Intervento della Santa Sede al Consiglio Economico e Sociale dell'Onu

Intervento della Santa Sede al Consiglio Economico e Sociale dell’Onu

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 22 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato il 20 luglio dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, al Segmento per gli Affari Umanitari del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.

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Signora Presidente,

1. I disastri naturali e quelli causati dall’uomo colpiscono milioni di persone ogni anno e nessuna regione del mondo ne è esente. In particolare, i conflitti armati cronici hanno devastato le società in diverse parti del mondo, con innumerevoli vittime civili. La Santa Sede, pertanto, accoglie il presente dialogo umanitario come un’opportunità per evidenziare ancora una volta le continue sfide e l’esigenza di una risposta globalizzata efficace e coerente, guidata da direttive politiche come sono la solidarietà e la promozione della dignità di tutti. In tal modo, il diritto delle persone, delle loro famiglie e delle loro comunità all’assistenza umanitaria, e quello di quanti forniscono tale assistenza a raggiungere senza impedimenti queste persone bisognose di attenzioni sociali, fisiche e spirituali di base, acquisisce un solido fondamento e una motivazione all’azione. Sebbene, per esempio, nel 2008 si sia assistito a una diminuzione del numero dei rifugiati, oltre 10 milioni di uomini, donne e bambini vivono ancora in campi profughi e 26 milioni continuano a essere internamente sfollati a causa di conflitti passati e recenti, di mancanza di sicurezza e di persecuzione. I richiedenti asilo, i migranti irregolari, le persone sradicate che cercano di sopravvivere e le vittime dei disastri naturali e dei cambiamenti climatici sono confinati in centinaia di centri di detenzione e in campi improvvisati. Pur lontane dai riflettori dei media, queste situazioni insostenibili danno libero corso a un incommensurabile dolore fisico, mentale, emotivo e spirituale e portano alla lacerazione del tessuto sociale, e alla distruzione delle famiglie e delle comunità, compromettendo la riconciliazione e minacciando la vita di migliaia di civili innocenti.

2. La responsabilità  principale di proteggere la vita dei civili spetta anzitutto alle autorità nazionali e alle parti coinvolte nel conflitto armato. Mentre la comunità internazionale cerca di prevenire lo scoppio di conflitti, è imprescindibile che tutte le parti riconoscano la propria responsabilità di proteggere la vita dei civili nelle aree sotto la loro giurisdizione o sotto il loro controllo, e adempiano e rispettino pienamente le norme e i principi del diritto umanitario internazionale, tra cui quelle riguardanti la protezione del personale umanitario e la possibilità di raggiungere senza impedimenti le persone bisognose. Inoltre, nelle aree colpite da disastri naturali, gli Stati devono adoperarsi per promuovere e permettere l’accesso a misure atte a salvare la vita,  senza usarle per un controllo politico o per ottenere una garanzia politica d’impunità per violazione dei diritti umani. Il bene comune dovrebbe essere il principio guida e il diritto umanitario internazionale dovrebbe essere attuato in ogni circostanza e senza condizione alcuna.

3. Allo stesso tempo, la comunità internazionale rimane un attore fondamentale e indispensabile nell’assistere le autorità nazionali nel rispondere alle crisi e, laddove queste non sono in grado di farlo, è chiamata a fornire accesso agli attori regionali e internazionali che operano nelle emergenze e salvano le vite. Naturalmente, nel coordinare questa risposta internazionalizzata, la posizione delle Nazioni Unite conferisce loro un ruolo unico, con responsabilità uniche nel promuovere il coordinamento e la coerenza per un’azione efficace e una gestione responsabile delle risorse disponibili, preservando allo stesso tempo i principi umanitari fondamentali della neutralità, dell’imparzialità e dell’umanità. Inoltre, rispettando la sussidiarietà e l’abilità dei gruppi e degli individui locali, questo coordinamento può identificare meglio e mettere in atto una strategia umanitaria che raggiunga le persone più bisognose. Sono queste organizzazioni locali, spesso confessionali, presenti nel territorio già prima che si verifichi il disastro, che continueranno ad essere presenti anche molto dopo che la comunità internazionale avrà rivolto la sua attenzione ad altre crisi. La Delegazione della Santa Sede, pertanto, sottolinea il ruolo fondamentale della società civile nelle situazioni di emergenza e l’esigenza di adottare politiche in un modo che ne riconosca il contributo a lungo termine e abiliti la loro capacità di rispondere ai bisogni di tutti.

4. Nuove e vecchie sfide hanno minato la capacità e l’efficacia degli attori umanitari di rispondere e fornire assistenza a milioni di vittime. La crisi alimentare ha portato a una diminuzione della distribuzione di cibo nelle aree colpite da carestia, nei campi profughi e nei centri di detenzione; le crisi energetiche hanno aumentato in modo  drastico il costo per portare aiuto nei luoghi distanti; e ora, la crisi economica globale rischia di ridurre i finanziamenti alla società pubblica e civile, alle agenzie e alle organizzazioni umanitarie. La Santa Sede constata con piacere che molti Stati continuano ad assumersi con generosità la responsabilità di fornire assistenza, nonostante la crisi economica. Il venire meno della solidarietà e l’incapacità di provvedere alle persone nelle crisi umanitarie in questo tempo difficile porteranno solo a un’instabilità sociale e politica che minerà la società e la sua capacità di riunirsi e di risolvere la crisi economica.

Signora Presidente,

5. La mia Delegazione, inoltre, invita le autorità nazionali e i gruppi coinvolti nei conflitti armati a rispettare le norme del diritto umanitario internazionale, specialmente le pertinenti Convenzioni di Ginevra e i suoi protocolli opzionali. Le continue violenze sessuali perpetrate contro donne e ragazze dentro e intorno ai campi profughi violano ogni principio del diritto internazionale e portano alla devastazione emotiva, fisica e mentale di queste donne, che non può essere giustificata in nessuna circostanza. Inoltre, occorre compiere sforzi maggiori per raggiungere e assistere i prigionieri di guerra e le altre persone che sperimentano diverse forme di detenzione. La privazione della libertà, del diritto al lavoro, al ricongiungimento familiare, all’educazione e allo sviluppo personale, tra altri diritti umani, non possono essere semplicemente ignorati nelle emergenze. I campi e i centri di detenzione devono essere soluzioni temporanee e luoghi in cui l’accesso sia aperto e la dignità delle persone rimanga una priorità. Con la cooperazione di tutti gli attori, la comunità umanitaria internazionale conserverà la libertà di agire conformemente ai suoi mandati e ai suoi principi, che non devono essere compromessi dall’ingerenza dei governi.

6. La Santa Sede continua a impegnarsi per far fronte ai bisogni di tutte le persone colpite dalle crisi umanitarie e causate dall’uomo, indipendentemente dall’etnia e dal credo religioso. Attraverso le sue numerose istituzioni, continua a essere profondamente coinvolta in una assistenza umanitaria imparziale e non vede l’ora di condividere le sue iniziative migliori e le sue idee con altri partecipanti. I principi guida d’assistenza nei disastri sia naturali sia causati dall’uomo devono essere attuati, ma prima di tutto dobbiamo mettere al centro di ogni nostro intervento la persona e i suoi bisogni materiali, psicologici e spirituali.

[Traduzione del testo in inglese a cura de “L’Osservatore Romano”]

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ZENIT Staff

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