L'aborto: abbandono e silenzio, e nessuno che vuole ascoltarti

Intervista a Esperanza Puente, autrice di un libro-testimonianza

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di Sara Martín

MADRID, mercoledì, 8 aprile 2009 (ZENIT.org).- E’ stato appena pubblicato in Spagna “Rompiendo el silencio” (“Spezzando il silenzio”, edizioni LibrosLibres), scritto da Esperanza Puente, che ha abortito quindici anni fa e oggi racconta la sua esperienza di dolore e solitudine.

L’autrice riporta anche casi di uomini e donne che, come lei, hanno subito la sindrome post-aborto.

Perché scrivere un libro raccontando la propria esperienza dell’aborto? Aiuta a far rimarginare la ferita o la riapre?

Esperanza Puente: L’ho scritto per far conoscere all’opinione pubblica una realtà sociale occulta e perché si sappia che quando una donna abortisce soffre. I 23 anni di funzionamento della legge sull’aborto rappresentano un fallimento e una piaga per la società spagnola. Ho anche voluto che, oltre alla mia testimonianza, ne apparissero altre di uomini e donne che fanno parte della mia vita e il cui caso mi ha colpito in modo particolare. Sono casi rappresentativi di vari ambiti e circostanze. Ad ogni modo, insisto, ho scritto il libro soprattutto per esprimere questa realtà: ciò che si vive e si soffre prima, durante e dopo un aborto provocato.

E cosa si soffre?

Esperanza Puente: Prima dell’aborto, quando una donna è incinta, continua a sentirsi sola, indifesa e non protetta. Nessuno le spiega quali opzioni ha, che abortire non è una soluzione ma un grande problema, che c’è gente che la può aiutare…

Durante l’aborto si prova dolore e lacerazione. E’ come una ferita mortale che ti lascia devastata dentro, a livello fisico e mentale.

Dopo aver posto fine alla gravidanza provi abbandono, silenzio e solitudine. Nessuno è interessato ad ascoltare la donna e a cercare di aiutarla, il che si aggiunge alla sindrome post-aborto che si soffre di per sé. Nel mio caso, soffrire in silenzio mi ha portato ad essere un “morto vivente”: avevo ansia, incubi, senso di colpa, mi facevo del male guardando bambini… Sono arrivata a picchiare mio figlio, e in quel momento ho deciso che dovevo cercare aiuto. Il mio caso non è isolato, ogni giorno parlo con donne alle quali accade lo stesso. Proprio per questo dovevo raccontarlo in un libro.

Di fronte a questo, cosa dovremmo fare tutti e cosa deve fare il Governo?

Esperanza Puente: La società dovrebbe prendere coscienza, acquisire formazione su questo tema per non lasciarsi ingannare con eufemismi sulla vita e la morte.

Anche il Governo, da parte sua, deve prendere coscienza di ciò che significa un aborto provocato per la donna, e deve compiere un esercizio di onestà morale e ammettere che non esiste una domanda sociale per questa misura. La realtà dell’aborto è lì, le conseguenze le vediamo tutti. Spero sinceramente che il Governo non approvi questa nuova legge che ha tanto interesse a portare avanti.

Perché?

Esperanza Puente: Il problema di questo disegno di legge è che è stato fatto senza consenso, perché è iniziato con la creazione di un comitato di esperti a favore dell’aborto. Di fronte alle critiche unanimi da parte di tutti e alla richiesta di un comitato in cui si potesse sentire la voce pro-vita e pro-donna, il Governo ha creato una sottocommissione perché ogni gruppo parlamentare presentasse i suoi esperti e si traessero conclusioni.

L’unica conclusione, tuttavia, è che è stata una farsa, io ho partecipato e nessuno del Governo ha avuto l’educazione o la decenza di ascoltare la mia testimonianza. Una volta che si è saputo cos’era quello che il Governo voleva approvare, inoltre, si è capito che non ha tenuto conto di tutti noi che abbiamo partecipato a quella sottocommissione. Credo sia stato uno scandalo.

Cosa fa attualmente? Si dedica completamente a questa causa?

Esperanza Puente: Sono portavoce della Fondazione REDMADRE, una rete solidale di sostegno alla donna che affronta una gravidanza inaspettata con difficoltà. Informiamo in modo completo e verace, e offriamo anche opzioni perché crediamo che l’informazione dia libertà. Se la donna non è informata, viene spinta a subire un aborto, come un agnello condotto al macello.

Personalmente l’aiuta a superare la sua sindrome post-aborto ascoltare altre donne che passano per lo stesso dramma?

Esperanza Puente: Sì, per me è come una seconda liberazione. Sicuramente quando ho iniziato a collaborare avevo superato la cosa, ma a livello psicologico mi ha aiutata.

Per ulteriori informazioni, www.libroslibres.com

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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