Dalla solidarietà alla fraternità, la rivoluzione della “Caritas in veritate”

Intervista al Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani

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di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 24 luglio 2009 (ZENIT.org).- Uno degli aspetti più originali e caratteristici dell’enciclica “Caritas in veritate” è quello in cui il Pontefice Benedetto XVI supera il concetto della generica solidarietà e indica la fraternità come approccio guida per realizzare la rivoluzione sociale necessaria per promuovere e orientare lo sviluppo dei popoli.

Secondo il Papa il concetto di solidarietà è troppo limitativo e non impegna integralmente la comunità umana e la Chiesa nel prendersi cura dell’altro. La fraternità intesa come pratica della carità nella verità significa amare l’umanità esprimendo un amore gratuito, che impegna ogni individuo a dare prima ancora di ricevere. In questo contesto l’enciclica è esplicita nel richiedere la conversione dei cuori di ognuno.

Per cercare ci comprendere meglio come si possa costruire una pratica economica intorno al principio di fraternità, ZENIT ha intervistato padre Pietro Messa, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma.

Nell’enciclica “Caritas in veritate”, il Papa Benedetto XVI sottolinea l’importanza della “fraternità”. Può illustrarci che cosa intendeva san Francesco per fraternità e che cosa intende il Pontefice oggi?

Padre Messa: Francesco d’Assisi negli  anni precedenti alla sua conversione faceva parte di quelle fraternità giovanili presenti nel suo periodo, spesso animate da desideri di compiere gesta eroiche e imbevute di una vera e propria ideologia cavalleresca.

Dopo la sua conversione con altri formò sempre una fraternità, ma ora caratterizzata dal vivere la forma di vita del Vangelo: quindi il passaggio non fu nel costituire una fraternità, ma dalla presenza del Vangelo come motivo unificatore.

Ciò fece sì che all’interno della fraternità ci fossero relazioni nuove, caratterizzate dalla minorità e dal servizio; non più un gruppo chiuso in se stesso e compiaciuto delle proprie gesta, ma una comunità aperta tanto che al termine della vita Francesco denominerà persino il sole, la luna, le stelle, il fuoco, l’acqua e persino la morte con l’appellativo di fratello e sorella.

Benedetto XVI nel capitolo terzo dell’enciclica afferma che il trinomio fraternità, sviluppo economico e società civile devono stare uniti rispetto a ideologie che assolutizzano uno degli aspetti a discapito degli altri con risultati che si sono rivelati nefasti. Naturalmente con fraternità intende tutti gli uomini uniti dall’essere creature dell’unico Dio.

San Francesco operò una rivoluzione sociale che influì molto sull’economia. Oggi quella rivoluzione è malintesa. Può spiegarci in che modo san Francesco sanò l’economia dando testimonianza di fraterna e virtuosa vita cristiana?

Padre Messa: Di per sé frate Francesco volle vivere il Vangelo in fraternità e minorità congiunta alla povertà. Perché quest’ultima diventasse vivibile e non solo una utopia, soprattutto dopo la sua morte, i frati cominciarono a distinguere l’uso delle cose dalla loro proprietà, e successivamente l’uso povero da un uso non evangelico.

Così si giunse a riconoscere che la moralità non stava tanto nel possesso o no di un bene, ma nel suo uso che doveva essere finalizzato al bene comune. Da ciò scaturì la convinzione che anche un mercante capace nel suo mestiere, purché finalizzato al bene comune, poteva essere virtuoso e vivere santamente. Legato a ciò è la nascita dei Monti di Pietà ad opera dei francescani di cui parla l’enciclica al paragrafo 65. 

Quali sono, secondo lei, i punti più rilevanti della nuova enciclica?

Padre Messa: Per una maggiore comprensione sarebbe bene leggere i testi indicati in nota, e non meraviglia che tra questi vi sia alla nota 102 il rimando alla Istruzione sulla libertà cristiana e la liberazione, “Libertatis coscientia”, del 22 marzo 1987 della Congregazione della Dottrina della Fede, che porta la firma proprio dell’allora cardinal Joseph Ratzinger. In tale documento si afferma che il problema non sono le strutture in se stesse, ma il peccato dell’uomo che può strutturarsi in vere e proprie “strutture di peccato”.

In continuità con ciò nell’enciclica si afferma continuamente che la questione essenziale è la purificazione del cuore, della mente e della volontà dell’uomo. Da ciò si vede l’unità del magistero di Benedetto XVI che accanto ad una enciclica come questa sullo sviluppo dà molta importanza alle indulgenze concesse ad esempio per l’anno paolino o l’anno sacerdotale.

Il Papa Benedetto XVI critica aspramente le politiche di riduzione delle nascite, indicandole come una delle cause vere della crisi in corso. Qual è il suo parere in proposito?

Padre Messa: Per Benedetto XVI origine e causa del male è il peccato, inteso come chiusura in se stesso e egoismo. Ciò si manifesta in molti modi, tra cui vi è anche la chiusura egoistica alla vita generata nell’amore.

In merito ai problemi ambientali l’enciclica respinge l’ideologia ecologista radicale che si oppone allo sviluppo umano e respinge la visione in cui la natura è considerata più importante della persona umana. Al n. 48 il documento papale sostiene che questa posizione ideologica “induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo”. Condivide l’analisi della Caritas in veritate?

Padre Messa: Questa enciclica sembra persino una sintesi del magistero di Benedetto XVI che indica una ricomposizione della “verità totale” superando le polarizzazioni che conducono all’assolutizzazione di qualche particolare contro il resto  con risultati grotteschi: la ragione contro la fede e viceversa, la carità contro la verità, l’incarnazione contro la dimensione escatologica della vita. Ciò vale anche per il rispetto per il creato: egli corregge sia un disprezzo della creazione, ma anche l’assolutizzazione idolatra.

Da alcuni decenni il mondo cattolico sembra diviso tra chi si occupa di opere sociali e di chi difende la vita e la famiglia. L’enciclica supera brillantemente la questione sostenendo che “non c’è carità senza verità” e che verità e carità si ritrovano in Cristo e nel Vangelo. Qual è il suo parere in proposito?

Padre Messa: Proprio questo è ciò che va colto di Benedetto XVI: mostrare la bellezza della fede. A questo proposito san Bonaventura da Bagnoregio – le cui opere hanno contribuito alla formazione del pensiero del Papa – diceva che la bellezza è l’armonia di parti ottimamente colorate.

A volte invece sembra che debba esserci armonia ma senza identità oppure identità nel contrasto, anche in aspetti della fede fondamentali quali la carità e la verità. Un altro teologo caro a Benedetto XVI è Hans Urs von Balthasar che soleva dire che “la verità è sinfonica”: è questa armonia sinfonica della bellezza della fede che Benedetto XVI vuole mostrare.

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ZENIT Staff

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