di padre Angelo del Favero*
ROMA, domenica, 11 aprile 2010 (ZENIT.org).- “La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi”. Detto questo soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Tommaso, uno dei dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.
Otto giorni dopo i discepoli erano ancora in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.(Gv 20,19-29).
“Rendete grazie al Signore perché è buono: eterna è la sua misericordia. Lo dica Israele: “Eterna è la sua misericordia“. Lo dica la casa di Aronne: “Eterna è la sua misericordia“. Lo dica chi teme il Signore: “Eterna è la sua misericordia“” (Salmo 118/117, 1-4).
Oggi, II Domenica di Pasqua, la Chiesa desidera esaltare la smisurata Misericordia di Dio verso tutti gli uomini, manifestata nel mistero pasquale.
E’ questa la volontà stessa del Fondatore e Capo della Chiesa, confidata nel 1931 ad un’umile suora polacca ed attuata da Giovanni Paolo II il 5 maggio 2000, mediante il Decreto che questa Domenica sia chiamata: “Domenica della Divina Misericordia“.
In vero, ogni Domenica dell’anno merita questo titolo, poiché il mirabile sacramento dell’Eucaristia è memoriale perenne di quell’eterna Misericordia che è la Pasqua del Signore: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-17).
Ecco dunque la situazione dell’umanità: il malato terminale (il mondo intero) ha ora a sua inesauribile disposizione il farmaco salva-vita…eppure, mentre sprofonda nel baratro della morte, rifiuta assurdamente l’elisir dell’immortalità, scaturito dal cuore aperto del Signore crocifisso e risorto.
Lo sguardo della fede, tuttavia, è in grado di vedere quello che Benedetto XVI ha annunciato “Urbi et orbi” nel giorno di Pasqua: “la Risurrezione di Cristo è un avvenimento che ha modificato l’orientamento profondo della storia, sbilanciandola una volta per tutte dalla parte del bene, della vita, del perdono” (Messaggio di Pasqua 2010).
In una parola ed oltre le apparenze: tale sguardo illuminato riesce a vedere come attraverso uno spiraglio, la Misericordia di Dio che ovunque opera nel mondo.
In certo qual modo, la vede come la videro gli occhi di suor Faustina Kowalska, a Wilno, il 10.10.1934. Ecco il suo racconto: “Quel venerdì, dieci minuti prima delle sei, rientravo dal giardino con le alunne per la cena. Ed ecco Gesù, al di sopra della nostra cappella, in quel medesimo aspetto con cui è dipinto sull’immagine. I due raggi che gli uscivano dal petto coprivano la nostra cappella con l’adiacente infermeria. Poco dopo li vidi cingere la città intera, lentamente diffondendosi sempre più lontano, su tutto il mondo. La visione durò quattro minuti circa, poi scomparve” (Carlo Vivaldelli, “Scoprire la Misericordia“, p. 98).
E’ significativo che la santa polacca “abbia visto questo Figlio come Dio misericordioso, contemplandolo però non tanto sulla croce, quanto piuttosto nella successiva condizione di Risorto nella gloria. Ella ha perciò collegato la sua mistica della Misericordia con il mistero della Pasqua, in cui Cristo si presenta vittorioso sul peccato e sulla morte (cfr Gv 20,19-23)” (G.P.II, “Memoria e identità”, p. 70).
Un collegamento che l’immagine di “Gesù-confido-in-te“, diffusa in tutto il mondo, consente di fare ad ognuno che si inginocchi a contemplarla con la fede dei piccoli.
Approfondiamo allora la conoscenza di questa Divina Misericordia.
La sua essenza può essere definita come “Amore materno e fedele“, unificando così i due significati biblici di hesed (fedeltà) e rahamin (grembo materno gravido), tradotti con “amore, misericordia”.
Scrive Giovanni Paolo II: “Di questo amore si può dire che è totalmente gratuito, non frutto di merito, è un’esigenza del cuore…genera una gamma di sentimenti, tra i quali la bontà e la tenerezza, la pazienza e la compassione, cioè la prontezza a perdonare. L’A.T. attribuisce al Signore, appunto, tali caratteri, quando parla di lui servendosi del termine rahamin.
Leggiamo in Isaia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi del frutto del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io non ti dimenticherò mai” (Is 49,15)” (cfr Enciclica “Dives in Misericordia“, n.4, nota 52).
