di don Marcello Stanzione*
ROMA, domenica, 28 giugno 2009 (ZENIT.org).- Per noi cattolici il Papa è segno di unità delle varie Chiese particolari (le diocesi) ed è il Vicario di Cristo in terra e per questo gode di una particolare protezione delle Gerarchie angeliche verso le quali mostra un profondo amore.
A questo riguardo la vicenda del primo Papa della storia, San Pietro, è assai significativa; infatti l’Angelo del Signore liberò il Capo degli Apostoli dal carcere, ben due volte. La prima liberazione è descritta; in poche parole, nel capitolo quinto degli Atti degli Apostoli, dove è scritto che la setta dei Sadducei fece gettare gli apostoli nella pubblica prigione: “Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione e li condusse fuori” (At. 5, 19).
La narrazione della seconda liberazione angelica è molto più ampia e la trascriviamo integralmente dalla Bibbia: “Verso quel tempo il re Erode prese a maltrattare alcuni membri della Chiesa. Fece morire di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, mandò ad arrestare anche Pietro. Si era nei giorni degli azzimi. Catturato, lo pose in carcere, dandolo a sorvegliare a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, con l’intenzione di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro era tenuto prigioniero, la chiesa rivolgeva senza sosta preghiere a Dio per lui. La notte precedente il giorno fissato da Erode per farlo comparire davanti al popolo, Pietro dormiva in mezzo a due soldati legati con due catene, mentre le sentinelle davanti alla porta facevano la guardia alla prigione. Ed ecco che un Angelo del Signore gli fa vicino, e una luce risplendette sulla cella. L’Angelo scosse Pietro ad un fianco e lo svegliò dicendogli: ‘Alzati, presto!’, Le catene gli caddero dalle mani; e l’Angelo gli disse: ‘Mettiti la cintura e legati i sandali’. E così fece. Poi gli disse: ‘Buttati addosso il mantello e seguimi’. E uscito lo seguiva, e non si rendeva canto che era vero ciò che gli stava accadendo per mezzo dell’Angelo, e gli sembrava piuttosto di vedere una visione. Oltrepassato il primo posto di guardia e il secondo, vennero alla porta di ferro che immetteva nella città. Essa si aprì da sola davanti a loro. Uscirono e si avviarono per una strada, e improvvisamente l’Angelo si dileguò da lui. Allora Pietro ritornato in sé disse: ‘Ora capisco davvero che il Signore ha mandato il mio Angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode e ha reso vana l’attesa del popolo dei Giudei'” (At. 12, 1-11).
Per noi cattolici la più grande autorità sulla terra è quella del Sommo Pontefice. Il Papa è il vicario di Cristo: egli parla e governa in suo nome, ne risulta che la responsabilità del Capo della Chiesa è formidabile! Questo l’aveva ben compreso il giovanissimo Carlo Acutis (1991-2006) che prima di morire aveva offerto le sue sofferenze per il Santo Padre. Sulle sue spalle poggia il pensiero dell’intera Chiesa. Forze umane non basterebbero: occorre una forza divina. Chi gliela darà? L’uomo costituito in dignità, dice san Tommaso, ha per guida della sua persona privata un angelo d’un ordine inferiore; ma per ben governare la moltitudine che gli è confidata, egli è illuminato da un angelo superiore. Chi è quest’angelo superiore incaricato di custodire il Sommo Pontefice, di illuminarlo, di dirigerlo? Dio, afferma san Basilio, ha costituito san Michele angelo custode del Capo visibile della Chiesa, e nel seguito dei tempi, egli ci appare sempre come il protettore, il consigliere ed il vendicatore del papato. Questa è l’opinione dei commentatori. Colui che, dice Cornelio A. Lapide, è il custode del corpo della Chiesa, deve esserlo anche della testa.
