ROMA, domenica, 19 luglio 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’articolo apparso sul tredicesimo numero di Paulus (luglio 2009), dedicato al tema “Paolo l’architetto”.
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Nella primitiva letteratura cristiana il tema della chiesa come edificio in cantiere ha avuto una particolare fortuna e diffusione. Basti pensare alla terza visione contenuta nel Pastore di Erma: la costruzione di una torre sulle acque, con ogni specie di pietre, e alla spiegazione teologica che la “Signora” – cioè la Chiesa – dà a Erma: «Ascolta perché mai la torre viene edificata sulle acque: la vostra vita fu salvata e sarà salvata con l’acqua. Tuttavia le vere fondamenta sono la parola del Nome onnipotente e l’invisibile potenza del Signore» (n. 11). Uno degli autori che maggiormente valorizzerà e tematizzerà questa immagine è certamente Origene, come è stato dimostrato in un lavoro di Carlo L. Rossetti («Sei diventato Tempio di Dio», Gregoriana, Roma 1998). Non c’è passo dell’Antico o del Nuovo Testamento in cui si parli di tempio, di casa o anche di tenda o di abitazione, che l’Alessandrino non rilegga in senso spirituale ed ecclesiale. A fare la parte da gigante, su questo argomento, è chiaramente san Paolo. In un frammento su 1Corinzi 3, giunto a noi in greco, Origene caratterizza con questi termini programmatici l’intero corpus dell’Apostolo: «Paolo non solo ha gettato le basi delle chiese come un abile architetto, ma ha scritto come un trattato di architettura: come l’architetto debba costruire la casa, come debbano essere l’episcopo, i presbiteri, i diaconi e il resto della massa della Chiesa. Tutte queste indicazioni erano come un trattato di architettura» (Frammento 15 su 1 Cor 3,10, ed. C. Jenkins). Anche quando i testi sono presi dal Pentateuco, dai Salmi, dai Profeti o dai Vangeli, san Paolo è chiamato in causa, direttamente o indirettamente, come «saggio architetto» (1Cor 3,10). Commentando, nel libro di Giosuè, il passo che descrive la costruzione dell’altare al Dio d’Israele sul monte Ebal (Gs 8,30-31), Origene, che intanto svolge la funzione di presbitero e predicatore nella Chiesa di Cesarea (negli anni successivi al 231 d.C.) offre questo meraviglioso sviluppo omiletico: «Vediamo quale significato abbiano tutte queste realtà e quale elemento edificante assuma per noi la presente lettura […]. Come nel caso delle pietre terrestri sappiamo che si bada a porre per prime, a fondamenta, quelle più solide e resistenti, perché si possa affidare e far poggiare su di esse il peso di tutto quanto l’edificio, mentre le altre pietre che vengono dopo, un po’ più piccole, le si dispone in ordine vicino a quelle che sono a fondamento; quelle poi che sono ancora un po’ più piccole le si collocano un po’ più in alto rispetto alle fondamenta e, infine, valutando quelle pietre che sono meno resistenti, le si mette sulla parte più alta e vicine alla sommità stessa del tetto: allo stesso modo devi pure intendere ora che avviene con le pietre vive: alcune sono a fondamento del nostro edificio spirituale». A questo punto, ecco il richiamo a Paolo: «Quali sono queste pietre poste sulle fondamenta? Sono gli apostoli e i profeti. Così, infatti, dice Paolo nel suo insegnamento: “Edificato sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare il Signore nostro Gesù Cristo” (Ef 2,20), per prepararti più risolutamente, tu che ascolti, alla costruzione di questo edificio, per essere una pietra più vicina al fondamento, sappi che è proprio Cristo il fondamento di questo edificio che siamo ora. Così infatti dice l’apostolo Paolo: “nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi è stato posto, che è Gesù Cristo” (1Cor 3,11). Beati dunque coloro che hanno costruito, su questo fondamento tanto nobile, edifici religiosi e santi!» (Omelie su Giosuè IX, 1).
