Il “Matrix” progressista e l'ingegneria sociale

Parla lo scrittore Juan Manuel de Prada

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ROMA, venerdì, 3 luglio 2009 (ZENIT.org).- “La nueva tiranía. El sentido común frente al Mátrix progre” è il titolo del nuovo libro dello scrittore Juan Manuel de Prada (ed. LibrosLibres) che raccoglie i suoi migliori scritti sull’attualità.

Negli ultimi anni, questo scrittore di 39 anni, della città di Zamora (Spagna), anche se nato a Baracaldo, ha ricevuto diversi premi per i suoi romanzi, ed è diventato anche un punto di riferimento per migliaia di lettori cattolici.

I suoi articoli e i suoi interventi in dibattiti radiofonici e televisivi forniscono ogni giorno un’opinione, valida e ben argomentata, che attinge al patrimonio dottrinale e storico del Cristianesimo.

Intervistato da ZENIT, Juan Manuel de Prada si scaglia contro il “progressismo”, “un concetto inattaccabile nella nostra epoca”, “così inattaccabile che persino chi non è ‘progressista’ in termini ideologici si sente costretto a dichiararsi tale”.

“Il vantaggio che questa nuova tirannia ha rispetto alle altre – ha spiegato – , la ragione per la quale risulta – a differenza delle tirannie passate – così attraente e persuasiva per la gente comune, è data dalla sua capacità di infondere una impressione di libertà onnicomprensiva ai suoi sudditi, trasformati in bambini a cui è data la possibilità di elevare i propri capricci, interessi e appetiti alla categoria di diritti”.

Nel riferirsi a questo establishment culturale, lo scrittore parla di “Matrix”, richiamandosi esplicitamente ai film dei fratelli Wachowski che hanno come protagonista Keanu Reeves.

“Il ‘Matrix progre‘ è l’imposizione di una visione egemonica del mondo che tutti accettano come l’unica possibile – ha detto lo scrittore e giornalista del quotidiano spagnolo ABC –, come se fosse una nuova fede pseudomessianica, mentre si fonda su pilastri artificiali e fraudolenti, in quanto sradica l’uomo dalla sua vera natura”.

Per Juan Manuel de Prada, “qualunque intellettuale che osi sfidare il Matrix progre sa che sarà condannato ad essere oscurato. Per questo è nato un fenomeno senza precedenti nella storia culturale dell’Occidente che è il gregarismo radicale di artisti e scrittori disposti tutti ad erigersi ad apostoli del nuovo culto. Mentre nel frattempo si sviluppa un’opera di ingegneria sociale inarrestabile”.

“Ribellarsi a questo Matrix progre comporta un’azione quasi eroica e l’assunzione di un rischio che pochi si sentono di accettare – ha sottolineato –. Basterebbe la ribellione di poche persone per far sgretolare le sue fondamenta, fatte di apparenza e illusione. Ma aderirvi è una tentazione troppo forte perché assicura una vita tranquilla e alcuni vantaggi indiscutibili”.

Il Matrix progre, “si basa su una profonda menomazione della natura umana, rappresentata dalla rottura con una legge superiore facilmente delineabile dalla ragione umana, e dalla negazione della sua vocazione alla trascendenza (abilmente sostituita da una ‘spiritualità’ del tutto vaga)”.

“Ma questa menomazione – ha sottolineato –, che questo Matrix progre vende come una conquista, finisce per risvegliare nelle sue vittime una profonda nostalgia che li spinge a volersi riconciliare con la vera natura dell’uomo e a tornare ad alimentarsi alle verità profonde che sono state oscurate o ribaltate”.

Mai prima d’ora, ha spiegato Juan Manuel de Prada, “l’ordine stabilito disponeva di mezzi di persuasione e di propaganda così efficaci come nella nostra epoca: monopolio dei mezzi di comunicazione, corruzione generalizzata dello strumento intellettuale, ecc.”

Tuttavia, a suo avviso, “sarà sufficiente che si incrini il benessere economico che il sistema stimola per mantenere anestetizzata la ferita inflitta contro la natura umana, perché la tirannia inizi a vacillare”.

Per lo scrittore occorre “suscitare dibattiti sociali che riescano a staccarsi da questo contesto di ‘inquinamento ideologico’ nel quale oggi si svolgono tutti i dibattiti. Dibattiti che riescano a sollevarsi, dal fango in cui si sviluppano le questioni ideologiche, per approdare a un livello superiore, in cui i principi che fondano la natura umana possano nuovamente risultare intelligibili”.

La battaglia da avviare, ha sottolineato, “non è infatti di natura ideologica, ma antropologica. E i punti o zone di contrasto in cui occorre combattere sono per la difesa della vita, la ricomposizione del tessuto cellulare fondamentale della società (ovvero la famiglia) e il recupero di un’educazione che restituisca la possibilità di ‘conoscere’ il mondo in modo armonico e non come un mero aggregato di impressioni contingenti e caotiche ispirate dall’ideologia”.

Per questo il magistero di Benedetto XVI, orientato a un ritorno alle fonti della fede, risulta di grande efficacia e “viene sistematicamente contrastato da chi preferisce mantenere arido e diviso l’essere umano”.

Il Papa, afferma il giornalista, “ha infatti capito che l’unico modo per salvare la nostra umanità è restituirle le sue vere radici: riconciliarci con le verità profonde che l’inquinamento ideologico offusca e rende incomprensibili”.

“Benedetto XVI – ha spiegato poi – combatte anche quel dualismo che ha trionfato persino nell’ambito cattolico nel corso degli ultimi decenni, secondo cui la realtà così come la nostra mente possono essere suddivise in due piani, uno naturale e l’altro soprannaturale, di modo che da una parte facciamo professione di fede e dall’altra ci addentriamo nella realtà prescindendo dalla fede”.

Benedetto XVI – ha aggiunto – non attacca i problemi nelle loro manifestazioni banali, ma si addentra nelle loro cause più profonde, che sono quelle che consentono di ricomporre una visione unitaria del mondo e del ruolo che l’uomo riveste nella Creazione”.

Per Juan Manuel de Prada, sono state molto eloquenti le reazioni alle dichiarazioni di Benedetto XVI sulla necessità di “umanizzare la sessualità”, perché ciò che il Matrix progre persegue è proprio “una ‘sessualità disumanizzata’, una ‘fisiologizzazione’ dell’uomo trasformato in cane di Pavlov, che risponde con riflessi incondizionati agli stimoli provenienti dall’ingegneria sociale intrapresa dalle istanze di potere del Matrix progre”.

Ecco perché, ha proseguito, questa “ricostituzione della nostra umanità” è possibile solo “ricostruendo ciò che ci è stato amputato: la nostra vocazione alla trascendenza”.

“E questa ricostruzione postulata dalla Chiesa – ha spiegato – ci riconcilia con la bellezza, perché per me la fede è accettazione di una bellezza eterna – così antica e così nuova, come direbbe Sant’Agostino – che accompagna l’uomo nella sua vita, in ogni giorno della sua vita, rendendola intelligibile e dotandola di un senso”.

“Detto in altre parole – ha concluso –, l’ordine stabilito dal Matrix progre prevede di elevare, come Nimrod che regnava a Babele, una torre che arrivi fino al cielo, facendo credere agli uomini che abbracciando l’ideologia saranno come dei, mentre il cielo è dentro il suo cuore”.

[Per maggiori informazioni: www.libroslibres.com]

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ZENIT Staff

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