La Santa Sede: combattere la droga per difendere la famiglia

Intervento dell’Arcivescovo Migliore alle Nazioni Unite

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, venerdì, 9 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La lotta al traffico di droga è fondamentale per la difesa della famiglia, ha affermato questo giovedì a New York l’Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

Il presule è intervenuto alla 64ma sessione dell’Assemblea Generale davanti al Terzo Comitato sull’item 105, “Controllo internazionale delle droghe”, ribadendo l’importanza della famiglia come “pietra angolare della riduzione della domanda e delle strategie di cura” nel settore delle sostanze stupefacenti.

“Visto che molte cause e conseguenze della dipendenza da sostanze psicotrope sono collegate alle dinamiche familiari”, ha osservato, “la prevenzione, la cura, la riabilitazione e gli sforzi si dovrebbero concentrare sui rapporti familiari nelle loro dimensioni biologiche, psicologiche, sociali, culturali ed economiche”.

Ciò, ha aggiunto, è ancor più importante visto che “l’abuso di droghe può indebolire la famiglia, che è la base della società, danneggiando così il tessuto sociale della comunità e contribuendo perfino alla destabilizzazione della società”.

Le ricerche, del resto, continuano a sottolineare che “i principi fondamentali della società si apprendono in casa”.

Alternative reali

Nel suo discorso, il rappresentante della Santa Sede ha sottolineato che l’abuso di droghe “continua a impedire alle capacità degli individui, delle comunità e delle Nazioni di raggiungere lo sviluppo economico, politico e sociale”.

L’abuso di droghe, ha sottolineato, “coinvolge individui di ogni status socio-economico”, rappresentando “una fonte di evasione finanziaria, emozionale e psicologica con effetti devastanti sulle persone e sulle loro famiglie”.

Per questo motivo, la delegazione vaticana “concorda decisamente sul fatto che la salute globale dell’individuo sia al centro del controllo del consumo di droghe e che come società si debbano difendere la salute e la dignità delle persone evitando l’uso di droghe e alleviando la sofferenza dei tossicodipendenti attraverso la cura”.

Affrontare le necessità sanitarie degli individui, ha rilevato, sarà tuttavia insufficiente se non si riuscirà anche a far fronte ai “vari fattori che portano alla produzione e al consumo di droghe”.

A tale proposito, l’Osservatore Permanente ha ricordato come i Paesi in via di sviluppo e le popolazioni afflitte dalla povertà siano “particolarmente vulnerabili agli effetti devastanti del traffico di droga perché sono punti strategici per il traffico o coltivatori a buon mercato”.

In questi Paesi, ha sottolineato, si stanno ad ogni modo attuando programmi di sviluppo che forniscono alle famiglie contadine “reali alternative alle coltivazioni di papaveri e di coca che causano distruzione e spargimento di sangue”.

Questi programmi, ha dichiarato il rappresentante vaticano, “devono continuare ad essere sostenuti a livello nazionale, regionale e internazionale”, così come dovrebbero essere compiuti “maggiori sforzi per sottolineare il nesso causale tra il crescente sviluppo e lo sradicamento del traffico di droga”.

Reazione a catena

La delegazione vaticana ha quindi ricordato “con particolare preoccupazione” i legami “sempre più ovvi” tra il traffico di droga e “altre tragedie umane come il traffico di esseri umani, la proliferazione di armi di piccolo calibro, il crimine organizzato e il terrorismo”.

Questi elementi, ha segnalato, “mostrano che l’abuso di sostanze non è una trasgressione senza vittime, ma ha un impatto devastante e di vasta portata sulla comunità”, e a subirne le conseguenze sono principalmente “i poveri e i vulnerabili”.

“Gli individui che cadono preda dell’uso e dell’abuso di droghe hanno bisogno di sostegno e assistenza da parte dei membri della loro famiglia, della comunità e della società”, ha concluso.

“Quanti hanno combattuto e vinto l’afflizione dell’abuso di droghe sono modelli davvero positivi e, essendo ‘ambasciatori di speranza’, possono avere un’influenza importante sulla vita degli altri”.

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ZENIT Staff

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