Cristo, pietra spirituale
Altro riferimento alle pietre, nelle stesse Omelie su Giosuè, avviene nello spiegare il senso della seconda circoncisione a cui il successore di Mosè sottopone i figli di Israele, usando coltelli di pietra. Vista la difficoltà ad ammettere il senso letterale del testo biblico (se uno è già stato circonciso una volta, «non ha più ciò che si potrebbe togliere la seconda volta»), il predicatore propone una lettura spirituale ispirata a Paolo: «Come l’Apostolo disse: “bevevano da una pietra spirituale che li accompagnava e quella pietra era il Cristo” (1Cor 10,4), così anche noi possiamo analogamente affermare: vennero circoncisi con “una pietra spirituale che li accompagnava e quella pietra era Cristo”. Se uno infatti non si è purificato con la seconda circoncisione per mezzo del vangelo, non può lasciare l’obbrobrio dell’Egitto, cioè la seduzione dei vizi della carne» (Omelia V, 5). Una volta precisato che nel cammino cristiano la seconda circoncisione equivale al battesimo, «lavacro di rigenerazione» (Tt 3,5), Origene ricorda che il corpo dei fedeli è diventato edificio sacro, quello che Paolo chiama «tempio di Dio» (1Cor 6,19). Un peccato d’impudicizia, oltre che peccato come tale, è profanazione della dimora di Dio. Quale grande responsabilità implica tale sacrilegio! «Quanto è grande tale progresso, tanto è terribile la decadenza e irrimediabile la caduta. Perciò se un giorno ti eccita l’attrattiva di un desiderio perverso, ricordati di quello che stai ascoltando adesso, affronta l’avversario che proviene da te stesso, cioè dal tuo cuore, e resistigli con queste parole: non mi appartengo, sono stato “comprato a caro prezzo, col sangue di Cristo” (1Pt 1,18s). […] Digli pure: sono diventato tempio di Dio, non mi è consentito introdurre in esso alcunché di impuro, non ho il diritto di violare il tempio di Dio (Ap 21,27). Ma aggiungi pure che chi si dà alla fornicazione pecca contro il proprio corpo. Non solo contro questo tuo corpo diventato tempio di Dio (1Cor 6,18), ma anche contro il corpo di tutta la Chiesa detta “corpo di Cristo” (Col 1,24). Colui che macchia il proprio corpo risulta peccare contro tutta la Chiesa, perché attraverso un solo membro la macchia si diffonde in tutto il corpo» (Omelia V, 6). L’idea che Paolo aveva del tempio di Dio e dell’assoluta compattezza dell’edificio ecclesiale (cfr. Ef 2,20s.) porta il predicatore a una delle espressioni più luminose della sua ecclesiologia. Il capitolare di un solo membro compromette la bellezza e la stabilità di tutto l’edificio ecclesiale!
Fondamenta messe alla prova
In 1Corinzi 3,12 Paolo ricorda di aver posto, da «saggio architetto», il fondamento nell’edificio della Chiesa, mentre un altro non può che costruire sopra quel fondamento che già si trova, che è Cristo Gesù (vv. 10-11). E perciò ammonisce: «Ciascuno stia attento a come costruisce […] E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà la ricompensa. Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito» (vv. 12-14). Questa minaccia del fuoco dettata dall’esperienza del «saggio architetto» viene esplicitata da Origene, nel senso di un castigo inflitto non da Dio, ma provocato dalla stessa vita insana dei malvagi: «Esca e alimento di tale fuoco sono i nostri peccati, che l’Apostolo definisce “legno, fieno, paglia”. E ritengo che come nel corpo abbondanza di alimento, e quantità e qualità di cibo dannoso producono le febbri, e febbri di diverso genere e durata in proporzione all’alimento e allo stimolo apportati all’infermità […], così quando l’anima ha riunito in sé gran numero di opere cattive e abbondanza di peccati, a tempo debito tutta questa racco
lta di mali ribolle per il supplizio e divampa per la pena» (Princìpi II, 10, 4). Paolo non pensa solo a una casa o dimora costruita sulla terra: «Sappiamo infatti che quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, riceveremo
da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, ma eterna, nei cieli» (2Cor 5,1). Tale sguardo verso una dimora immateriale ed eterna, è colto dall’Alessandrino come chiaro riferimento non soltanto al mondo in cui dimorano i beati e gli esseri completamente purificati (cfr. Princìpi II, 3, 6), ma anche alla condizione dei nostri corpi e di tutto il creato, liberati dalla schiavitù della corruzione (Rm 8,21). «Di questo corpo l’apostolo Paolo ha detto anche: “Abbiamo una dimora non fatta da mani d’uomo, ma eterna, nei cieli” (2Cor 5,1), cioè nella dimora dei beati. Da ciò possiamo immaginare quanto puro, sottile, glorioso sarà quel corpo, se lo confrontiamo con i corpi degli astri che, benché celesti e luminosissimi, pur sono manufatti, mentre di quello è detto dimora non manufatta ma eterna nei cieli» (Princìpi III, 6, 4).
Dal Tempio al Corpo
Concludiamo con un breve richiamo al commento origeniano alle parole di Gesù riportate in Gv 2,19 («Distruggete questo Tempio e in tre giorni lo riedificherò»), commento che compendia l’essenziale della dottrina del nostro autore sul Tempio. Scrive Origene: «Mi sembra che tanto il Tempio quanto il Corpo di Cristo possano essere interpretati come figura della Chiesa, poiché questa è edificata con “pietre vive, edificio spirituale per un sacerdozio santo” (1Pt 2,5) “sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare Cristo Gesù” (Ef 2,20). Poiché “voi siete il Corpo di Cristo e membri gli uni degli altri” (1Cor 12,27), si può vedere distrutto l’armonico insieme di pietre del Tempio e, come è scritto nel Salmo 21, tutte le ossa di Cristo scompaginate per l’assalto di prove e tribolazioni da parte di coloro che si accaniscono a perseguitare l’unità del Tempio. Ebbene, il Tempio sarà riedificato e il corpo risusciterà il terzo giorno […]. Allora le ossa, cioè tutta la casa di Israele (cfr. Ez 37,11), si rialzeranno nel grande giorno del Signore e la morte sarà completamente vinta (1Cor 15,26), così che la risurrezione di Cristo, dopo la sua passione e la sua morte, racchiuderà il mistero della risurrezione del corpo intero» (Commento a Giovanni X, 35).
Rosario Scognamiglio op