Una pia credenza, assegna san Michele come angelo custode al Pontefice in carica. Abbiamo numerose prove di questa funzione di san Michele. I commentatori lo riconoscono nell’angelo liberatore dell’episodio di san Pietro in carcere, il primo papa. Dio ha inviato il suo angelo, dice l’apostolo stesso. Questa sola espressione basterebbe a designare san Michele. Attila marcia su Roma minacciandone il completo saccheggio, Papa Leone I gli va’incontro per placare la sua crudeltà barbara. Suppliche, preghiere e lacrime, è troppo poco per fermare il barbaro assetato di sangue. Ma a fianco del vecchio pontefice appare un guerriero celeste, che brandisce una spada, e due vecchi venerabili, che minacciano di morte l’audace, se non indietreggia dal suo proposito di distruggere Roma. Attila si ritira spaventato. Anche il papa Leone IV proclama ch’egli ha riportato sui Saraceni una brillante vittoria col braccio di san Michele. Altri papi testimoniano nelle loro lettere la fiducia in lui. Uno ha anche fatto rappresentare l’Arcangelo che ha in mano il governo della barca di Pietro, con questa iscrizione: “San Michele, siate mio protettore e mio difensore, come lo siete stato di tutti quelli che mi hanno preceduto sulla cattedra di Pietro”.
Non è dunque sorprendente che fin dall’antichità i papi abbiano a Roma, innalzato dei templi e fatto celebrare delle feste in onore di san Michele. A Roma tra Castel Sant’Angelo ed il Vaticano esistevano ben nove tra chiese e cappelle consacrate al Principe degli Angeli. Molti papi, ultimo in ordine di tempo, Giovanni Paolo II, sono andati anche a pregarlo nel suo santuario del monte Gargano nelle Puglie. In cambio dalla loro devozione, l’Arcangelo li ha aiutati nelle loro imprese e nelle loro lotte per la difesa dei diritti della Santa Chiesa.
Ai giorni nostri Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno diverse volte invitato il popolo di Roma e tutto il mondo cristiano ad onorarlo ed a ricorrere alla sua intercessione. Papa Pio XII il 15 gennaio 1941 proclamò San Michele Arcangelo patrono e protettore dei radiologi e radioterapeuti. Questi lavorano nei loro rispettivi campi contro pericoli per la salute del proprio corpo e hanno bisogno del patronato degli angeli che possano proteggerli e assisterli nell’aiutare il malato. Di conseguenza San Michele fu costituito e dichiarato loro patrono e gli fu affidato un ruolo specifico e molto speciale per aiutare i malati e prevenire le malattie.
Il nome di Michele, “Quis ut Deus?”, secondo Pio XII, esprime e significa “Forza di Dio”, ed è per questa ragione specialmente che il sommo Pontefice dichiarò l’Arcangelo Michele Patrono dell’ordine e della sicurezza pubblica in tutta l’Italia. “Non c’è nessuno che appare più capace e più idoneo a preservare la sicurezza pubblica di quel Principe celeste dell’armata angelica, come ad esempio, l’Arcangelo Michele, poiché egli possiede la forza contro i poteri dell’oscurità” egli disse.
“Assistere Dio a beneficio della nostra salvezza”, dice San Giovanni Crisostomo, “è un dovere degli angeli… essi si adoperano per il nostro bene, corrono qua e là per noi, e nessuno lo direbbe, ci rendono servizio”. Tale è anche il dovere dell’Arcangelo Michele il comandante dell’armata angelica. Afferma Giovanni Paolo II: “Possa la preghiera fortificarci per quella battaglia spirituale di cui parla la Lettera agli Efesini: ‘Attingerete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza’ (Ef. 6. 10). E’ a questa stessa battaglia che si riferisce il Libro dell’Apocalisse, richiamando davanti ai nostri occhi l’immagine di San Michele Arcangelo (cfr Ap. 12, 7), aveva di sicuro ben presente questa scena, papa Leone XIII, quando alla fine del secolo scorso, introdusse in tutta la Chiesa una speciale preghiera a San Michele: ‘San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro i mali e le insidie del maligno; sii nostro riparo…’. Anche se oggi questa preghiera non viene più recitata al termine della celebrazione eucaristica, invito tutti a non dimenticarla, ma a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo” (Esorta
zione di Giovanni Paolo II alla Recita del Regina Coeli di Domenica 24 aprile 1994).