di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 22 settembre 2009 (ZENIT.org).- Raccogliendo gli spunti di riflessione emersi dall’Instrumentum Laboris elaborato in vista del prossimo Sinodo dei vescovi africani a Roma, l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” (APRA) e l’Università Europea di Roma (UER) hanno voluto focalizzare la loro attenzione sul tema dello sviluppo agricolo in Africa.
Giovedì 24 settembre, alle ore 10:00 nell’aula Master dell’APRA sono previsti gli interventi di: mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace Arcivescovo di Trieste; acques Diouf, Direttore Generale della FAO; Monty Jones, Segretario esecutivo del Forum for Agricultural Research in Africa (FARA); Daniel Mataruka, Direttore esecutivo dell’African Agricultural Technology Foundation (AATF); Motlatsi Musi, agricoltore del Sud Africa; François Traore, Presidente dell’Union Nationale des Producteurs de Coton du Burkina (UNPCB).
La Giornata di Studio sul tema “Per una rivoluzione verde in Africa. Lo sviluppo è il nuovo nome della pace” verrà aperta da padre Pedro Barrajón, L.C., Rettore Magnifico dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” e da padre Paolo Scarafoni, L.C., Rettore Magnifico dell’Università Europea di Roma. Mentre a introdurre e moderare l’incontro sarà padre Gonzalo Miranda, L.C., professore Ordinario presso la Facoltà di Bioetica della “Regina Apostolorum”.
Obiettivo degli organizzatori è quello di far udire la voce degli scienziati e degli agricoltori africani affinché si trovino le soluzioni per vincere il sottosviluppo e la povertà.
Nel mondo avanzato si fa un gran parlare del problema della immigrazione, ma solo pochi sottolineano il fatto che l’unica vera soluzione risiede nello sviluppo dell’Africa, cioè nella possibilità di aiutare gli africani a conoscere e utilizzare le moderne tecniche agricole per vincere fame e degrado.
Sono pochi anche coloro che comprendono come la fuga dei giovani dai paesi di origine impoverisce la società e rende ancora più difficile la battaglia contro il sottosviluppo.
Può sembrare paradossale ma è proprio l’Africa con i suoi spazi e le sue risorse a racchiudere un potenziale che potrebbe trasformarla nel nuovo granaio del pianeta e diventare il punto di svolta della crisi alimentare mondiale.
Lo sviluppo dell’Africa porterebbe benefici enorme anche per il mondo industrializzato, perchè aprirebbe nuovi ed enormi mercati nel contesto di un processo di progresso globale.
Per cercare di comprendere la rilevanza e gli obiettivi della giornata di studio organizzata alla “Regina Apostolorum”, ZENIT ha intervistato padre Gonzalo Miranda.
Perché avete pensato all’opportunità di organizzare questa conferenza?
Miranda: L’idea nasce dall’incrocio di due preoccupazioni. Da una parte, come Facoltà di Bioetica, ci occupiamo da alcuni anni anche dei temi relativi alle biotecnologie come strumenti per lo sviluppo. Essendo poi un Ateneo Pontificio, vogliamo essere attivamente sensibili a tutte le istanze che provengono dal Santo Padre e dalla Santa Sede. Papa Benedetto XVI ha più volte sottolineato l’urgenza di cercare delle soluzioni efficaci per lo sviluppo dell’Africa. La celebrazione ormai prossima del Sinodo Speciale per l’Africa ci invita a fare uno sforzo di riflessione su questa problematica. Abbiamo pensato che questa giornata di studio potrebbe essere una occasione vera per proporre soluzioni concrete per lo sviluppo agricolo dell’Africa.
