di Patricia Navas
NEW YORK, venerdì, 24 luglio 2009 (ZENIT.org).- Il documento di lavoro preparato per il dibattito sulla “responsabilità di proteggere”, che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sta tenendo questa settimana a New York, dedica un paragrafo al discorso che Benedetto XVI ha pronunciato davanti all’Assemblea Generale dell’ONU nel 2008.
Per questo dibattito dedicato alle vittime dei conflitti e alla responsabilità degli Stati e dell’ONU di difendere la popolazione, l’assemblea ha voluto prendere in considerazione, tra le altre cose, il pensiero di Benedetto XVI sulla necessità che la comunità internazionale difenda i diritti.
Nel discorso del Pontefice riferito nel documento di lavoro, Benedetto XVI sottolineava che la responsabilità di proteggere è la base morale per il diritto di un Governo di esercitare l’autorità.
Il Papa indicava allora che il rispetto della sovranità degli altri Stati non consiste solo nel principio di non ingerenza, ma, in positivo, si introduce anche nel contesto delle categorie politiche di sussidiarietà, solidarietà e fraternità.
L’ONU, “sorvegliando in quale misura i Governi corrispondano alla loro responsabilità di proteggere i loro cittadini, esercita un servizio importante in nome della comunità internazionale”, dichiarava.
Queste idee vengono recuperate nel dibattito di questi giorni, in cui l’Assemblea Generale discute la portata della “responsabilità di proteggere”, un concetto che la maggior parte dei Paesi interpreta come un dovere di evitare genocidi e altri considerano una manovra coperta di intervento.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha presentato un rapporto con idee che dovrebbero servire da punti di partenza per il dibattito e ha sottolineato che la responsabilità di difendere deve collocarsi sotto la protezione dell’ONU e nell’ambito della sua Carta.
Passare ai fatti
Nel Vertice Mondiale del 2005, tutti i Capi di Stato e di Governo si sono impegnati a prevenire il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l’umanità, nonché il loro incitamento.
Di fatto, tuttavia, si continuano a violare i diritti umani di molte popolazioni in crisi, come è accaduto nell’ultimo anno in Georgia, in Ossezia, nella Repubblica Democratica del Congo e nello Sri Lanka.
Le situazioni che la popolazione civile ha subito in questi luoghi mostrano che, anche se la responsabilità degli Stati di difendere la popolazione viene assunta come un principio di diritto internazionale, mancano precise norme di condotta internazionale che costringano gli Stati a proteggere la popolazione da gravi e sistematiche violenze dei diritti umani.
Lo ha sottolineato questo giovedì alla “Radio Vaticana” l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, monsignor Celestino Migliore.
Sul tema che si sta dibattendo al Palazzo di Vetro, monsignor Migliore ha affermato che spetta in primo luogo a ogni Stato di difendere la popolazione da “atrocità di massa – quali il genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità”.
“Qualora un determinato Stato non dimostrasse la volontà e/o la capacità di assicurare tale protezione, la comunità internazionale deve sussidiariamente farsene carico, percorrendo le modalità pacifiche predisposte dal diritto internazionale”, ha aggiunto.
“In casi estremi, poi, può avvalersi dell’uso della forza attraverso forme e dettami del capitolo 7 della carta dell’ONU”.
L’osservatore permanente della Santa Sede ha indicato che “l’uso della forza non dovrebbe mai essere considerato al di fuori della primaria responsabilità dei governanti di assicurare la protezione di ogni loro cittadino”.
Monsignor Migliore ha anche affrontato il concetto attuale di sicurezza, spiegando che “sin dallo smantellamento dei regimi comunisti in Europa, il concetto di sicurezza mondiale si è gradualmente spostato dalle tradizionali preoccupazioni geopolitiche e strategiche verso nuove preoccupazioni aventi per oggetto l’individuo e la società”.
Per il presule, “la responsabilità di proteggere va al di là della protezione dei civili in guerra, contemplata nel diritto internazionale umanitario”.
La comunità internazionale come una famiglia
L’Arcivescovo si è inoltre riferito al discorso del Papa che appare nel documento di lavoro preparato per il dibattito dal presidente dell’attuale periodo di sessioni dell’Assemblea Generale dell’ONU, Miguel d’Escoto.
Il Papa, ha spiegato, ha sottolineato che la sovranità, considerata dal pinto di vista della protezione, mostra meglio la doppia responsabilità che spetta a ogni Stato: la responsabilità esterna di rispettare la sovranità degli altri Stati e quella interna di garantire la dignità e i diritti di tutti gli individui nello Stato.
L’osservatore permanente della Santa Sede all’ONU ha anche ricordato come Benedetto XVI abbia segnalato all’epoca che nella comunità internazionale, come in una famiglia, i membri più forti devono prendersi cura dei più deboli.
Poco dopo l’intervento del Papa di fronte all’Assemblea Generale dell’ONU a New York, monsignor Migliore ha auspicato che questa visita del Papa alla sede delle Nazioni Unite fosse destinata ad avere un impatto sul diritto internazionale.