“Il bene comune è il nostro prossimo”

Franco Previte spiega perchè occorre difendere la dignità dei disabili mentali

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di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 15 luglio 2009 (ZENIT.org).- L’enciclica di Benedetto XVI ha risollevato il dibattito sul significato del bene comune e sulla necessità di difenderlo e perseguirlo.

A questo proposito ZENIT ha rivolto alcune domande a Franco Previte, presidente dei “Cristiani per servire”, un’Associazione che rivolge le proprie attenzioni ed attività ai disabili mentali.

Cos’è il bene comune?

Previte: Questa parola, che spesso si sente nel quotidiano, si può riassumere in quell’insieme di beni (casa, ospedali, scuole) ed anche di servizi (giustizia, pace, solidarietà) di cui tutti abbiamo bisogno per vivere, ma che nessuno può costruire da solo.

Ma a chi serve?

Previte: In una società complessa, quale è la nostra, è importante chiedersi chi è il nostro prossimo.

E’ chi ci sta accanto nel quotidiano o che incontriamo nelle strade delle nostre città, ma lo è soprattutto colui che è lontano, colui che l’azione sociale e politica spesso dimentica quale palese ingiustizia o non gratificato di solidarietà.

Non è qualunquismo o relativismo il nostro perchè non ci lasciamo portare qua o là da un qualsiasi vento di dottrina, ma assistiamo ad una situazione, che si potrebbe chiamare dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue bramosie.

“Nel mondo viviamo una ondata di grande laicismo dilagante. Tanti vivono come se Dio non esistesse : l’uomo decide autonomamente solo da se stesso e senza Dio”, sono le sagge parole tratte dall’Omelia durante la Santa Messa per l’elezione del Romano Pontefice, del 18 aprile 2005.

Cosa significa essere cattolici oggi?

Previte: Essere cattolici non è una prescrizione medica, non è una “funzione” obbligatoria, ma è obbligatorio per colui che da cattolico deve seguire le indicazioni di coloro che ha come maestri e guide, allo stesso modo in cui il non cattolico segue altri maestri, altre teorie.

E’ significativa la lezione che ci viene dal Manzoni nei “Promessi sposi” e dove pone in risalto la morte di don Rodrigo, l’uomo potente, ricco e temuto che viene abbandonato dai suoi quando è colpito dalla peste e, nonostante le minacce e le suppliche rivolte a coloro che gli stavano attorno, muore nel lazzaretto degli appestati.

Ora riportandoci ai giorni nostri e al quotidiano vivere: il bene comune è il nostro prossimo che spesso non è gratificato di giustizia e di solidarietà.

Che c’entra la famiglia con il bene comune?

Previte: E’, soprattutto, la famiglia il nostro prossimo. Ed è nella famiglia che si insegna ai bambini ad occuparsi dell’altro. La vocazione della famiglia è quella di evitare in ogni modo l’abbandono, soprattutto dei più bisognosi

Purtroppo oggi la famiglia non è difesa a sufficienza, ed anzi viene attaccata nella sua integrità e unità. La società riflette la disgregazione della famiglia dando vita a situazioni di solitudine e di degrado. In questo contesto le Istituzioni dimenticano o si disinteressano da molti anni della parte più debole e cioè dei disabili mentali. Da quando hanno chiuso i manicomi senza programmare idonee strutture per la prevenzione, cura o reinserimento sociale dei “malati”, che, abbandonati, “muoiono” nel “lazzaretto dei dimenticati”.

Papa Giovanni Paolo II e Papa Bendetto XVI hanno più volte richiamato con grande coraggio l’attenzione delle istituzioni italiane e mondiali verso una realtà, come quella delle conseguenze apportate dalla malattia mentale, che oggi più che mai è problematica e rivela lacune gravi tali da non poter essere ignorate.

Due Papi diversi, l’uno polacco fedele al suo spirito battagliero ed alla sua capacità di relazione con i Governi e con la parte laica della società, l’altro tedesco con il tono più risoluto e gentile, ma ambedue determinati nel chiedere il rispetto e difendere la dignità dei più deboli.

Grandioso il coraggio dei Pontefici, mentre la risposta delle istituzioni civili è sconcertante e sconfortante. A distanza di ben 31 anni in Italia ed in certe Nazioni tutt’ora, vi sono scelte incoerenti, soluzioni precarie, polemiche sterili, discorsi di rito.

La disattenzione, il disinteresse, il silenzio legislativo e culturale nei confronti di questo problema riduce la civiltà della comunità, perchè tutti, in quanto esseri umani, hanno diritto a non essere abbandonati nel lazzaretto dei dimenticati. Il rispetto della dignità, l’attenzione ai più malati è misura e significato della difesa del bene comune.

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ZENIT Staff

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