ROMA, giovedì, 29 gennaio 2009 (ZENIT.org).- I Vescovi tedeschi hanno invitato i quattro Vescovi “lefebvriani”, cui il Papa di recente ha rimesso la scomunica risalente al 1988, a dichiarare ufficialmente di accettare il Concilio Vaticano II e in particolare la Dichiarazione ‘Nostra Aetate’ sulle relazioni con l’ebraismo e le religioni non cristiane.
E’ quanto si legge in una dichiarazione diffusa da mons. Heinrich Mussinghoff, Presidente della Sottocommissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo della Conferenza Episcopale Tedesca.
Il presule ha confermato il sostegno dei Vescovi tedeschi agli sforzi compiuti dal Papa per “ottenere l’unità della Chiesa”, pur osservando che esistono “questioni ancora aperte”.
Il provvedimento, ha ammesso, “ha suscitato una serie di domande critiche” soprattutto a causa delle tesi negazioniste dell’Olocausto espresse dal Vescovo lefebvriano Richard Williamson.
“Ci opponiamo nella maniera più decisa a questa negazione dell’Olocausto, che in Germania è già oggetto di inchieste giudiziarie”, ha dichiarato Mussinghoff.
La negazione dell’Olocausto, in Germania, è infatti dal 1994 un reato punibile fino a 5 anni di galera.
“Esprimiamo – si legge ancora nella nota – la chiara e grande aspettativa e la richiesta urgente che nel corso dei colloqui, i quattro Vescovi e la Fraternità di S. Pio X manifestino in modo inequivocabile e credibile la loro fedeltà al Concilio Vaticano II e in particolare alla dichiarazione ‘Nostra Aetate’, le cui istanze vennero fatte proprie da Papa Giovanni Paolo II nel suo lungo pontificato in maniera insistente e con risultati benefici”.
La Fraternità di San Pio X si oppone alla concezione ecclesiologica emersa dal Concilio Vaticano II, secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, affermando che in questo modo si nega l’identità tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica, e rifiuta l’ecumenismo e i rapporti interreligiosi come negazione dell’unicità della Chiesa e della sua missione salvifica.
Dal canto suo la Conferenza Episcopale Svizzera, Paese dove monsignor Marcel Lefebvre stabilì, a Ecône, la casa di formazione della Fraternità sacerdotale San Pio X, ha tenuto a sottolineare in una nota che i Vescovi consacrati nel 1988 senza mandato pontificio, “nonostante la revoca della scomunica, restano sospesi ‘a divinis’” e quindi, “secondo la Chiesa Cattolica, non possono esercitare il loro ministero episcopale”.
“Occorre – scrivono i Vescovi – evitare malintesi: nella dottrina della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione, né la riabilitazione, ma l’apertura del cammino verso la riconciliazione. Quell’atto non è dunque un punto d’arrivo, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle ragioni del dissenso”.
Il Vescovo di Regensburg (Ratisbona), in Germania, mons. Gerhard Ludwig Mueller, ha invece disposto il divieto di accesso a tutte le chiese e a tutte le istituzioni della diocesi per monsignor Richard Williamson – che normalmente risiede in Argentina –, accusandolo di blasfemia.
La controversa intervista alla televisione svedese SVT è stata infatti rilasciata da monsignor Williamson nel novembre 2008 non lontano da Regensburg, a Zaitzkofen, dove ha sede un seminario della Fraternità sacerdotale San Pio X.
Per competenza territoriale la procura di Regensburg ha inoltre aperto un’inchiesta a carico di Williamson per istigazione all’odio razziale.