principio e fondamento di tutto il nostro esistere e operare cristiano”, ha affermato.

“Abbiate una grande idea di voi, perché Dio nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”, ha detto ai militari.

La santità, ha rilevato, “è l’unica e vera strada di realizzazione di sé, senza alternative, possibile nel quotidiano con l’aiuto di Dio”.

Per concretizzare il cammino di santità, il presule ha proposto tre elementi: il passaggio “da una vita ripiegata sull’io a una vita centrata su Dio”, quello “dai desideri di un tempo, quelli del mondo, al desiderio del progetto di Dio” e “il rifiuto della mediocrità”.

“Adorate Cristo Signore nei vostri cuori – ha concluso -: coltivate cioè una relazione personale d’amore con Lui, amore primo e più grande, unico e totalizzante, dentro il quale vivere, purificare, illuminare e santificare tutte le altre relazioni”.

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ZENIT Staff

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