ROMA, mercoledì, 30 settembre 2009 (ZENIT.org).- “Saldo nella speranza contro ogni speranza: non è una magnifica definizione del cristiano? L’Africa è chiamata alla speranza attraverso voi e in voi! Col Cristo Gesù, che ha calpestato il suolo africano, l’Africa può diventare il continente della speranza”. Con queste parole il Papa Benedetto XVI il 19 di marzo scorso presentava l’Instrumentum Laboris del Sinodo d’Africa che si terrà a Roma nel prossimo mese di ottobre. In tale contesto il Papa presentava l’Africa come continente della speranza.
Questa speranza alla quale i cristiani dell’Africa sono chiamati a testimoniare, vive in mezzo a non poche situazioni di conflitto, di povertà, di discriminazione, di abbandono, di sfruttamento e di ingiustizia dalla parte degli altri paesi più ricchi. Come sappiamo bene uno dei grossi problemi africani, che persiste tuttora malgrado molti sforzi fatti per risolverlo, è quello dell’alimentazione legato allo sviluppo dell’agricoltura. Il numero 27 della Caritas in Veritate segnala con chiarezza e acutezza questo grave problema globale: “la fame – dice il Papa – miete ancora moltissime vittime tra i tanti Lazzaro ai quali non è consentito, come aveva auspicato Paolo VI, di sedersi alla mensa del ricco epulone. Dare da mangiare agli affamati (cfr Mt 25, 35-37.42) è un imperativo etico per la Chiesa universale, che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesù”. Benedetto XVI riprende le parole profetiche di Paolo VI la cui magna enciclica sociale Populorum Progressio vuole commemorare. E ricorda che il problema della fame è strettamente legato a quello della pace e la stabilità del pianeta.
La soluzione al grave problema della fame nel mondo non è una mera questione di tipo tecnico, scientifico o sociale e neanche dipende esclusivamente dalla scarsità materiale delle risorse ma diventa innanzitutto una questione etica, dal voler veramente uscire da schemi in cui la visione dell’interesse personale non prevalga su quella della ricerca del bene comune.
L’Enciclica Caritas in Veritate traccia delle piste di soluzione ad un problema così vasto ricordando che il tema va affrontato in una prospettiva di lungo periodo che cerchi di eliminare le cause strutturali che lo provocano. Va affrontato promuovendo lo sviluppo agricolo dei paesi più poveri. In questo senso si include la considerazione dell’uso delle “nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell’ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate” (Caritas in Veritate, n. 27).
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa aveva già segnalato dei criteri etici per l’uso delle biotecnologie in una cornice più ampia di teologia cristiana della creazione che comporta una specifica etica dell’ambiente. Il Compendio invita gli scienziati e i tecnici che si impegnano in questo settore a “lavorare con intelligenza e perseveranza nella ricerca delle migliori soluzioni per i gravi problemi dell’alimentazione e della sanità” (Compendio, n. 477). Ma senza dimenticare che le loro attività riguardano materiali, viventi e non, appartenenti all’umanità come un patrimonio, destinato anche a generazioni future” (Ibid.). In questo senso l’Instrumentum Laboris per il prossimo sinodo africano, senza condannare le moderne biotecnologie, fa un pressante appello a “non dimenticare altri problemi che sono alla base come la mancanza di terra arabile, di acqua e di energia, di acceso al credito, di formazione agricola, di mercati locali, di infrastrutture stradali” (n. 58).
“Le nuove possibilità offerte dalle attuabili tecniche biologiche e biogenetiche suscitano, da una parte, speranze ed entusiasmi, e dall’altra allarme e ostilità” (Compendio, n. 472). Di fronte alla complessità dei problemi sociali, economici, politici, etici, la Chiesa che è in Africa si prepara a questo grande momento dello Spirito che sarà l’Assemblea Sinodale.
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*Padre Pedro Barrajón è il Rettore dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”.