Essere pastore in una delle città più violente del mondo

Parla monsignor León, Vescovo di Ciudad Juárez (Messico)

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Omar Árcega

CIUDAD JUÁREZ, lunedì, 8 marzo 2010 (ZENIT.org).- Monsignor Renato Ascencio León, Vescovo di Ciudad Juárez, ha condiviso con ZENIT alcune riflessioni sulla violenza, il narcotraffico e il ruolo della Chiesa nella zona di Ciudad Juárez (Messico), dichiarata una delle più violente del mondo.

“La violenza suscita una grande preoccupazione. Siamo parte di una società e questo clima di insicurezza ci ha uniti”, ha affermato.

“Come responsabile di questa comunità diocesana, posso dire che la Chiesa non accetta la cultura della morte che da tempo si è insediata nella città”, ha aggiunto.

La gente, sottolinea, non ha paura di andare a Messa perché “sa contro chi si dirigono gli attacchi”. “Anche se ci può essere gente innocente tra le vittime, non si tratta di attacchi alla gente pacifica e che rispetta la legalità”.

“Le persone assistono al culto. Come prova abbiamo il Mercoledì delle Ceneri: i templi sono stati fino a tarda sera pieni di fedeli che ricevevano le ceneri”.

La Chiesa, segnala il presule, ha partecipato al dibattito sulla situazione a due livelli: “in primo luogo ci siamo riuniti con rappresentanti di altri culti e abbiamo discusso e apportato proposte. In un altro momento siamo stati presenti la prima volta che è venuto il Presidente. Mi è spettato di esporre ciò di cui avevamo parlato nell’incontro della Chiesa cattolica”.

In quest’ultima occasione, ha ricordato, sono state analizzate le cause del clima di violenza, sottolineando come quelle principali siano “la povertà e l’ingiustizia”.

A questo proposito, ha citato “la perdita degli impieghi alla frontiera”, “la disintegrazione familiare” – “i genitori devono andare via a lavorare, non ci si cura dei figli e questi crescono senza un orientamento” -, “la diserzione scolastica” – che fa sì che molti giovani avranno problemi a trovare “impieghi legali”, rischiando di venire coinvolti in attività criminose -, “la mancanza di spazi per sviluppare le attitudini proprie della gioventù: sport, attività artistiche e ricreative”.

Quanto alla presenza dell’esercito a Ciudad Juárez, monsignor León ha riconosciuto che non si può dire come sarebbe la situazione se questo mancasse e che “non è la cosa migliore il fatto che i militari svolgano compiti di polizia, ma di fronte a un’emergenza l’esercito ha un ruolo importante, e a Ciudad Juárez si vive una situazione straordinaria, di vera emergenza”.

L’esercito, tuttavia, sta commettendo angherie nei confronti di alcuni. “Siamo d’accordo che in un’emergenza l’esercito vegli sulla sicurezza dei cittadini, ma non saremo mai d’accordo con gli eventuali abusi che si possano verificare”, ha dichiarato il presule.

In questa situazione che non risparmia neanche i presbiteri – “senza dover andare lontano, la settimana scorsa uno dei miei sacerdoti è stato assaltato e minacciato” -, monsignor León chiede di pregare “perché questa condizione abbia fine, e pace e tranquillità tornino a Ciudad Juárez”.

Allo stesso modo, chiede di formare i giovani, promuovendo valori tali da far sì che “non vivano in futuro ciò che stiamo vivendo noi ora”.

[adattamento di Roberta Sciamplicotti]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione