di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 9 aprile 2009 (ZENIT.org).- Lo scientismo è un’ideologia anti-scientifica “che pretende, a priori, di essere capace di comprendere tutta la realtà, anche ciò che è sempre stato considerato inattingibile, non certo perché in se stesso inintelleggibile, ma perché superiore alla capacità umana”.
E’ quanto sostiene Francesco Agnoli, professore, giornalista e scrittore nella seconda parte di una intervista a ZENIT.
La prima parte è stata pubblicata l’8 aprile.
Qual è il fine ultimo del festival della scienza organizzato il 15 e 16 maggio a Trento da Libertà e persona (www.libertaepersona.org), associazione di cui lei è da poco presidente?
Agnoli: A nostro parere il grande dibattito che oppone oggi due antropologie differenti non è quello tra scienza e fede, tra cui non esiste alcun contrasto, semmai divergenza di interessi, di mezzi e di fini, quanto quello tra scientismo e scienza.
Scienza sì, scientismo no: questa è la posizione filosofica di chi crede, ma anche di chi è semplicemente aperto al dubbio e alla complessità della realtà. Di chi non vuole per forza sostituire le certezze religiose, rivelate, cui non aderisce, con presunte certezze di rimpiazzo, con surrogati improbabili e infondati, ma da presentare come rocciose sicurezze.
La scienza, come sappiamo, nasce dal matrimonio tra il pensiero greco, tra la sua concezione di ragione, e l’idea biblica di Dio come Logos. Che il mondo si presenti a noi ordinato, come cosmos, e che sia indagabile e intelleggibile è la profonda intuizione della grecità. Che la sua intelleggibilità sia causata dalla sua Origine, né casuale, né caotica, ma Intelligente, è in termini simili, e più esaustivi, il cuore di quanto rivelato dal Genesi.
L’influenza di questo libro della Bibbia, dal punto di vista filosofico e scientifico, non sarà mai abbastanza ribadita. Che infatti la scienza moderna nasca “in casa nostra”, come direbbe il fisico italiano Antonino Zichichi, deriva molto semplicemente dal fatto che il modo di vedere l’universo, proprio del cristianesimo, apre le porte alla possibilità stessa dell’indagine naturalistica.
Il mondo divinizzato, abitato da elfi, folletti, gnomi, e divinità della terra, dell’aria e del fuoco, tipico delle religioni animistiche e politeistiche, non poteva infatti partorire una ricerca scientifica basata sull’idea che a determinati effetti naturali corrispondano altrettante cause ugualmente naturali. Il panteismo infatti produce alchimia, astrologia, magia, terrore degli dei e superstizioni; l’idea di un universo creato invece sottintende che tale universo non è Dio, ma ne deriva: per questo può essere studiato, indagato e compreso.
“Il cristianesimo – ha scritto Nicolaj Berdjaev – estrasse quasi a forza l’uomo dalla prigionia della natura e lo mise spiritualmente in piedi, lo collocò in alto, come essere spirituale autonomo, lo sciolse da questa sottomissione al tutto universale naturale…Solo il Cristianesimo restituì all’uomo la libertà spirituale della quale era stato privato quando era in potere dei demoni, degli spiriti della natura, delle forze elementari, come avveniva nel mondo precristiano”.
Aggiunge: “Il cristianesimo meccanizzò la natura per restituire all’uomo la libertà, per disciplinarlo, per distinguerlo dalla natura ed elevarlo al di sopra di essa”. Così solo “il cristianesimo ha reso possibile una scienza positiva della natura”.
Ciò significa che gli antefatti filosofici all’indagine naturalistica sono nell’ordine: l’idea di un mondo ordinato, il cui mistero, come direbbe Albert Einstein, sta nella sua comprensibilità, ma che nello stesso tempo non è esauribile dalla ragione umana; l’idea di un mondo che non coincide con Dio, e il cui ordine quindi è derivato, come quello di una macchina, o di un orologio, per utilizzare gli esempi dei padri della scienza moderna, da una Intelligenza superiore, un Orologiaio divino, un Pantocrator universale (Isaac Newton).
L’idea che all’interno della natura l’uomo non sia, come sostenevano e sostengono i panteisti, uguale alle altre parti del Tutto, equivalente, come scriveva il pagano Celso, e come affermano oggi i sociobiologi, gli psicologi evoluzionisti, i darwinisti materialisti, gli Eugenio Scalfari e gli Umberto Veronesi, ad una formica o ad un’ape o ad un verme.
In un universo così concepito, che l’uomo, che alla natura appartiene, ma cui è, nel contempo superiore, essendo a “immagine e somiglianza di Dio”, cerchi di comprenderla, di leggerne la struttura, e di servirsene per i propri fini, è la cosa più “naturale” che possa esistere.
Proprio in quanto re del creato, infatti, l’uomo fa parte della creazione, e nello stesso tempo la trascende, la supera, la “possiede”, o meglio, per utilizzare il linguaggio biblico, se ne serve col compito di custodirla. Se invece ne fosse solo una parte, come l’ape o la mosca, certo non sentirebbe nella sua natura l’esigenza di conoscere ciò che non è strettamente necessario alla sua sopravvivenza, e non avrebbe mai dato vita alla chimica, alla fisica, alla biologia, all’astronomia, alla geologia…- cioè all’indagine su tutto ciò che della natura non umana fa parte -, né tanto meno alla filosofia, all’arte, alla poesia e alla teologia, cioè a tutto ciò che riguarda l’uomo e solo lui, in una prospettiva più ampia.
L’uomo, dunque, “ha un destino particolare perché viene creato fuori del regno animale”, e il mondo, che gli è dato in affido, da scoprire ed utilizzare, è “cosa buona”: nasce qui la scienza moderna, da una precisa idea di uomo e da una altrettanto definita idea di universo.
E’ chiaro, alla luce di quanto si è detto, che lo scientismo è un’ideologia, che è sì in contrasto con la fede in un Dio creatore, ma è anche, nel contempo, anti-scientifica. Lo scientismo è, anzitutto, un’ideologia, nel senso che pretende, a priori, di essere capace di comprendere tutta la realtà, anche ciò che è sempre stato considerato inattingibile, non certo perché in se stesso inintelleggibile, ma perché superiore alla capacità umana.
Inintelleggibile, cioè, per la ragione, pur sempre limitata, con la r minuscola, dell’uomo. Scientismo è, come sostiene John Duprè, filosofo della scienza e direttore del Centre for Genomics in Society, affermare che la verità sulla materia fisica sia la verità su tutto; credere, e il verbo non è utilizzato a sproposito, che ad esempio l’evoluzionismo sia in grado di spiegare qualsiasi cosa; affermare di poter “applicare un’idea scientifica di successo ben oltre il suo dominio originario, e in genere con sempre minor successo man mano che la sua applicazione viene estesa” (J. Duprè, Natura umana. Perché la scienza non basta, Laterza, 2007).
Scopo del festival della scienza è dunque quello di interrogarsi, senza pregiudizi e preconcetti, su quello che oggi la scienza ci può dire con certezza, per comprendere che a differenza di quanto sostengano gli scientisti, il Mistero dell’universo, della vita e dell’esistenza dell’uomo, non è affatto risolto: le domande metafisiche (perché esiste l’essere e non il nulla? Perché io esisto?), sono dunque ancora di strettissima attualità, oggi, come ai tempi del primo uomo. A dircelo saranno scienziati famosi, genetisti, biologi, astrofisici, di varie università italiane.
[Per ogni informazione sul Festival della Scienza: www.libertaepersona.org, oppure 349-8634175]