ROMA, lunedì, 19 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Fontem, una regione sperduta nella foresta equatoriale del Camerun occidentale anglofono, terra del popolo Bangwa, è diventata “terra di pace”.
“Prefetti e magistrati notano una diminuzione dei processi in Tribunale. Diminuiscono i divorzi. C’è più dialogo nelle famiglie”. E’ la testimonianza di una donna bangwa, la dott.ssa Mary Ategwa, intervenuta domenica 18 ottobre a Roma all’incontro promosso dal Movimento dei Focolari per approfondire insieme ad alcuni partecipanti al Sinodo alcune sfide al centro dei lavori assembleari.
Dall’evangelizzazione alla riconciliazione
Mary Ategwa ha raccontato che “le donne che vendono al mercato si rifiutano di imbrogliare i clienti” e che “tanti si sentono spinti a fare il primo passo verso la riconciliazione e l’amore fraterno”.
“Sono i frutti della nuova evangelizzazione di cui sono primi protagonisti proprio i re, detti Fon, e i capi villaggio – ha aggiunto –. E’ un’ondata di vita nuova che nasce da un solenne patto d’amore reciproco, fatto da Chiara Lubich nel 2000 a Fontem con due capi tribù”.
“Un patto a cui avevano aderito le migliaia di persone presenti nella grande spianata davanti al palazzo reale – ha continuato Ategwa –. Ne nasce l’impegno di sanare sempre ogni screzio e conflitto. In 9 anni questa vita del Vangelo ha raggiunto varie altre tribù dal Sudovest al nord ovest del Paese”.
Tanto che, ha sottolineato Maria Voce, Presidente dei Focolari, il Fon di Fontem, Lucas Njufua, la massina autorità civile e religiosa del popolo Bangwa, ha espresso pubblicamente la gratitudine del suo popolo, un tempo a rischio di estinzione, “non solo per l’ospedale, le scuole e le molte opere portate avanti, in poco più di 40 anni, dal Movimento insieme al popolo, ma soprattutto per questa corrente di amore e di unità che sta cambiando la sua gente”.
L’inculturazione
E mentre al Sinodo si discute sulla necessità di una più profonda inculturazione del Vangelo, Maria Magnolfi, docente di Sacra Scrittura al Seminario maggiore di Pretoria (Sudafrica), ha parlato dei frutti del Centro di inculturazione nato nel ’92 a Nairobi, nell’annuncio del Vangelo, nell’accompagnamento di vocazioni, nell’impegno sociale.
Da questa esperienza è nata, ha detto, una profonda “inter-inculturazione tra le culture africane stesse ricche di diversità etniche”, che ha permesso di accostarsi ad esse con “occhi nuovi di amore” e con una “nuova consapevolezza delle proprie radici”.
“Tutto parte, come suggeriva Chiara Lubich, dall’evidenziare e studiare la sapienza africana, il patrimonio delle loro culture, illuminato da quel ‘farsi uno’ con l’altro, dal ‘farsi tutto a tutti’ di S. Paolo, che mette in posizione di imparare e fa entrare nell’animo del fratello”, ha affermato Maria Magnolfi.
Lotta alla corruzione
Patience Mollé Lobé, la prima donna camerunese ingegnere del genio civile ad entrare in un Ministero dei lavori pubblici, ha parlato delle non poche difficoltà incontrate nella lotta alla corruzione, ma superate nell’impegno di non cedere alle pressioni.
“Le imprese che erano convinte di dover comprare qualcuno per far andare avanti le loro pratiche, ora sanno che in qualche parte del Camerun si lavora senza corruzione”, ha detto.
“Con gli altri amici che condividono questa spiritualità e che lavorano nell’amministrazione o in politica ci incoraggiamo – ha continuato – . Crediamo fortemente che il nostro Paese andrà avanti solo con un cambiamento di mentalità. L’esperienza ci convince che la Parola di Dio ha una potenza straordinaria in qualunque ambiente ci troviamo”.
Formazione spirituale dei sacerdoti
Su richiesta dei Vescovi del Kenya, nel 2001 è nato un Centro di spiritualità nella cittadella dei Focolari nei pressi di Nairobi, aperta a sacerdoti e seminaristi di tutta l’Africa. Le parole d’ordine sono studio e riflessione ma innanzitutto Vangelo vissuto nel lavoro manuale, nei contatti personali, nella comunione delle esperienze.
In 8 anni sono passati tanti sacerdoti: hanno trovato luce per i rapporti con i propri Vescovi, con gli altri sacerdoti, con i laici, nell’affrontare le questioni affettive, l’attivismo, la gestione dei beni ecclesiastici.
Le diverse dimensioni della vita trasformate in amore sono così diventate esperienza di Dio, gioia e profonda, piena realizzazione.
Sant’Egidio, per la pace e contro l’Aids
Mario Giro della Comunità di Sant’Egidio ha parlato degli sforzi portati avanti da questa associazione laicale nella pacificazione del Mozambico, a partire dal luglio del 1990 quando presso la sede della Comunità a Roma hanno avuto inizio i negoziati, conclusisi il 4 ottobre 1992, che hanno posto fine a sedici anni di guerra con un milione di morti.
La Comunità di Sant’Egidio ha poi continuato ad essere presente in Mozambico con progetti di sostegno alla democrazia e allo sviluppo, tanto che oggi ci sono comunità di Sant’Egidio in 38 luoghi diversi del Paese.
La pace, ha spiegato Mario Giro, è innanzitutto lotta interiore per conformarsi a Gesù umile e mite di cuore, ma è anche dialogo, ascolto, amicizia coi poveri che diventa metodo per la mediazione nei conflitti, puntando al cambiamento del cuore, alla scuola del Vangelo.
E’ poi stata la vota del responsabile del progetto DREAM (“Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition”) contro l’Aids in Guinea Conakry, Kpakilé Felemou.
Questo progetto, lanciato nel 2002 e attivo inizialmente in Mozambico, Malawi, Tanzania, Kenya e Guinea Bissau, si è ora esteso ad altri Paesi africani.
A questo proposito, Kpakilé Felemou ha testimoniato che il principio di risanamento è saldamente legato all’amicizia che attinge forza dalla preghiera e si fa aiuto materiale, azione di prevenzione e cura della pandemia, che è prima di tutto profondo rinnovamento interiore.
[Per maggiori informazioni: www.focolare.org, www.santegidio.org]