ROMA, sabato, 3 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio per la Pasqua 2010 e per l’Ostensione della Sindone del Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino.
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1. Il Beato Sebastiano Valfrè, grande devoto della Santa Sindone, diceva: “La Sindone è un segno di Gesù paragonabile alla croce, ma con questa particolarità: la croce ha accolto Gesù vivo e ce l’ha restituito morto, la Sindone invece lo ha accolto morto e ce l’ha restituito vivo”.
In questi giorni della settimana santa siamo convocati a contemplare ed incontrare Gesù Cristo che si presenta a noi giudicato da tribunali umani, rifiutato dal suo popolo, sottomesso ad ogni forma di torture, crocifisso, morto in croce e soprattutto risorto dopo tre giorni. Per poter dire con fede convinta e con amore sincero “Gesù è il Signore!” è necessario fermarsi per celebrare la Pasqua. Che significa per noi “celebrare la Pasqua”?
Credere che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito; sostare in contemplazione davanti a questo amore incarnato nella persona di Gesù sofferente nella sua Passione, crocifisso, morto e risorto e perciò vivo e presente insieme a noi e in noi; guardare con estrema sincerità alla nostra vita di peccatori per lasciarci toccare da questo amore di Dio che ci perdona, ci fa rinascere ad una vita nuova fondata sul bene e sulle virtù e non più sui vizi e ci rende capaci di testimoniare e portare l’amore del Signore ai tanti fratelli che vivono male perché non sanno quanto sarebbe bella la loro vita impostata sull’osservanza dei comandamenti di Dio. Inoltre celebrare bene la Pasqua significa anche accostarsi ai sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia in sintonia con i messaggi che ci vengono dalle solenni celebrazioni liturgiche della settimana santa. Essi sono il vero dono pasquale della vita nuova che Gesù Cristo ci offre e che sarebbe da stolti rifiutare e sottovalutare.
2. Celebrata la Pasqua saremo ancora invitati a continuare la nostra meditazione sulla Passione e Risurrezione di Gesù venerando, da pellegrini credenti e fiduciosi, la Santa Sindone che per sei settimane rimarrà esposta nella nostra Cattedrale. Qual è il fascino che questo sacro Lenzuolo suscita nella moltitudine di persone che verranno a Torino per vederlo, contemplarlo in meditazione orante e silenziosa? Noi sappiamo che la nostra fede non si fonda sulla Sindone, bensì sui Vangeli e sull’annuncio che i testimoni del Risorto, gli Apostoli, ci hanno dato e che da duemila anni risuona nella Chiesa. Ma ciò che colpisce e commuove i cuori davanti alla Sindone è il constatare che in quel misterioso lino c’è un’immagine di un uomo crocifisso che corrisponde con una precisione di particolari impressionante al Gesù sofferente e crocifisso descritto dai Vangeli. Lasciamo agli scienziati e agli storici seri, non ai prevenuti in partenza, il compito di valutare e risolvere la questione relativa all’autenticità della Sindone, cioè nel dire con certezza assoluta se essa corrisponde al vero lenzuolo che ha avvolto il Corpo di Gesù nella sua sepoltura. A noi basta sapere che quanti l’hanno studiata a lungo e con criteri scientifici oggettivi finora non sono riusciti a spiegare come si sia formata quell’immagine, concludendo che non è certamente un manufatto e quindi permangono fondate molte probabilità in favore della sua autenticità. La nostra fede in Gesù che patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, e soprattutto che risuscitò dai morti, e quindi è il vero Salvatore di tutti gli uomini, per essere forte e sicura non ha bisogno della Sindone bensì del Vangelo, ma la Sindone rimane comunque un grande aiuto alla nostra fede e alla nostra preghiera perché ci invita a meditare sulla Passione del Signore e sull’amore per noi che quella Passione veicola come messaggio e come dono.
In questa Ostensione è inoltre importante sottolineare il messaggio che ci viene offerto dal motto da me proposto per questo evento: “Passio Christi, Passio hominis”. La contemplazione della Sindone ci porta a ripercorrere il mistero della terribile sofferenza di Cristo. “Essa è – come disse Giovanni Paolo II nel 1998 – un segno dal quale viene un messaggio per noi. È un’immagine intensa e struggente di uno strazio inenarrabile, immagine della sofferenza, immagine dell’amore di Dio, oltre che del peccato dell’uomo, immagine di impotenza, immagine del silenzio. Essa diventa così un invito a vivere ogni esperienza, compresa quella della sofferenza e della suprema impotenza, nell’atteggiamento di chi crede che l’amore misericordioso di Dio vince ogni povertà, ogni condizionamento, ogni tentazione di disperazione”. Queste parole del Papa, pellegrino davanti alla Sindone, ci stimolano a non sottovalutare la terribile tragedia del Cristo sofferente come pure ci aiutano a cercare con speranza nella Passione di Gesù il balsamo di consolazione su tutte le sofferenze nostre e dell’intera umanità. Ciascuno di noi è invitato a mettere a confronto le moltissime croci dell’umanità ed anche le proprie croci personali con la salvifica croce di Cristo.
