“È Gesù la rivelazione di Dio che si prende cura di ogni sofferente”

Il Cardinale Carlo Caffarra ricorda il Servo di Dio don Olinto Marella

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di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 7 settembre 2009 (ZENIT.org).- “È Gesù la rivelazione di Dio che si prende cura di ogni sofferente”. Lo ha detto questa domenica il Cardinale Carlo Caffarra nel corso dell’omelia della messa, svoltasi nella Chiesa della Sacra Famiglia nella città dei Ragazzi di S. Lazzaro di Savena (BO), in occasione del 40° anniversario della morte del Servo di Dio don Olinto Marella.

Don Olinto Giuseppe Marella nato nel 1882, si battè per debellare l’analfabetismo, fondò il “Ricreatorio Popolare” e la “Scuola Materna Vittorino da Feltre”; collaborò all’Opera Baraccati e diede vita, al “Pio Gruppo di Assistenza Religiosa negli Agglomerati di Poveri” e alle “Case Rifugio” per orfani e bambini abbandonati facendosi, per essi, mendicante.

Don Olinto istituì una prima Città dei Ragazzi con cinque laboratori-scuola cui, nel 1954, seguì la seconda a S. Lazzaro di Savena (BO) ed il “Villaggio Artigiano” con 24 abitazioni, la “Casa della Carità” e la “Chiesa della Sacra Famiglia”.

A Brento di Monzuno (BO), costruì la Chiesa di San Ansano e la “Casa del Pellegrino”.

Durante l’omelia, l’Arcivescovo di Bologna ha commentato la pagina evangelica, in cui si rivela la “cura che Dio si prende dell’uomo bisognoso”, spiegando che si collega bene con la memoria del 40° anniversario della morte del Servo di Dio Olinto Marella, “grande testimone della carità”.

Secondo il porporato, “la misericordia del Signore non ha confini, e non fa eccezioni di persone. Ogni persona è ai suoi occhi preziosa”.

Parlando della solitudine come male dei nostri giorni, il Cardinale Caffarra ha precisato che è molto significativo che Gesù guarisca un sordomuto, perchè il mezzo fondamentale attraverso cui si istituiscono le relazioni fra le persone è la parola. È parlando e ascoltando che si generano i rapporti sociali. La loquela e l’udito sono i due grandi veicoli della comunicazione.

“La mutevolezza e la sordità rendono impossibile la comunicazione – ha continuato il Cardinale – quindi introducono la persona colpita nel deserto della solitudine. Viene come disintegrato ed emarginato dal consorzio sociale”.

In questo contesto la guarigione fisica è il segno di una guarigione ben più profonda: è il simbolo della opera redentiva del Signore.

“L’atto redentivo di Cristo – ha precisato il Cardinale Caffarra – si propose di ricostruire l’unità delle persone umane: con Dio e fra di loro. Il frutto dell’opera redentiva di Cristo è la Chiesa. E la Chiesa è l’unità in Cristo di ogni persona che abbia creduto al Vangelo: di ogni persona”.

Dopo aver ricordato che la solitudine, l’emarginazione e l’estraneità sono le povertà più grandi che possano colpire una persona, l’Arcivescovo di Bologna ha ribadito che il Servo di Dio don Olinto Marella con la sua opera e con la sua vita “ha voluto precisamente liberare ogni persona sola, e quindi abbandonata a se stessa, dalla sua emarginazione”.

“La parola di Dio oggi – ha sottolineato il Cardinale – è la manifestazione della grande opera del suo amore: liberarci dalla nostra solitudine; introdurci nella sua famiglia, la Chiesa; ricostruire la vera unità fra noi”.

Dopo aver illustrato perchè “la grazia che ci è stata concessa diventa compito e missione da compiere”, il porporato ha sostenuto che “i santi della carità sono le acque che scaturiscono nel deserto delle nostre solitudini. Sono i torrenti che scorrono nella steppa del nostro egoismo. Là dove la terra dei rapporti umani era bruciata dall’oppressione, dall’emarginazione, il santo della carità fa scaturire sorgenti d’acqua”.

Ed ha concluso riprendendo l’ultima enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, secondo cui è la “carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone … la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”.

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ZENIT Staff

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