Il Papa ha ragione: l’AIDS non si ferma con il condom

Intervista al dott. Renzo Puccetti e al dott. Cesare Cavoni

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Hanno destato scalpore le dichiarazioni del Cardinale del Ghana Peter Kodwo Appiah Turkson, in merito all’uso del profilattico all’interno di una coppia dove uno dei due è contagiato dall’AIDS.

Rispondendo alle domande di un giornalista il relatore generale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha spiegato che è più efficace investire in farmaci antiretrovirali piuttosto che in preservativi al fine di contenere la diffusione dell’AIDS.

La risposta ha riaperto il dibattito sull’uso dei profilattici come tecnica per contrastare la diffusione dell’Hiv.

Sulla questione il Pontefice Benedetto XVI si era già espresso e ne era nata una tempesta mediatica.

Per cercare di comprendere quali sono le argomentazioni che sottostanno al dibattito e che sembrano coinvolgere così tanti interessi, ZENIT ha intervistato il dott. Renzo Puccetti e il dott. Cesare Cavoni, il primo medico, l’altro docente di bioetica e giornalista di Sat2000, conduttore del programma “2030 tra scienza e coscienza”, che hanno appena consegnato all’editore il libro “Il Papa ha ragione! L’Aids non si ferma con il condom” (Fede & Cultura).

Cosa pensate delle dichiarazioni del Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson in merito all’uso del profilattico?

Puccetti: A leggere i giornali sono rimasto allibito, poi però ho letto la trascrizione dell’intervento del Cardinale e allora ho compreso che si trattava dell’ennesimo caso di distorsione del messaggio. Il Cardinale per prima cosa non si è soffermato su una valutazione morale della questione, allo stesso tempo attraverso le sue dichiarazioni non si è per niente discostato dal costante insegnamento morale della Chiesa.

Il Cardinale riconosce, come è logico, che insieme ai farmaci antiretrovirali, l’uso del preservativo si oppone alla diffusione dell’AIDS nei casi in cui non si ricorra all’astinenza e alla fedeltà. Si sta parlando quindi di quanto teoricamente può essere messo in campo.

Il Cardinale poi prosegue riferendo l’esperienza dei presidi sanitari del Ghana riconducibili alla Chiesa Cattolica, secondo cui nelle famiglie in cui è stato proposto il preservativo la prevenzione ha funzionato soltanto se ci si è risolti ad abbracciare la fedeltà. Il Cardinale ha ricordato che anche in caso di rapporti tra persone sierodiscordanti il ricorso al preservativo è fonte di una falsa sicurezza, aggravata dal fatto di affidarsi ad un manufatto.

Quando il presidente dell’Uganda ha dato il via alla strategia ABC (Abstinence, Be faithful, Condom) che si è rivelata estremamente efficace nel contrastare l’epidemia di AIDS e che poi è stata presa a modello con pari successo in altri paesi africani, egli diceva cose assai simili a quello che ieri ha detto il Cardinale: la vita non può essere giocata affidandola ad un sottile strato di lattice.

Ma il preservativo serve o no a fermare l’AIDS?

Puccetti: Non è facile rispondere in modo secco, ma se devo dire se il preservativo serve a fermare l’AIDS nelle epidemie generalizzate la risposta che mi sento di dare sulla base del corpo di conoscenze scientifiche disponibili è “no”.

Perché potesse funzionare l’uomo dovrebbe essere qualcosa di non troppo diverso da un topolino in una gabbia a cui prima di ogni copula qualcuno infila il preservativo. In quel caso il preservativo potrebbe essere utile.

Siccome però l’uomo non è un topolino, non vive nelle gabbie e non ci sono professionisti pronti ad infilare il condom, non ci deve stupire che l’efficacia teorica non la si ritrovi poi sul terreno della vita reale.

Perchè avete deciso di scrivere un libro su questo tema?

Cavoni: Questo libro nasce da una triste constatazione, e cioè che spesso l’informazione parla di fatti che non conosce e, per giunta, li deforma. È quello che è successo durante la prima visita del Papa in Africa nel marzo di quest’anno.

Ecco: il libro nasce da questa tristezza e, anche, dalla rabbia di vedere calpestati i principi fondamentali di una corretta informazione. Nello stesso tempo ci sembrava doveroso far conoscere al pubblico i fatti così come si erano svolti e, in qualche modo, far partire gli occhi all’opinione pubblica, in modo tale che non prenda come oro colato goffe strumentalizzazioni, perpetrate per motivi ideologici, per superficialità o per entrambe i fattori.