L’Africa è il continente più ricco di materie prime del mondo, ma è anche il continente dove c’è più gente che muore di fame e di malattie, dove il sottosviluppo miete ogni giorno migliaia di vittime, moltissimi bambini e bambine. Bisogna relazionarci agli africani non come clienti o come poveri disperati, ma come fratelli e sorelle. Aiutamoli con l’educazione, con la formazione, con la conoscenza delle tecniche più avanzate per la produzione agricola ed infine diamo loro la possibilità di utilizzare le sementi OGM. Ci è sembrato che la cosa più opportuna sarebbe quella di invitare alcuni esponenti qualificati dei paesi africani, scienziati e agricoltori, per sentire come pensano di sviluppare il continente, di cosa hanno bisogno, come i paesi sviluppati possano aiutarli…
In che modo intendete proporre una discussione sullo sviluppo agricolo dell’Africa?
Miranda: Il primo compito delle università è quello di fornire il luogo dove la conoscenza scientifica e le innovazioni tecnologiche possano essere cercate, comprese e spiegate. Quale occasione migliore per invitare degli scienziati africani che lavorano sulle nuove biotecnologie vegetali e agricoltori che utilizzano le nuovi sementi?
Quanto è importante sconfiggere il sottosviluppo per i popoli del continente africano?
Miranda: In Africa più dell’80% della popolazione lavora nel settore agricolo. Il sottosviluppo è tale che in molte parti non si riesce a produrre neanche il necessario per l’alimentazione delle famiglie che ci lavorano. E bastano piccole variazioni climatiche, come una stagione più secca o piogge più abbondanti per perdere i raccolti. Senza parlare delle infestanti e del degrado della fertilità del suolo. Sconfiggere il sottosviluppo significa salvare vite umane, intere comunità e permettere a questi nostri fratelli e sorelle di sfuggire alla disperazione che li spinge ad emigrare ed alimentare una speranza, per un mondo migliore dove le loro famiglie possano vivere dignitosamente grazie ai frutti del loro lavoro.
E’ compito della Chiesa proporre progetti di sviluppo?
Miranda: Non è il singolo progetto tecnico che la Chiesa deve proporre. Il grande progetto di sviluppo che la Chiesa propone è la rivoluzione cristiana, la realizzazione della civiltà dell’amore che passa per la conversione di cuore di ogni persona. Non sono i beni che mancano, e l’Africa ne è l’esempio più chiaro. È l’attenzione e l’amore verso gli esseri umani che a volte manca. Come chiaramente spiegato nella Caritas in veritate, non c’è sviluppo se non c’è chi compie azioni di amore gratuito verso l’altro, esattamente come avviene in famiglia.
Detto questo è chiaro però che la Chiesa valuta con favore il lavoro umano, la conoscenza scientifica e l’applicazione tecnologica, e li riconosce come doni di Dio, come afferma in modo forte e chiaro il concilio Vaticano II, nel numero 35 della Gaudium et spes.
Nel caso specifico è evidente che la rivoluzione verde e l’uso delle biotecnologie vegetali sono espressioni di quanto di meglio oggi si può fare in campo agricolo. La capacità degli umani di produrre sementi ingegnerizzate, capaci di crescere anche su terreni ostili, che generano piante più ricche di prodotto e di migliore qualità, in grado di difendersi dai parassiti, che hanno bisogno di meno acqua per crescere….beh, tutto questo è veramente un dono del Signore, frutto del lavoro dell’uomo per moltiplicare le risorse e rendere più bello il creato.
Scienziati e agricoltori africani chiedono di poter utilizzare le biotecnologie vegetali per incrementare le produzioni, migliorare il reddito degli agricoltori e ridurre l’impatto ambientale. Qual è il punto di vista della Dottrina Sociale della Chiesa sulle biotecnologie vegetali?
Miranda: Sono anni che la Santa Sede studia le nuove biotecnologie vegetali. La Pontificia Accademia per la Vita ha pubblicato lo studio “Biotecnologie animali e vegetali nuove frontiere e nuove responsabilità” (Libreria Editrice Vaticana, 1999).
E’ stata pubblicata in italiano l’introduzione allo studio-documento della Pontificia Accademia delle Scienze sull’uso delle piante geneticamente modificate per combattere la fame nel mondo, del 2001, (Si può consultare in: Pontificia Accademia delle Scienze, extra series n.23, Città del Vaticano, settembre 2004).
