ROMA, lunedì, 26 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Alla sequela di Cristo e testimoniando la libertà del Vangelo, “tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la ricchezza di vita”.
E’ quanto si legge nel Messaggio per la 32ma Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 7 febbraio 2010. Il testo, firmato dal Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ricorda che il benessere economico “non è un fine ma un mezzo, il cui valore è determinato dall’uso che se ne fa”. E’ quindi “a servizio della vita, ma non è la vita”.
Quando pretende di “sostituirsi alla vita e di diventarne la motivazione”, anzi, “si snatura e si perverte”.
“L’uso distorto dei beni e un dissennato consumismo”, ricorda il Consiglio Permanente della CEI, possono infatti “sfociare in una vita povera di senso e di ideali elevati, ignorando i bisogni di milioni di uomini e di donne e danneggiando irreparabilmente la terra, di cui siamo custodi e non padroni”.
La povertà come minaccia
Il Messaggio, intitolato “La forza della vita una sfida nella povertà”, sottolinea ad ogni modo che “una certa sicurezza economica costituisce un’opportunità per realizzare pienamente molte potenzialità di ordine culturale, lavorativo e artistico”.
Il benessere economico, infatti, “può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana”, e “arginando la precarietà che è spesso fonte di ansia e paura può concorrere a rendere ogni esistenza più serena e distesa”, consentendo “di provvedere a sé e ai propri cari una casa, il necessario sostentamento, cure mediche, istruzione”.
Per questo motivo, la CEI afferma di avvertire “tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta”, sottolineando che “la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti”.
“La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità”, osserva il Messaggio.
“Proprio perché conosciamo Cristo, la Vita vera, sappiamo riconoscere il valore della vita umana e quale minaccia sia insita in una crescente povertà di mezzi e risorse – proseguono i firmatari del testo –. Proprio perché ci sentiamo a servizio della vita donata da Cristo, abbiamo il dovere di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi”.
Solidarietà per dissuadere dall’aborto
La crisi economica che il mondo sta attraversando può tuttavia costituire “un’occasione di crescita”, osservano i Vescovi, perché “spinge a riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri” e “fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio”.
A questo proposito, il Messaggio denuncia “ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto”, constatando che “sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande”.
“Proprio il momento che attraversiamo ci spinge a essere ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza”, ricordano i presuli.
“Ci fa ricordare che, nella ricchezza o nella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale”, conclude il testo.