Portavoce vaticano: la ricostruzione del “caso Teta” è fuorviante

Padre Lombardi interviene su un caso di abusi di un sacerdote della diocesi di Tuscon

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ROMA, domenica, 4 aprile 2010 (ZENIT.org).- La presentazione fatta recentemente da alcune testate del “caso Teta”, un caso drammatico di abusi da parte di un sacerdote della diocesi di Tuscon in Arizona negli anni 70, “è fuorviante”.

E’ questo il commento del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi.

Dalla documentazione sul caso, afferma in una nota il sacerdote gesuita, risulta “con chiarezza e certezza che i responsabili della Congregazione per la Dottrina della Fede – a cui la diocesi si era rivolta trattandosi di un caso che riguardava il crimine di “sollecitazione” nel Sacramento della Penitenza – si sono più volte interessati attivamente nel corso degli anni 90”.

E ciò, si legge, “perché il processo canonico in corso nella diocesi di Tucson fosse portato a termine debitamente”. Cosa che avvenne nel 1997, “con sentenza di riduzione allo stato laicale”.

Ciò, spiega la nota, “è stato già confermato con precisione in risposta alle domande della stampa locale dal vescovo di Tucson, mons. Kicanas, anche tramite la pubblicazione delle lettere provenienti dalla stessa Congregazione”.

Il reverendo Teta, ricorda il direttore della Sala Stampa, “presentò però appello contro la sentenza e il suo ricorso pervenne al Tribunale della Congregazione quando era stata già avviata la revisione delle norme canoniche precedentemente in vigore”.

Gli appelli rimasero perciò “pendenti fino all’entrata in vigore della nuova legislazione nel 2001, che porta tutti i casi di ‘delitti più gravi’ sotto la competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede per una trattazione più sicura e rapida”.

Dal 2001, ricorda padre Lombardi, “tutti gli appelli pendenti furono tempestivamente trattati, e quello del caso Teta fu uno dei primi ad essere discusso”. Ciò “richiese del tempo, anche perché la documentazione prodotta era particolarmente voluminosa”.

In ogni caso, sottolinea il comunicato, “la sentenza di primo grado venne confermata ‘in toto’, con la conseguente riduzione a stato laicale nel 2004”.

“Non si deve dimenticare – conclude padre Lombardi – che anche quando gli appelli rimangono pendenti e la sentenza è sospesa, sono in vigore le misure cautelative imposte dal vescovo all’imputato. Infatti il reverendo Teta era già sospeso dall’anno 1990”.

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ZENIT Staff

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