Per approfo
ndire il tema il 10 e 11 novembre del 2003, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha convocato in Vaticano 60 tra i maggiori esperti scientifici, agricoltori, associazioni ambientaliste, ministri, economisti, moralisti. Gli atti del seminario sono stati pubblicati dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (Edizioni ART, 2004) con il titolo “OGM: minaccia o speranza?”.
Nel Compendio della Dottrina Sociale Nella Chiesa (Libreria Editrice vaticana, 2004) c’è una parte del capitolo Decimo dedicato all’ambiente che tratta specificatamente “L’uso delle biotecnologie” (nn. 472-480, pp. 260-263). Nell’Enciclica Caritas in veritate appena pubblicata al n. 27 il Pontefice Bendetto XVI ha scritto che “potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell’ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate”.
In sintesi nel “Dizionario di Dottrina Sociale della Chiesa” alla voce “Biotecnologie” edito dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e pubblicato dalla Libreria Ateneo Salesiano alla voce Biotecnologie (pag. 88) è scritto: ci sono “gruppi di persone che, vedendo alcuni disastri ambientali e prevedendone altri maggiori, si oppongono fortemente allo sviluppo e all’applicazione della biotecnologia; non di rado tali gruppi sono mossi da una certa ideologia antiumanistica, quando propongono misure restrittive per la manipolazione delle specie vegetali animali, mentre favoriscono la manipolazione della persona umana, a livello di embrioni, in nome di finalità terapeutiche, ma anche con una permissività sempre più ampia nelle pratiche di aborto ecc.”
“Occorre pertanto superare i due estremi: la biotecnologia non deve essere divinizzata né demonizzata – si legge –. La tecnica e, di conseguenza, la biotecnologia è una cosa buona, ma può essere usata male; è dunque necessario che, come ogni attività umana, l’economia, la politica e via dicendo, essa sia guidata dalla morale. La biotecnologia ha prodotto concretamente un grande sviluppo in molti settori, come la medicina, la farmacologia, la zootecnia ecc. che se correttamente utilizzato, potrà risolvere molte delle questioni sociali del mondo odierno”.
Molti sostengono che le nuove biotecnologie arricchiranno solo le multinazionali. Lei cosa pensa in proposito?
Miranda: Credo che il problema non siano le multinazionali in quanto tali, ma la logica economica che sembra guidare non poche di esse. Se questa è finalizzata all’utilitarismo che pur di fare profitto passa sopra ai diritti delle persone e sfrutta selvaggiamente le risorse ambientali, è certo che ciò è male, e che non andranno molto lontano.
Se invece la logica è quella di investire per fare ricerca e realizzare prodotti che sono più efficienti, che riescono a far produrre di più e meglio, riducendo l’impatto ambientale, allora questo è un bene importante. Come insegna la dottrina sociale della Chiesa, la realizzazione del profitto non è un male, se questo va incentivare il processo virtuoso della crescita e del miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.
In diversi casi alcune imprese si sono comportante in Africa in maniera odiosa, cercando di accaparrarsi le risorse senza aiutare lo sviluppo dei popoli, ma è anche vero che gran parte dello sviluppo del mondo si sta realizzando grazie ai prodotti e alle tecnologie fornite da imprese multinazionali. E poi i consumatori non sono certo ingenui, se acquistano i prodotti delle multinazionali è perchè, tenendo presenti i costi e benefici, questi sono migliori in qualità e rendimento.
<p>Ad ottobre si svolgerà a Roma la seconda assemblea sinodale sull’Africa. Lei crede che un convegno come quello da voi organizzato potrà fornire spunti interessanti anche ai delegati al Sinodo?
Miranda: Noi speriamo ardentemente che la scienza e il buon senso delle persone che interverranno al convegno possano fornire materiale di studio e soluzioni per realizzare lo sviluppo dei popoli africani. In un certo senso abbiamo pensato di impegnare nella discussione proposta dal Sinodo anche scienziati e agricoltori che sono una parte importante della società civile africana