L’Italia alla scuola del Poverello, per uscire dalle sue contraddizioni

Conclusi i festeggiamenti per San Francesco, Patrono d’Italia

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di fr. Mirko A. Sellitto*

ASSISI, domenica, 4 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Si sono spente le luci sull’annuale festa di San Francesco d’Assisi, ma l’entusiasmo per quanto vissuto nei giorni 3 e 4 ottobre resterà certamente molto vivo nel ricordo di quanti hanno partecipato in prima persona a questo evento: “la celebrazione di un uomo veramente felice!”.

I numerosi pellegrini, giunti dalla Basilicata (7000) e da altre regioni d’Italia e del mondo, hanno dato vita ad una due giorni di fede semplice e sincera, di voglia di sperare e di impegno a seguire le orme del loro Patrono. Hanno illuminato con i propri colori, sgorgati da un cuore in festa, i luoghi della memoria del Santo: la Basilica della Porziuncola, San Damiano, la Basilica di San Francesco.

La piccola e umile terra lucana si è posta alla scuola del piccolo frate di Assisi. È stata proprio la “piccolezza” uno dei temi maggiormente ripresi dai Vescovi, dai francescani e dalle autorità che hanno preso parte alle celebrazioni. La piccolezza del territorio, l’umiltà ispirata dalla terra, dal verde che lo caratterizza, così come la terra stessa di Francesco d’Assisi.

Solo chi si fa piccolo si apre all’accoglienza di un dono. E per il Poverello tutto era dono: i lebbrosi, i sacerdoti, i fratelli, la pace, la creazione, fino al riconoscimento del dono di “sorella morte”. La straordinaria grandezza di Francesco d’Assisi è stata proprio questa: saper riconoscere la presenza benefica del suo Signore, Gesù Cristo, in ogni volto e in ogni evento, per cogliere in questa una chiamata a “riparare” la Chiesa e l’umanità ferita dalla divisione e dall’odio.

Se c’è una attualità nel Santo di Assisi, sta proprio nella possibilità di essere come lui: attenti alla voce del Cristo e farsi promotori di valori di pace e bene ispirati al Vangelo.

Accendendo la simbolica lampada davanti al corpo di san Francesco, i pellegrini hanno chiesto proprio questo: di uscire dal torpore spirituale, dall’arida abitudine, dalla stanchezza della rassegnazione, per ripartire da Cristo e dalla sua Parola, per vivere nel quotidiano la bellezza del messaggio del Signore che è pace, amore, giustizia, solidarietà e condivisione.

Questa missione è per tutti, in particolare oggi per i laici, credente e non credenti. Per questo, a rappresentare la figura di Frate Jacopa – la nobildonna romana seguace di san Francesco, che gli procurò il necessario per la sepoltura – è stata quest’anno la signora Anna Vinciguerra, una laica (e non una religiosa, come avvenuto in passato), una madre di famiglia, una donna di preghiera e di carità verso gli ultimi.

A settant’anni dalla proclamazione del suo Patrono, l’Italia intera (religiosa, civile e istituzionale) è chiamata a mettersi nuovamente alla scuola di Francesco. In un tempo in cui si discute se sia opportuno far nascere o cessare una vita, ci si scontra per decidere se prendere parte a un conflitto, se accogliere o meno gli immigrati, dove i riflettori si accendono solo sui pettegolezzi e sui furbi dell’ultima ora, Francesco torna a ricordarci i valori assoluti della vita, della pace, della carità umile e discreta, dell’impegno civile, dell’accoglienza del fratello, anche di quello diverso. Il Bel Paese, bello per la grande solidarietà che sa esprimere ad ogni occasione, per la generosità che sa offire al prossimo, ricco per la cultura e la storia, illuminato da tante figure eloquenti, – come hanno ricordato il Presidente della Basilicata, Vito de Filippo e l’On. Raffaele Fitto – non può più lasciarsi mortificare dalla “polvere” che lasciano sul nostro volto l’egoismo e la rincorsa continua ad un progresso che non sa eliminare i dolori del nostro tempo.

Ma seguire Cristo e servire i fratelli come Francesco può significare ancora oggi vivere l’esperienza delle stimmate. Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo di Matera-Irsina, durante la celebrazione del Transito del Santo, ha evidenziato come paradossalmente nella cultura attuale non si è sempre liberi o accolti quando si vive per il bene o seguendo valori assoluti. Spesso coloro che scelgono di impegnarsi per la pace o in spirito di condivisione sono soggetti al rifiuto, che va dall’indifferenza fino alla vera e propria persecuzione. Ma è proprio qui che per un cristiano entrano in gioco la fede e la perseveranza.

P. José Rodriguez Carballo, Ministro Generale dei Frati Minori, ha ripetuto a nome di tutti la domanda che una volta frate Leone (uno dei primi compagni di Francesco) rivolse al Poverello: “Perché a te? Perché a te tutto il mondo viene dietro?”. E la risposta è sempre la stessa: “perché si è lasciato rapire dalla bellezza del Cristo povero e crocifisso” e si è ispirato a lui in ogni passo della sua vita.

Chi è stato ad Assisi ha guardato a Francesco per vedere, attraverso il suo corpo stimmatizzato, il volto di Cristo che ha amato l’umanità fino a dare la vita. Chi ha colto la profondità di questa esperienza è certamente ripartito con il cuore carico di gioia e con la certezza che anch’egli è chiamato a ripercorrere le orme di Francesco per rendere attuale il suo messaggio nel mondo di oggi.

<p>Tutti sono chiamati a questo, nessuno escluso!

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*Fr. Mirko A. Sellitto è responsabile dell’Ufficio Stampa dell’Ordine dei Frati Minori dell’Umbria.

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ZENIT Staff

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