PARIGI, lunedì, 31 agosto 2009 (ZENIT.org).- Il sacerdote è chiamato a incarnare tre figure, “fratello, padre e sposo”, segnala il Vescovo di Fréjus-Toulon, monsignor Dominque Rey, nel suo libro “Le prêtre” (“Il sacerdote”), pubblicato nel contesto dell’Anno Sacerdotale.
Monsignor Rey lo ha spiegato in un’intervista con il portavoce della Conferenza dei Vescovi Francesi, monsignor Bernard Podvin, pubblicata sulla web della Conferenza.
Circa le tre dimensioni del sacerdote, il Vescovo sostiene che “la figura del fratello fonda le altre due”.
“Come si può esercitare una paternità se non all’interno di una fraternità comune?”, si chiede. “Come cristiani, la riceviamo nel Battesimo”.
Quanto alla dimensione sponsale, il Vescovo francese segnala che il sacerdote “prende il posto di Cristo sposo”, anche se avverte che “la dimensione sponsale è attualmente la più incompresa”.
“A partire da questa, acquistano senso il celibato del sacerdote e il suo irrinunciabile impegno con la Chiesa, della quale è un ministro”, aggiunge.
Circa l’aspetto paterno del sacerdote, monsignor Rey indica: “La dimensione della paternità mi sembra un’urgenza e una sfida in un contesto in cui la figura paterna viene messa in gioco nei modelli sociali a causa della disintegrazione della famiglia e della rinuncia all’autorità”.
Citando alcuni psicologi, il presule afferma che “una società senza padre è una società senza riferimento”.
“E’ dando la vita a esempio di Cristo e perdendola che si può veramente dare la vita – dichiara –. La paternità cristiana è un sacrificio, ma è fonte di gioia”.
Fedeltà nel poco e nel molto
Tra i vari aspetti trattati dal libro, c’è anche quello della fedeltà cristiana, che secondo l’autore “deve basarsi su quella di Cristo nei confronti della sua Chiesa, per la quale Egli ha donato se stesso fino a dare la vita”.
Il Vescovo indica che “ci sono alcuni modelli di fedeltà che sostengono e stimolano la nostra”, come quella dei suoi genitori, “la cui testimonianza di 70 di vita in comune mi ha dimostrato che la parola ‘amore’ è legata alla parola ‘sempre’”.
“La fedeltà si costruisce nel quotidiano – spiega –. Per essere fedeli nel molto bisogna partire dalla fedeltà nel poco, vissuta giorno per giorno: fedeltà alla preghiera, alle amicizie, agli impegni”.
“Paradossalmente, mentre la nostra cultura decanta ‘l’infedeltà’ sempre alla ricerca di nuove esperienze, lo zapping perpetuo e le relazioni consecutive e per contratto, l’uomo attuale è alla ricerca di un radicamento profondo e duraturo, di un amore che non muore”, aggiunge.
Secondo monsignor Rey, “ogni fedeltà è un’arte di vivere con il tempo: al di là dell’effimero”.
“Cerchiamo di costruire sull’invariabile, sul permanente – constata –. E’ lì che possiamo ritrovare Cristo: ‘il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno’”.
Nel libro, il Vescovo riconosce che “affrontando le proprie difficoltà e gli ostacoli del cammino alcuni sacerdoti diffidano del loro ministero”.
“Non vedono i frutti del loro apostolato, affrontano l’indifferenza e anche il disprezzo – confessa –. Non possono portare da soli ‘il peso della speranza’”.
Legame con i laici e sostegno dei sacerdoti
In questo senso, osserva: “Il legame con i laici e il sostegno dei confratelli sacerdoti mi sembrano indispensabili per mantenere una speranza ferma ed evitare che il ministero intraprenda una via perennemente alla ricerca di consolazioni che ci sviino dalla missione che la Chiesa ci ha affidato”.
Monsignor Rey sottolinea anche che “la speranza cristiana si nutre della preghiera”. “Questa è fiducia nella presenza di Dio che si serve dei nostri talenti, ma anche delle nostre fragilità”.
“La speranza è un dono e una responsabilità – aggiunge –. Per il sacerdote, questa consiste anche nel portarla a chi l’ha perduta; è, in definitiva, certezza che, attraverso le lotte, si trova il Risorto alla fine del cammino”.
Il ricavato della vendita del libro verrà devoluto interamente al seminario diocesano di La Castille.