Mons. Coda: il "fare teologia" non è riservato a preti e Vescovi

Congresso dell’Associazione teologica italiana sulla “Teologia dalla Scrittura”

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ANDRIA, venerdì, 11 settembre 2009 (ZENIT.org).- Il “fare teologia”, inteso come pensare la fede, non è appannaggio esclusivo degli uomini di Chiesa ma è un compito proprio di ogni cristiano, in forza del Battesimo e dell’appartenenza ecclesiale.

E’ quanto ha detto il Presidente dell’Associazione Teologica Italiana (ATI), monsignor Piero Coda, inaugurando il 7 settembre i lavori del XXI Congresso Nazionale dell’Associazione che presiede, in corso fino a questo venerdì al “Park Hotel Castel Del Monte” di Andria (Bari).

I circa 150 partecipanti, teologi e teologhe provenienti da varie regioni d’Italia, hanno riflettuto in questi giorni sul tema “Teologia della Scrittura. Attestazione e interpretazioni”.

“Occorre ribadire con forza e determinazione che la vocazione e il ministero alla e della teologia non è una specificazione del ministero presbiterale, ma per sé promana dall’identità battesimale di tutti i cristiani nell’ascolto della Parola di Dio”, ha affermanto monsignor Coda.

“Questo dato – elementare e basilare – che emerge a chiare lettere dal rinnovamento conciliare, oggi appare per molti versi offuscato”, ha aggiunto.

“Quale posto, in concreto, e quali opportunità di fatto vengono offerte e promosse per l’accesso dei laici, uomini e donne, all’esercizio della teologia? – ha domandato -. Non c’è forse il consistente pericolo di un riduzionismo clericale del ministero della teologia?”.

Nel replicare a chi taccia i teologi di latitanza o poco coraggio, monsignor Coda ha affermato che se da una parte “nella comunità ecclesiale lo spazio e il ruolo riconosciuti alla teologia sono spesso sottostimati” e a livello culturale “la teologia – quella seria – è ancora troppo poco presente”, dall’altra “la qualità della teologia è sensibilmente maturata in Italia e non mancano nuove e promettenti leve”.

A suo avviso, “manca, forse, la ricerca costante e disarmata del riferimento radicale e stupito, crocifiggente e gioioso alla Scrittura. E la paresia di annunciarla, la Parola di Dio, anche attraverso l’esercizio del rigore critico della teologia”.

“Perché la teologia è in essenza serva e perciò amica della Parola che la Scrittura attesta e comunica. È lì, nell’evento che la Scrittura le porge, la sorgente della profezia di cui la teologia, con umiltà e criticità, è chiamata a farsi ministra”.

“Sarà una profezia critica, argomentata, dialogata coi segni dei tempi e con i diversi saperi – ma proprio nella fedeltà a questo suo specifico modus di essere appesa alla Scrittura sarà vera profezia: incarnazione della Parola nel soffio dello Spirito”.

La giornata dell’8 settembre è iniziata con l’Eucaristia presieduta da monsignor Bruno Forte, Arcivescovo della Diocesi di Chieti-Vasto e Presidente della Commissione Episcopale della CEI per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi, oltre che socio dell’ATI.

Nella sua omelia, il presule ha detto che “per sua natura, la teologia cristiana è parola su Dio, che rimanda alla parola di Dio, quella che Lui ha detto di sé nella storia d’Israele e nella pienezza del tempo in Gesù Cristo”.

“È parola di domanda ed insieme parola di risposta. Nella Parola essa ascolta il Silenzio; dal Silenzio riceve la Parola; fra Parola e Silenzio muove i suoi passi, linguaggio di frontiera”.

“La teologia sta al confine, continuamente rinviando all’una e all’altra sponda, fra la fragile terra dove poggiano i nostri piedi e l’abisso insondabile, che è la regione dell’Altro”, ha osservato.

“Il ponte che percorre questa asimmetria è riconosciuto dal Nuovo Testamento in Gesù, il Cristo, la Parola venuta nella carne”.

Il Dio vivo scrive la storia della salvezza con tutti: fa le sue scelte, ma non esclude nessuno.

“Ciascuno è chiamato a dare la sua risposta, ad accogliere o rifiutare il Dio che si rivela. È la libertà la dimensione che corrisponde nell’essere umano all’umiltà divina”.

“La Parola di Dio è un appello di libertà, che esige di essere accolto per quello che è, senza manipolazioni o arbitri, rispettando la libertà assoluta dell’interlocutore divino”.

Innanzitutto, la corrispondenza dell’uomo vivente al Dio vivente vuol dire “ascolto accogliente della Parola di Dio”, che “esige di fare memoria delle meraviglie di Dio” così come “delle nostre colpe e delle colpe del popolo di cui facciamo parte, per riconoscere le nostre responsabilità e cambiare il cuore e la vita”.

La vocazione di un popolo aperto all’universale disegno di Dio non potrà non misurarsi sull’accoglienza dell’altro, inteso come “fratello nella fede, con cui l’ascolto della Parola fa nascere legami necessari e profondi, condizione di interpretazione autentica della stessa rivelazione di Dio”.

Tuttavia, “la storia della salvezza ci chiama a essere responsabili in rapporto all’avvenire della terra: la responsabilità verso la giustizia e la pace e quella di natura ecologica sono componenti indispensabili dei nostri cammini di custodi del giardino”.

Il seguito della mattinata è stato dedicato all’ascolto e alla discussione della relazione di Massimo Epis, teologo di Bergamo, il quale ha affermato che “la teologia si qualifica come sapere critico della fede nella misura in cui svolge una ermeneutica del testo biblico guidata dall’interesse per la sua verità, esplicitando il ruolo insostituibile ed universalizzante della Scrittura”.

“La contrapposizione tra Dogma e Scrittura è falsa non soltanto perché entrambi attingono la res, ma perché il Dogma non riesce a comunicarla senza le modalità di accesso che la Scrittura dischiude”.

“La teologia non è tale se non è biblica, perché la fede non è autentica se non è conforme alla verità attestata nella Scrittura”.

La terza giornata del XXI Congresso Nazionale dell’ATI si è aperta con la Messa presieduta da monsignor Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana e membro dell’Associazione stessa, che ha portato l’attenzione e le attese della Chiesa italiana per l’evento e più in generale per il contributo dei teologi, incoraggiandoli a “stare, in maniera significativa ed efficace, dentro il dibattito culturale non solo accademico, ma anche sociale”.

I lavori congressuali si sono sviluppati in un’intensa mattinata di ascolto, con quattro relazioni che hanno sondato nella storia e nella tradizione alcuni “modelli di teologia a partire dalla Scrittura”: Origene, presentato dal prof. Antonio Montanari, docente alla Facoltà Teologica di Milano; Agostino, interpretato dal prof. Luigi Alici, docente di Filosofia all’università di Macerata e già Presidente nazionale dell’Azione Cattolica; San Tommaso d’Aquino, da parte di monsignor Piero Coda, Presidente dell’Associazione stessa; Lutero, riletto dal prof. Fulvio Ferrario, ordinario di Teologia sistematica presso la facoltà valdese di Teologia a Roma, che ha consentito così un interessante confronto ecumenico.

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ZENIT Staff

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