Il cattolicesimo non si può diluire in un discorso generico

Card. Scherer: realizziamo le opere tipiche della fede cattolica?

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SAN PAOLO, venerdì, 18 settembre 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Odilo Scherer, Arcivescovo di San Paolo (Brasile), invita i fedeli a praticare le opere tipiche della fede cattolica, evitando così che il cattolicesimo venga diluito in un discorso generico.

In un articolo pubblicato sul settimanale arcidiocesano “O São Paulo”, il porporato spiega che i musulmani “sono al termine del mese di digiuno sacro (Ramadan), durante il quale praticano il digiuno, pregano più intensamente, vanno alla moschea ad ascoltare le prediche e svolgono altre attività religiose”.

“Qualcosa di simile a ciò che i cattolici sono invitati a fare durante la Quaresima… – ha constatato –. Questo ci fa chiedere se anche noi realizziamo le opere di fede tipiche della fede cattolica, e non solo durante la Quaresima”.

Il Cardinale sottolinea poi che alcune pratiche della nostra fede “devono essere recuperate se non vogliamo che il cattolicesimo resti diluito in un discorso generico, a volte anche bello”.

Come esempio, cita la santificazione della domenica e la Messa domenicale. “Andando in chiesa, diamo una testimonianza pubblica della nostra fede in Dio, alimentiamo la vita cristiana nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio e nell’Eucaristia, e ci esortiamo alla vita di speranza e di carità”.

“Ma è importante anche l’esercizio quotidiano della preghiera, come è insegnato dalla Chiesa e in conformità con le devozioni cattoliche – osserva –. E leggere la Bibbia, Parola di Dio, con l’interesse di chi vuole ascoltare Dio”.

Secondo il porporato, “la fede cattolica, senza carità, non è autentica”; per questo, “ha bisogno di essere tradotta nelle pratiche quotidiane della carità con il prossimo”. “L’elemosina, l’aiuto concreto ai bisognosi, l’alleviamento dei dolori di chi soffre, l’impegno per la giustizia sociale e la difesa della dignità della persona e dei suoi diritti, tutte queste cose sono espressioni concrete della fede, che opera mediante la carità”.

“La Chiesa raccomanda saggiamente la pratica delle opere di misericordia, che danno un carattere concreto alla nostra fede: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati; vestire chi non ha abiti; ospitare chi non ha un tetto; visitare i malati e i carcerati, consolare gli afflitti, seppellire i defunti…”.

“Ricordiamo ancora queste cose o pensiamo che siano atteggiamenti ‘assistenzialisti’ e quindi ci giustifichiamo?”, ha chiesto monsignor Scherer. “Queste sono proprio le opere elencate nel capitolo 25 di San Matteo, nella cena del grande giudizio finale, quando Gesù dirà: ‘L’avete fatto a me’ o ‘non l’avete fatto a me’”.

“A questo proposito – conclude il Cardinale –, quando è stata l’ultima volta che ho fatto un’elemosina a qualcuno? O che ho visitato un malato? Un prigioniero? Quando ho soccorso qualcuno che era nel bisogno?”.

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ZENIT Staff

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