Gesù è l’incarnazione della divina Misericordia, il Frutto del seno di Maria disceso in lei dal Seno del Padre (Gv 1,18).
Scrive suor Faustina: “L’amore è il fiore e la Misericordia il frutto...dall’Amore nasce la Misericordia. Dio è Amore e la sua azione è Misericordia. Dovunque io guardi, tutto mi parla di Misericordia e l’ultima ora della nostra vita ne trabocca. La Misericordia è più forte d’ogni possibile miseria. Basta che il peccato apra al raggio divino uno spiraglio, Dio poi fa il resto.” (C.V., op. cit., p.42-43).
Un semplice spiraglio di umiltà per non soffocare!
“Quanto bisogno della Misericordia di Dio ha il mondo di oggi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della Misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli innocenti occorre la grazia della Misericordia a placare le menti e i cuori, e a far scaturire la pace. Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, occorre l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l’inesprimibile valore di ogni essere umano. Occorre la Misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della verità” (Giovanni Paolo II, Omelia a Lagiewniki, nella dedicazione del Santuario della Divina Misericordia, 17 agosto 2002).
Perciò non facciamoci ingannare né scoraggiare dalle apparenze, e volgiamo piuttosto lo sguardo a “Colui che hanno trafitto” (Gv 19,37), vivo in mezzo a noi. Ecco infatti rivelata ed operante in Lui l’inconcepibile Misericordia di Dio: per assicurare al mondo lo spiraglio necessario al raggio divino per comp
iere la sua opera di salvezza, uno spiraglio che mai possa essere obliterato dal peccato, l’innocente Figlio di Dio, ha voluto farsi squarciare il cuore dal peccato, in modo da riversare per sempre sull’intera umanità un’onda di Misericordia travolgente.
Ascoltiamo ancora Giovanni Paolo II, sul Vangelo di oggi:
“La nostra attenzione si sofferma sul gesto del Maestro, che trasmette ai discepoli timorosi e stupefatti la missione di essere ministri della divina Misericordia. Gesù affida ad essi il dono di “rimettere i peccati”, dono che scaturisce dalle ferite delle sue mani, dei suoi piedi, e soprattutto del suo costato trafitto. Di là un’onda di Misericordia si riversa sull’intera umanità.
Anche a noi quest’oggi il Signore mostra le sue piaghe gloriose e il suo cuore, fontana inesausta di luce e di verità, di amore e di perdono. Attraverso il mistero di questo cuore ferito, non cessa di spandersi anche sugli uomini e sulle donne della nostra epoca, il flusso ristoratore dell’amore misericordioso di Dio. “Gesù, confido in Te”. Un semplice atto d’abbandono basta ad infrangere le barriere del buio e della tristezza, del dubbio e della disperazione. I raggi della tua divina misericordia ridanno speranza, in modo speciale, a chi si sente schiacciato dal peso del peccato”. (G.P.II, Omelia nella II Domenica di Pasqua, 22/4/2001).
Il primo di costoro è stato l’apostolo Pietro, il quale, dopo aver rinnegato tre volte il maestro amato, non ha rifiutato il suo sguardo misericordioso.
Senza mezzi termini, a Pasqua Pietro accusa gli Israeliti nel tempio: “Avete ucciso l’autore della vita..” (At 3,15); tuttavia, con la stessa misericordia che Gesù ha avuto per lui li chiama “fratelli“, e prosegue con bontà: “io so che avete agito per ignoranza..” (v.17).
Riconosciamo con l’apostolo che il peccato contro la Vita è al centro del mistero dell’iniquità, e perciò stesso anche del mistero della Redenzione.
Gesù è “la vita” ed è “l’autore” della vita; è Colui che la concepisce nel grembo come per un tocco di Sé, e la fa “aumentare”, crescere e sviluppare verso un sempre-di-più che è ancora Lui: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Egli ha il potere di sconfiggere l’autore della morte, il diavolo, le cui opere è venuto a distruggere.
Così “nella fede in Gesù, la vita che giace abbandonata e implorante ritrova consapevolezza di sé e dignità piena” (Evangelium vitae, n.32).
Mentre lo uccidevano, Gesù implorava: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), e il Padre lo ha esaudito appena morto, quando satana stesso, dopo aver indotto il soldato all’estremo oltraggio del colpo di lancia, ha permesso che ne scaturissero subito “sangue e acqua” (Gv 19,34), come ondata di Misericordia perenne che ridona la vita al mondo intero.
* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.