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La questione dell’Hiv/Aids… penso che in Africa ci siano molti scenari diversi che riguardano la questione dell’Hiv/Aids. Nell’Africa meridionale c’è una situazione tragica, molto pressante, ed è a questa che rimanda la maggior parte dei riferimenti sulla situazione dell’Hiv. Ho un’esperienza personale legata al Botswana, dove ho trascorso del tempo e ho testimoniato il fatto che quasi ogni fine settimana quattro-cinque persone vengono seppellite, giovani e non. E’ come dissipare la forza-lavoro della Nazione, e l’effetto è negativo. Per quanto riguarda i rimedi, penso ce ne siano due prevalenti… Ora sono stati scoperti gli antiretrovirali, e quindi per fermare la diffusione dell’Hiv/Aids ci sono o gli antiretrovirali o l’utilizzo del preservativo, a meno che non si considerino l’astinenza e la fedeltà al partner… Abbiamo imparato dal Ghana: non abbiamo condotto una ricerca totale e approfondita su questo, ma disponiamo dei dati che abbiamo ricevuto dai nostri ospedali.
In Ghana la Chiesa cattolica gestisce circa il 30% di tutte le strutture sanitarie nel Paese; insieme al Governo, abbiamo fornito il più alto numero di strutture sanitarie, così da questa piccola ricerca abbiamo scoperto nei nostri ospedali che quando la gente propone l’uso del preservativo, questo diventa efficace solo in famiglie in cui si decide anche di rimanere fedeli. L’uso ordinario del preservativo solo come modo per fermare l’Aids non è la risorsa adatta al nostro caso. Quando i giovani ricorrono al preservativo, lo fanno solo quando c’è anche la fedeltà, nella situazione in cui uno dei partner può essere affetto da Hiv/Aids. Quanto si verifica questo caso, parliamo chiaramente, stiamo parlando di un prodotto di fabbrica, ce ne sono di varie qualità. Arrivano dei preservativi in Ghana (dove con il caldo scoppiano durante i rapporti), e quando è così questo dà ai poveri un falso senso di sicurezza che piuttosto facilita la diffusione dell’Hiv/Aids. In questo caso, siamo riluttanti anche davanti ai rapporti coniugali e di gente fedele. La gente è restia a parlarne. La nostra preoccupazione principale e la nostra priorità sono tali che ciò di cui parleremo come prima cosa sarà probabilmente questo: l’astinenza, la lealtà e la fedeltà, e l’evitare il sesso se non è il caso.
Come ho suggerito una volta a un tizio, se qualcuno viene da me con l’Hiv/Aids e vuole il mio punto di vista, il so che in tutte le situazioni di assistenza pastorale il pastore non decide mai cosa deve fare una persona. Vale lo stesso nelle situazioni di assistenza psicologica: tu esponi le questioni, le discuti con la persona e le permetti di prendere la propria decisione. E non sottovaluterei la possibilità che qualcuno che ha l’Aids, riconoscendo il proprio impegno cristiano, decida semplicemente di astenersi dal sesso. Non ne ho incontrati tanti, ma qualcuno sì; qualche cristiano e cattolico che, riconoscendo di avere l’Aids, si è astenuto o ha rifiutato di fare sesso per la paura di contagiare.
Alcuni, in questa situazione, avrebbero raccomandato l’uso del condom da parte del partner con l’Hiv/Aids per evitare di diffonderlo, ma nella nostra parte del mondo anche l’uso del preservativo a volte è rischioso, nel senso che avremo casi di preservativi scoppiati durante il rapporto, e sono state le persone stesse a parlarne, altrimenti non lo avremmo saputo nei nostri ospedali. Per questo, anche se avessimo fornito dei condom di alta qualità, molto probabilmente nessuno avrebbe potuto parlarne con certezza, ma questo non è il nostro caso. Vorrei quindi che le risorse disponibili per produrre preservativi fossero spese per finanziare i medicinali antiretrovirali. Penso che in Africa saremmo più felici di avere gli antiretrovirali. Se me lo chiedessero direi: fateci usare le risorse destinate a produrre preservativi per sostenere la produzione di farmaci antiretrovirali perché possano essere più alla portata delle persone. Ora non sono disponibili per molti a causa del costo. Se ci fossero i modi per abbattere i costi, sarebbe probabilmente il più grande favore che si potrebbe fare a quanti soffrono per l’Hiv/Aids.
[Traduzione del testo originale in inglese a cura di ZENIT]