Come è impostato il libro e quali sono gli argomenti che sollevate per dire che il Papa ha ragione?

Puccetti: Il libro si articola in due parti. Nella prima è stato ricostruito con fedeltà assoluta il lavoro di impiastricciamento delle dichiarazioni del Santo Padre; dalla lettura del libro diventa oltremodo evidente la progressiva distorsione del messaggio operata con aggiunte, omissioni, sostituzioni. Abbiamo poi trascritto, così come fate voi oggi con quelle del Cardinale Turkson, le parole esatte del Pontefice al giornalistra francese che aveva posto la domanda sul preservativo. Nella seconda parte del libro abbiamo riassunto al meglio delle nostre capacità il panorama di conoscenze offerto dalla letteratura scientifica internazionale in tema di applicazione clinica della prevenzione mediante la promozione dell’uso del condom.

Abbiamo prestato particolare attenzione ai numeri, perché riteniamo che essi possano essere una base di discussione condivisa a prescindere dall’orientamento religioso. Quando un mio interlocutore mostra di essere sorpreso se dichiarazioni di eminenti scienziati confermano quanto dice il Papa, non posso che dedurne la scarsa conoscenza dei dati che nel corso degli anni si sono sedimentati e della vastità delle voci che su riviste internazionali come The Lancet o il British Medical Journal hanno replicato agli editoriali di quelle stesse riviste. Qualche giorno fa mi sono imbattuto alla televisione in un signore piuttosto corpulento che definiva “una cavolata” le parole del Papa, poi mi sono accorto che si trattava della stessa persona che spesso appare sullo schermo con una grande parruccona bionda. Beh, se chiunque può alzarsi la mattina e dare giudizi come se fosse un epidemiologo clinico, forse allora un libro che spieghi come stanno le cose può essere utile. Sono convinto che tanta parte di una bioetica in cui è sempre più difficile ravvisare qualche traccia di etica deriva da una sciatteria scientifica davvero preoccupante.

Perchè tanto clamore alle parole del Papa e come è avvenuta la disinformazione?

Cavoni: Tutti i maggiori quotidiani nazionali ed internazionali, si sono scagliati, direttamente o indirettamente contro il Pontefice, reo di aver detto che i ‘preservativi’ non risolvono i problemi in Africa anzi li aggravano.Le critiche si sono poi accentuate nel momento in cui sono arrivati i rilevi, più feroci, da parte di vari esponenti di governo europei e perfino la risoluzione del parlamento belga che chiedeva al Papa di smentire quanto affermato.

Il punto è che chi prende posizioni così forti, si presume che sappia che cosa ha detto davvero il Papa; e invece non è andata così. Tutti parlavano ma pochi avevano ascoltato. Tant’è che in un secondo momento, molti scienziati, hanno confermato i concetti espressi da Benedetto XVI.

Dobbiamo pensare che per molte persone la prima e unica fonte di informazione, di acculturamento, o di semplice conoscenza della realtà circostante, è detemirminata da giornali e telgiornali. Vige ancora, insomma, il classico ‘l’ha detto il telegiornale’, oppure, ‘l’ho letto sul giornale’, e questo a conferma della veridictà di quanto si è appreso.

I mezzi di informazione acquisiscono cioè un principio di autorità potentissimo. Se dunque le cose, i fatti, le notizie presentate si basano su ricostruzioni parziali o sbocconcellate della realtà, il lettore riceverà in
dono una lettura della realtà deformata, non corrispondente al vero. Con questa tecnica si può addirittura creare una realtà virtuale parallela a quella reale.

Se io, dovendo riportare le parole del Papa, e commentarle, non le ascolto e non le riporto correttamente, rischio di commentare qualcosa che non è stato detto o è stato detto in maniera sostanzialmente diversa.

Il problema delle fonti giornalistiche, che devono essere accessibili eccetera eccetera, di cui si parla tanto in queste settimane, non vale solo, e non tanto, per gli atti, pubblici, delle procure, ma per l’abc del giornalismo: essere testimoni di quanto ci si appresterà a descrivere.

Non stiamo parlando di una fumosa oggettività, di imparzialità; no, stiamo parlando del fatto che devo essere presente sulla scena del fatto che descrivo. E se questo non è possibile, visto che nel caso specifico, non tutti i giornalisti possono essere al seguito del Pontefice, quanto meno mi prendo la briga di riascoltare, parola per parola, ciò che davvero il Papa ha detto e perché lo ha detto.

Invece in molti si sono fidati del sentito dire, di un primo testo, scorretto. Il resto è ordinaria storia di disinformazione.

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ZENIT Staff

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