Thailandia: la Chiesa cattolica chiede pace, negoziati e preghiere

Di fronte alla crisi politica e alla violenza contro i manifestanti

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di Nieves San Martín

BANGKOK, martedì, 13 aprile 2010 (ZENIT.org).- Di fronte alla crisi politica e alla violenza contro i manifestanti in Thailandia, la Chiesa cattolica ha chiesto pace, negoziati e preghiere. Anche i leader buddisti hanno rotto il silenzio, rivolgendo un appello alla calma e chiedendo alle parti coinvolte di comprendersi per cercare una via d’uscita pacifica al conflitto.

Dal colpo di Stato del settembre 2006, che ha abbattuto Thaksin Shinawatra, il Paese non sembra capace di trovare una vera stabilità politica, informa “Eglises d’Asie”. Da mesi, le “camicie rosse” del Fronte unito per la democrazia e contro la dittatura, coalizione che riunisce i sostenitori dell’ex Primo Ministro, chiedono elezioni legislative anticipate e il ritorno all’ordine costituzionale.

Di fronte a loro, le élites tradizionali e il Primo Ministro Abhisit Vejjajiva respingono lo scioglimento del Parlamento, senza quindi voler accedere a una soluzione negoziata.

Il 7 aprile il Governo ha decretato lo stato d’emergenza, e durante il fine settimana le manifestazioni, finora pacifiche, hanno sperimentato un’escalation sanguinosa. Nella notte tra sabato e domenica, gli scontri con le forze dell’ordine hanno provocato 21 morti e 860 feriti.

Alla televisione, il Primo Ministro ha affermato che dei “terroristi” si erano mescolati ai manifestanti. I leader “rossi” hanno replicato che non ci potrà essere alcun negoziato fin quando Abhisit non si dimetterà e non abbandonerà il Paese.

In questo contesto, i responsabili religiosi, sia cattolici che buddisti, hanno preso la parola per chiedere il ritorno alla calma.

Pace, negoziati e preghiere per il bene del Paese sono le “parole chiave” per risolvere la crisi attuale in Thailandia, ha dichiarato all’agenzia Fides monsignor Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok, che mette in guardia contro le “forze oscure che intendono far precipitare la situazione nel caos”. Il presule rappresenta la piccola minoranza cattolica, lo 0,5% della popolazione.

Esprimendo la sua preoccupazione per la violenta evoluzione delle manifestazioni, l’Arcivescovo ha confessato che “la situazione è molto delicata. C’è una evidente spaccatura politica fra le ‘camicie rosse’ che chiedono nuove elezioni e il Governo che comunque è legalmente riconosciuto ed è in carica legittimamente. Si sta cerando un negoziato e tutti noi speriamo vada buon fine. Il fatto è che esiste un’agenda politica nascosta dietro queste manifestazioni di piazza. E’ opinione corrente che siano manovrate dall’ex premier Thaksin Shinawatra che finanzia i dimostranti”.

“In questa fase di confusione sociale e politica si inseriscono gruppi che seminano violenza. Coloro che hanno attaccato con granate le postazioni militari intendono far peggiorare la situazione ma… per arrivare dove? Non bisogna certo andare alla guerra civile, che sarebbe una tragedia nazionale. Speriamo che la situazione possa evolversi pacificamente: chiediamo a tutte le parti in campo di rigettare la violenza e rispettare lo stato di diritto”, ha aggiunto.

L’Arcivescovo sottolinea anche che i Vescovi “da oltre un mese hanno mobilitato i fedeli, invitandoli alla preghiera. La nostra preghiera continua: chiediamo l’aiuto, la grazia di Dio e la pace sulla Thailandia in tutte le Sante Messe che vengono celebrate nell’Arcidiocesi”. Anche i leader religiosi buddisti “pregano e seminano parole di pace che speriamo abbiano buon esito”.</p>

A metà marzo, riuniti nella loro assemblea semestrale, i Vescovi hanno affermato che la Chiesa non deve prendere posizione. “Come Chiesa, dobbiamo promuovere la comprensione”, ha detto padre Pipat Rungruangkanokkul, segretario generale aggiunto della Conferenza Episcopale.

Dopo gli avvenimenti di questo fine settimana, i più letali dalla sanguinosa repressione dei manifestanti del 1992, il Vescovo emerito di Ubon Ratchathani, monsignor Bunluen Mansap, si è espresso pubblicamente. L’ex responsabile della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale ha affermato che “in Thailandia oggi la collera e l’odio si diffondono in tutto il Paese”.

Il presule ha chiesto a tutti i thailandesi di accettare le differenze di opinione e di credo. “Gli esseri umani sono fatti per amarsi gli uni gli altri, ma sono divisi dalla politica e dall’ideologia”, ha osservato, chiedendo al Governo e ai manifestanti di porre fine alla violenza e di tornare al tavolo dei negoziati.

Finora, i movimenti e le organizzazioni dei buddisti, ampiamente maggioritari nel Paese, avevano deciso di non intervenire a livello politico.

Questo lunedì, tuttavia, il venerabile Paisan Visalo, monaco buddista alla guida della Rete per la non violenza, coalizione di ONG vicine ad ambienti buddisti e universitari, ha dichiarato di “essere rattristato per i morti e i feriti, siano essi soldati o manifestanti”. “La violenza può contribuire a regolare un problema temporaneamente, ma in realtà crea nuovi problemi a lungo termine e spesso esacerba i vecchi”, ha aggiunto.

“Quello che ci unisce è più importante di ciò che ci separa – ha sottolineato riferendosi alla società thailandese –: il perseguimento della felicità, l’avversione alla sofferenza, la ricerca del rispetto, il desiderio di fare del bene e di difendere la dignità di ciascuno”.

Ha anche rivolto un appello al Governo thailandese e ai manifestanti “rossi” a intraprendere misure pacifiche per trovare una via d’uscita all’attuale crisi.

Al di là delle questioni personali e delle pressioni esercitate dalle “camicie rosse” per chiedere il ritorno di Thaksin Shinawatra, gli scontri di Bangkok testimoniano la profonda frattura che separa le élites tradizionali, legate all’aristocrazia e alla borghesia degli affari, e le popolazioni rurali, soprattutto del nord-est, che ritengono di trarre poco beneficio dallo sviluppo economico del Paese. Un rapporto della Banca Mondiale sottolinea che la distribuzione del reddito in Thailandia è una delle meno eque dell’Asia.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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