Solo così è possibile gettare un fascio di luce sull’oscurità misteriosa di tante nostre sofferenze di fronte alle quali restiamo muti e disorientati. Quante croci schiacciano le spalle di molti nostri fratelli e sorelle: le croci degli ammalati e moribondi, dei tanti poveri che ci vivono accanto, quelle di coloro che non hanno lavoro e quindi un reddito, la situazione di tante famiglie lacerate e divise, la fatica di molti immigrati onesti a sentirsi accolti e integrati, le persecuzioni di vario tipo che ancora oggi colpiscono la Chiesa. Tutto questo noi portiamo a Gesù come il sacrificio nostro e dei fratelli unito al suo sacrificio. Così riusciamo ad andare oltre il nostro limite e considerare che Gesù, l’innocente per eccellenza, ha scelto di soffrire e patire, fino a morire crocifisso per legare ad ogni nostra sofferenza il dono di una grazia che porta con sé un valore redentivo per noi e per l’umanità, soprattutto quando, pur senza capire, riusciamo a fare di ogni croce un’offerta sacrificale al Signore con la certezza di fede che mai il suo amore ci viene a mancare, anche nella possibile e sicuramente più grande prova del silenzio di Dio.
3. Da ultimo non dobbiamo dimenticare che durante il tempo dell’Ostensione avremo la gioia della presenza a Torino del Santo Padre Benedetto XVI, quando il 2 Maggio prossimo Egli verrà in Visita Pastorale alla nostra città e diocesi. Personalmente mi attendo molto da questa Visita del Papa non solo perché Sua Santità si fa presente a tutti noi per confermarci nella fede, secondo il mandato che Gesù ha affidato a Pietro, di cui il Papa è successore. Ma so che il Santo Padre quando sarà davanti alla Sindone ci proporrà una sua meditazione. Quanto ci dirà in quel momento lo considereremo un dono preziosissimo perché Papa Benedetto ha il carisma particolare di saper presentare le grandi verità della fede non solo con la sua straordinaria competenza di grande teologo, ma anche con uno stile di linguaggio semplice e comprensibile a tutti. Quanto il Papa ci dirà davanti alla Sindone sarà per noi un tesoro prezioso da custodire a lungo nel cuore: dovremo ascoltarlo, entrando in sintonia con la sua parola e la sua testimonianza di fede e poi conservare le sue parole come il frutto più prezioso dell’evento dell’Ostensione della Sindone del 2010.
Questo è l’augurio che con affetto di pastore in questa “Pasqua speciale” desidero fare a coloro che dal Signore sono stati affidati al mio ministero episcopale. Ho voluto far parlare il cuore per esprimere in modo essenziale i frutti spirituali che auspico possano venire a noi di Torino e ai numerosi pellegrini che giungeranno nella nostra città nell’occasione dell’Ostensione della Sindone e prima ancora dalla celebrazione della Pasqua.
Fin d’ora dobbiamo intensificare la nostra preghiera perché
da sempre sono convinto che la peculiare grazia a noi concessa che la Sindone sia arrivata a Torino ci stimola a domandarci che cosa il Signore ha voluto dire a noi di Torino con questa scelta e quanta responsabilità dobbiamo sentire per vivere più sintonizzati alla sofferenza di Cristo, di cui la Sindone è un forte richiamo, e di conseguenza per migliorare la qualità della nostra vita cristiana a tutti i livelli: personale, familiare e sociale, così che tutti possano ricevere uno stimolo maggiore per una sincera ricerca della luce della fede dalla nostra testimonianza di veri discepoli di Cristo crocifisso e risorto.
Quel Gesù, di cui il Telo sindonico è specchio e messaggio, e che noi credenti professiamo nella fede pasquale come veramente risorto e perciò vivo e presente nella nostra storia, raggiunga il cuore di ogni uomo e donna di buona volontà per far loro sentire che in qualunque situazione di vita si trovino sono da Lui amati in modo infinito e personale.
+ Severino Card. POLETTO
Arcivescovo di Torino