di Miriam Díez i Bosch
ROMA, giovedì, 2 luglio 2009 (ZENIT.org).- Il cattolicesimo e il buddismo potrebbero trovare un nuovo ambito di cooperazione: la comune determinazione a risolvere i problemi provocati dalla recessione globale.
Secondo l’ambasciatore giapponese presso la Santa Sede, Kagefumi Ueno, il dialogo tra quanti propongono la cosiddetta economia buddista e i sostenitori di un orientamento cattolico potrebbe condurre a risultati interessanti.
ZENIT ha parlato con l’ambasciatore di questa proposta per affrontare i problemi dell’economia globale e di come gli economisti buddisti avvertano da anni della situazione.
La prima parte di questa intervista, che si concentra su alcuni elementi della Chiesa in Giappone, così come sullo sviluppo climatico e sullo sviluppo dell’Africa, è stata pubblicata il 1° luglio.
Di recente, il Papa e il Vaticano hanno diffuso una serie di messaggi in cui lamentano la mancanza di considerazioni morali da parte di molti leader del mondo degli affari. Come suonano queste parole alle orecchie dei buddisti che vivono nel contesto europeo?
Ueno: In Giappone voci simili si sentono da molti anni, ad esempio tra gli economisti con orientamento buddista. Negli ultimi decenni, infatti, alcuni economisti hanno iniziato ad amalgamare la filosofia buddista con l’analisi economica, fondando così una nuova disciplina chiamata “economia buddista”. Sono lieto di introdurne i pensieri fondamentali.
Gli economisti buddisti sono, nel complesso, critici nei confronti del neoliberismo che ha sostenuto le politiche economiche delle principali economie mondiali negli ultimi decenni, provocando l’aggravamento della disparità economica, dell’ineguaglianza, assolutizzando la ricerca del profitto e deteriorando l’ambiente globale.
Anche se ci sono punti di vista divergenti tra gli economisti buddisti, condividono fondamentalmente otto principi di base come comuni denominatori: il rispetto per la vita, la non violenza; il Chisoku (la consapevolezza del sufficiente); il Kyousei (il senso di vivere insieme); la semplicità, la frugalità; l’altruismo; la sostenibilità; la diversità.
Ognuno di questi è l’antitesi delle nozioni seguenti, che, come sostengono alcuni, caratterizzano l’economia contemporanea: la noncuranza nei confronti della vita; la violenza; l’avidità; l’isolamento; la divisione; la stravaganza; il lusso; l’interesse centrato su se stessi; la non sostenibilità; l’uniformità.
E. F. Schumacher, economista tedesco e uno dei padri fondatori dell’economia buddista, autore del famoso “Piccolo è bello: l’economia come se la gente contasse qualche cosa”, si è concentrato ad esempio sul Chisoku e sulla semplicità.
Anche Wangari Maathai, un’ambientalista kenyota vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2004, ha una filosofia simile all’economia buddista. E’ molto conosciuta come sostenitrice della “Mottainai campaign”, che comprende la campagna internazionale basata sulle tre R: Riutilizzo, Riduzione e Riciclaggio.
Alcuni anni fa, mentre si trovava in Giappone, ha imparato la parola giapponese “Mottainai”, che significa fondamentalmente “Non sprecare nemmeno le piccole cose perché anche queste hanno un valore intrinseco”.
In quel momento ebbe l’ispirazione per la campagna. Pensò che lo “spirito di Mottainai”, che incarna lo spirito delle tre R, dovesse essere diffuso a livello globale. Continua a dire che lo “spirito di Mottainai” è indispensabile per assicurare la difesa e la conservazione dell’ambiente globale. Questo spirito che sostiene è ovviamente conforme alle basi dell’economia buddista.
Come si concretizzano questi valori?
Ueno: Gli economisti buddisti chiedono politiche che portino, tra le altre cose, al distacco da un approccio che punta solo alla crescita e da una produzione guidata dal petrolio, e l’instaurazione di un nuovo meccanismo internazionale per eliminare la violenza.
In Giappone, la Komazawa University, una rinomata università buddista di Tokyo, ha fondato un Istituto di Ricerca sull’Economia Buddista nel 1966. Altre università, come la Keio University di Tokyo e la Ashikaga University di Gunma, offrono saltuariamente lezioni speciali su questo argomento.
Con l’instabilità e l’incertezza attuali relative all’economia mondiale, che hanno aumentato lo scetticismo sui principi del libero mercato, l’economia buddista sta attirando un’attenzione sempre maggiore.
Potrebbe essere interessante dar vita a un dialogo a questo proposito tra gli economisti con orientamento buddista e quelli con orientamento cattolico.
Non bisognerebbe inoltre trascurare il fatto che nel contesto della 24ma Conferenza Generale della World Fellowship of Buddhists (WFB), che si è svolta a Tokyo lo scorso anno, ha avuto luogo un simposio sul tema “L’economia della felicità”.