KIRKUK, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).- E’ stato assassinato questo sabato Imad Elia Abdul Karim, infermiere cristiano di 55 anni, sequestrato davanti alla sua casa nel quartiere di Mualimin, a Kirkuk (Iraq).
Fonti locali hanno riferito ad AsiaNews che questo sabato la polizia ha rinvenuto il cadavere dell’uomo “buttato” per strada, nel quartiere di Dumez e Asra Wa Mafqudin. E’ lo stesso luogo in cui sono stati uccisi in precedenza Aziz Risqo, un importante funzionario cristiano della città, e due donne. Secondo un primo rapporto medico, il corpo “presenta evidenti segni di tortura”.
Nello stesso giorno, monsignor Louis Sako, Arcivescovo di Kirkuk, aveva rivolto un appello alle autorità e ai giornali locali per la liberazione, definendo la situazione dei cristiani “preoccupante” perché negli ultimi mesi sono sempre più “obiettivo di minacce, sequestri e omicidi”.
Il rapimento è avvenuto nel pomeriggio del 3 ottobre. Durante l’assalto, il gruppo – formato da tre persone – ha aperto il fuoco ferendo l’infermiere, sposato e padre di due figli.
Fonti locali hanno spiegato che Imad Elia Abdulkarim stava riparando la sua automobile quando è arrivato un “gruppo di tre persone che ha sparato” in direzione dell’uomo. I malviventi lo hanno portato via, facendo poi perdere le proprie tracce.
“Imad – ha detto un cristiano – è un uomo buono molto noto nell’ambiente della sanità a Kirkuk. Il motivo del sequestro potrebbe essere un’eventuale richiesta di denaro, o potrebbe essere collegata alla sua attività professionale”.
La comunità cristiana conferma il clima di “paura” per i numerosi casi di “sequestri e omicidi avvenuti quest’anno”. Dopo il rapimento del medico Samir Gorja, alcune famiglie “hanno abbandonato la città. Il Governo non fa nulla e i cristiani sono diventati un obiettivo” da attaccare.
Lo stesso giorno del sequestro, l’Arcidiocesi di Kirkuk ha rivolto un appello per la liberazione dell’infermiere. In un messaggio ai media e alle autorità cittadine, monsignor Sako ha confermato che “i cristiani sono un bersaglio della violenza” e ha denunciato quanti “mirano a guadagni politici” o “approfittano di una mancanza d’ordine” per continuare a sequestrare persone e a chiedere “riscatti in denaro”.
“Tutti – ha ricordato il presule – sanno che i cristiani sono cittadini di questo Paese e di questa città; nessuno dubita del loro amore per la patria, della loro sincerità”.
Allo stesso modo, ha parlato di “atti contro i cristiani che vogliono avere un ruolo nella ricostruzione del Paese” e di “una cultura dell’umiliazione che rifiutiamo con forza”, e ha invitato “le autorità governative e le persone oneste dell’Iraq e di Kirkuk a fare di tutto per difendere i cittadini, chiunque siano”.
Rinnovando la richiesta di “dialogo e cooperazione sincera”, monsignor Sako chiedeva “ai sequestratori di Imad Elia Abdul Karim di avere timor di Dio” e di liberare l’ostaggio perché potesse “tornare dalla sua famiglia e dai suoi figli il prima possibile”. Un appello che non è stato ascoltato.