CITTA' DEL VATICANO, martedì, 30 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 26 giugno dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, alla Conferenza sulla crisi finanziaria ed economica mondiale e sul suo impatto sullo sviluppo.
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Signor presidente,
La Santa Sede è lieta di questa opportunità per commentare le raccomandazioni che ora emergono dai dibattiti che si sono svolti sull'impatto della crisi finanziaria ed economica globale sui Paesi in via di sviluppo. Nel farlo, plaudiamo ancora una volta all'iniziativa adottata negli ultimi mesi dalle Nazioni Unite per coinvolgere tutti i suoi membri nel dibattito.
Non dobbiamo dimenticare che sono i poveri, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, a soffrire maggiormente e a essere meno capaci di difendersi dall'impatto di questa crisi. La perdita di posti di lavoro nei primi e la carenza di accesso a un impiego, al cibo, all'assistenza sanitaria di base e alle strutture educative nei secondi, sono una triste realtà quotidiana. Al termine degli incontri del Comitato per lo Sviluppo tenutisi alla fine di aprile, la Banca Mondiale ha stimato che altri 55-90 milioni di persone si ritroveranno in una povertà estrema nel 2009, specialmente donne e bambini; allo stesso tempo, ci si aspetta che quest'anno il numero delle persone che soffrono cronicamente la fame superi il miliardo. Inoltre sono diminuite anche le prospettive di sconfiggere l'estrema povertà entro il 2015 attraverso gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Pertanto, per la Santa Sede vi è in primo luogo il forte impegno morale di affrontare queste disparità sociali ed economiche che si stanno accentuando e che minano la dignità fondamentale di tanti abitanti della terra. Allo stesso tempo le istituzioni della Chiesa in tutto il mondo hanno approfittato di questa congiuntura per promuovere nuove strutture di solidarietà e per auspicare e incoraggiare un nuovo orientamento dei sistemi finanziari ed economici nazionali e globali verso i principi della giustizia, della solidarietà e della sussidiarietà.
Data la vulnerabilità di tanti poveri del mondo, sosteniamo le proposte avanzate per tutelarli attraverso misure di stabilizzazione a breve termine, adottando al contempo misure a più lungo termine per assicurare flussi finanziari sostenibili e ridurre le possibilità che si verifichi una nuova crisi. Chiediamo anche con urgenza che l'agenda futura non sia eccessivamente ambiziosa. Le azioni a breve termine devono concentrarsi su mezzi in grado di dare un aiuto tangibile in tempi ragionevoli alle persone più bisognose. Le misure a più lungo termine — per la cui realizzazione spesso è necessario sviluppare un consenso politico più forte — dovrebbero incentrarsi su azioni a supporto della sostenibilità. Pertanto, noi appoggiamo l'equilibrio pratico che è stato suggerito tra l'esigenza a breve termine di un'azione efficace e le proposte più a lungo termine di rivedere la struttura del sistema economico globale.
In termini di azione specifica, accogliamo con piacere gli impegni assunti durante il vertice del g20 che si è tenuto a Londra lo scorso aprile per rendere disponibili più di mille miliardi di dollari come aiuti aggiuntivi. Purtroppo, però, solo una piccola parte di tali aiuti è stata destinata ai Paesi in via di sviluppo più poveri. Pertanto, è fondamentale destinare ancora un aiuto finanziario adeguato a questi Paesi, i cui bisogni finanziari devono essere attentamente monitorati. È anche importante che tali aiuti vengano dati a condizioni minime dalle Ifi (Istituzioni finanziarie internazionali).
Siamo consapevoli delle dimensioni umane e sociali di questa crisi globale. Alla luce di ciò, appoggiamo le misure volte a rafforzare la sicurezza alimentare, il sostegno alle spese sociali e, più in generale, una spesa pubblica che ponga al centro le persone. A tale riguardo, apprezziamo in modo particolare le proposte per le necessarie risorse aggiuntive da destinare al Vulnerability Financing Framework della Banca Mondiale.
La nuova crisi globale non deve servire da pretesto per dimenticare le questioni che da tempo preoccupano. Nella Conferenza di Doha abbiamo sottolineato l'importanza di riaffermare il principio di sviluppo finanziario sostenibile e di assicurare un cammino di sviluppo sostenibile per tutti i Paesi in via di sviluppo. In modo particolare, l'eliminazione dei sussidi per le esportazioni agricole è una misura che può recare notevoli benefici ai Paesi in via di sviluppo molto poveri. Questa prerogativa essenzialmente morale è diventata nel frattempo ancora più urgente poiché la crisi finanziaria globale si è aggravata. Pertanto ci uniamo agli Stati membri nel sollecitare una conclusione rapida della Conferenza di Doha dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, nel senso che vengano rispettati gli impegni assunti a favore dei Paesi meno sviluppati. Allo stesso modo, è importante che i Paesi sviluppati mantengano i loro impegni di assistenza ufficiale allo sviluppo (oda).
In merito alle misure volte a prevenire il ripetersi di questa crisi in futuro, appoggiamo regolamentazioni pratiche e attuabili per assicurare la trasparenza globale e il controllo a tutti i livelli del sistema finanziario. Sottolineamo che alla base dell'attuale crisi economica vi è un'ideologia che pone l'individuo e i desideri individuali al centro di tutte le decisioni economiche. La pratica dell'economia ha rispecchiato questo centro ideologico e ha cercato di cancellare i valori e la moralità dal dibattito economico invece di tentare d'integrare tali preoccupazioni nella realizzazione di un sistema finanziario più efficace e giusto.
Questa visione del mondo ha creato una società in cui i guadagni economici e personali a breve termine vengono realizzati a spese altrui e hanno l'effetto di produrre un individualismo che non riconosce i diritti e le responsabilità condivisi, necessari per creare una società che rispetti la dignità di tutte le persone.
Mentre la comunità delle Nazioni Unite si assume questa responsabilità collettiva di sostenere i Paesi in via di sviluppo più poveri in questo tempo di crisi finanziaria, riteniamo opportuno ricordare le riflessioni fatte da Papa Benedetto xvi all'inizio dell'anno, nel celebrare la Giornata mondiale della pace. Egli ha posto particolare enfasi sul bisogno fondamentale di un «forte senso di solidarietà globale» tra Paesi ricchi e Paesi poveri per affrontare in modo efficace la lotta contro la povertà. Il suo è stato essenzialmente un appello morale, fondato sul bene comune per tutti gli esseri umani.
Nel campo del commercio internazionale e della finanza sono in atto processi che consentono un'integrazione positiva dell'economia che conduce a un miglioramento generale delle condizioni. Allo stesso tempo, però, sono in corso processi nella direzione opposta che emarginano i popoli e possono portare a guerre e conflitti. Nonostante la grande crescita del commercio dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono rimasti molti Paesi a basso reddito che sono ancora emarginati dal punto di vista del commercio. In tali Paesi, molti dei quali si trovano in Africa, è in gioco una questione fondamentale di equità globale. Anche nell'ambito della finanza la recente crisi mostra come l'attività finanziaria può essere incentrata su se stessa e avere una prospettiva a breve termine, senza alcuna considerazione a lungo termine del bene comune.
Per concludere, ribadiamo la nostra istanza di dare priorità ai Paesi più poveri in questo tempo di crisi e di adottare un approccio etico (I) in campo economico da parte di quanti operano nei mercati internazionali, (II), in ambito politico da parte di quanti svolgono una funzione pubblica e (III) di consentire una partecipazione che comprenda tutti i membri della società civile. Solo adottando un simile approccio sarà possibile realizzar e una solidarietà globale autentica.
Grazie, signor presidente.
[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]