La Natura tra cultura e libertà

Intervista alla prof.ssa Clementina Collevati, antropologa e filosofa

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di Marialuisa Viglione

ROMA, martedì, 2 marzo 2010 (ZENIT.org).- Si è svolto a Roma, il 22 e 23 febbraio, presso la Università Pontificia della Santa Croce il XIII convegno di studi della facoltà di Filosofia sul tema “Natura, cultura, libertà”.

Nella cultura odierna anche il concetto di natura è stato relativizzato. Alcuni propugnano un “ritorno alla natura”, nel desiderio di prendere le distanze da un mondo artificiale; altri considerano la natura solo come un ambito da dominare e da trasformare mediante la tecnica; altri ancora negano ogni idea di natura dalla quale dedurre orientamenti stabili per la condotta umana.

Il convegno ha cercato di mettere in luce che nella riflessione antropologica è impossibile prescindere del tutto da un’idea di natura umana e che quest’ultima non solo non contraddice la libertà della persona, ma la rende possibile.

Inoltre, la dimensione culturale dell’esistenza umana, storicamente caratterizzata, non implica un assoluto relativismo dei valori, giacché è possibile riscontrare alcune costanti antropologiche nelle diverse culture.

Per cercare di capire la sostanza e il fine ultimo del convegno, ZENIT ha intervistato la professoressa Clementina Collevati, docente di Antropologia filosofica.

Ha ancora senso parlare di libertà e natura?

Collevati: Non solo ha un senso, ma è l’unica strada per uscire dal nichilismo in cui stiamo precipitando. Pensi che è già possibile immaginare robot al posto di uomini e che molti non hanno idea della differenza tra un robot e un uomo.

La cultura si sovrappone, contrasta o interagisce con la natura?

Collevati: Questo è uno dei punti centrali del dibattito. La natura precede la cultura, ne è l’origine e al tempo stesso ne beneficia, se la cultura costruisce. Oppure ne soffre, se la cultura decostruisce.

Oggi è giusto dire che l’uomo è libero?

Collevati: Nonostante tanti progressi per rendere possibile la libertà, sono ancora numericamente poche le nazioni in cui è davvero promossa e tutelata. L’Occidente è solo una parte del mondo. Libertà e diritti dell’uomo vanno insieme. La Carta dei diritti dell’uomo (lo ha ricordato anche il professor Francesco Viola nella sua relazione) è riconosciuta in Paesi che inizialmente non lo avevano fatto, ma ci sono ancora repressioni religiose, sopraffazioni, discriminazioni, razzismi.

Allora siamo più liberi in Occidente?

Collevati: L’uomo è più libero, perché ha ottenuto dalle legislazioni attenzione per la libertà di religione, di stampa, di pensiero. Ma è anche meno libero, perché attraverso lo sviluppo tecnologico ha prodotto nuove situazioni senza averle prima vagliate alla luce delle sue possibilità e dei suoi limiti naturali, e, di fatto, non sa come gestirle.

A cosa si riferisce?

Collevati: L’allungamento della vita, le armi nucleari, l’applicazione della tecnica alla vita umana.

Allora multiculturalismo o globalizzazione?</b>

Collevati: Dalla tavola rotonda dei professori Marcello Pera, Pierpaolo Donati, Stefano Semplici e Stefano Zamagna ho ricavato alcune nozioni su cui vorrei riflettere. Entrambe le concezioni hanno una forte componente economica, che spinge piuttosto nella direzione della globalizzazione.

Le istanze naturali preferiscono tutelare le identità culturali e salvaguardare la ricchezza delle diversità. Aldilà delle ideologie e della politica internazionale, sono d’accordo con il professor Pierpaolo Donati sulla necessità di promuovere la riflessione sulle relazioni primarie per lo sviluppo dell’uomo: famiglia, amicizia, religione. E’ auspicabile che sorgano nuove categorie razionali che possono illuminare anche le relazioni più complesse sulle quali è intessuta la società culturale ed economica.

Tutto è monetizzato: si parla di finanziarizzazione dell’economia. E la cultura,
l’uomo che posto hanno?

Collevati: Uomo e cultura rischiano fortemente di essere travolti, e la natura stessa, senza il suo custode, non avrebbe più difese da se stessa. Occorre rimettere al timone la ragione, ma non quella illuminista, che ha già fallito; piuttosto quella autenticamente umana, che ha di mira il senso dell’esistenza.

Qual è stato il punto centrale dell’intervento di Marcello Pera, che difende la globalizzazione?

Collevati: L’individuazione di possibili punti di dialogo tra posizioni culturali tradizionalmente antitetiche, come il liberismo e il comunitarismo. Si tratterebbe di tracciare i confini tra principi irrinunciabili delle diverse culture e strategie, condivisibili nelle aree territoriali.

E il multiculturalismo è positivo?

Collevati: Tra natura e cultura, tra le varie culture si deve avviare un dialogo relazionale (seguo il filo dell’intervento di Pierpaolo Donati) che amplii e sviluppi le capacità della ragione umana.

Per quel che riguarda la natura umana, il genere e l’identità: cosa ha voluto dire Jutta Burggraf?

Collevati: Che i sessi sono due, che i generi sono sei o più di sei. Che la propria identità sessuale segna così fortemente la persona da originare sofferenza quando il genere scelto contraddice la biologia. Che dobbiamo fare attenzione a rispettare le diversità senza però favorire un aumento dei disagi.

Per lei è giusto?

Collevati: Sono d’accordo con lei.

Lo vive?

Collevati. Cerco di viverlo, e non lo trovo difficile.

A cosa e a chi è servito il convegno?

Collevati: Il convegno ha posto in dialogo specialisti e ricercatori di aree culturali tra loro diverse, dimostrando la possibilità di armonia e fecondità di idee e intenti. Ha anche confermato la forza autoriflessiva della ragione, capace di sperare e di progettare.

Chi beneficia di questo effetto?

Collevati: La Pontificia Università della Santa Croce ha una potenzialità comunicativa molto alta: docenti e studenti, pubblicazioni, web. La cultura viaggia su questi veicoli.

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ZENIT Staff

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