CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 29 gennaio 2009 (ZENIT.org).- In occasione dell’Anno dell’Astronomia, indetto dalle Nazioni Unite per commemorare i 400 anni delle prime scoperte astronomiche e che vede Galileo come protagonista, la Santa Sede sottolinea che “esiste un vincolo stretto tra la contemplazione del cielo stellato e la religione”.
In una nota ricevuta da ZENIT, si ricorda che questo Anno “rappresenta per la Santa Sede un’importante occasione di approfondimento e di dialogo”. Per questo, “diversi dicasteri vaticani, a vario titolo e con diverso grado di coinvolgimento, sono all’origine di manifestazioni, iniziative, e progetti che hanno come oggetto l’astronomia e la figura di Galileo”.
“In quasi tutte le culture e civiltà, l’osservazione del cielo è impregnata di un senso profondamente religioso – constata la Santa Sede -. Nei movimenti dei pianeti e nell’ordinata rotazione della volta celeste gli uomini hanno cercato risposta ai loro più profondi interrogativi”.
“Anche la Bibbia conserva le tracce di questa antica sapienza, che sottolinea la forza creativa di Dio, dalle prime pagine della Genesi all’adorazione dei Magi, passando per l’avventura personale di Abramo, che vedeva nelle stelle del cielo il pegno sicuro della promessa divina”.
L’astronomia, spiega il testo, ha avuto un ruolo privilegiato anche nella storia della Chiesa: testimoniano l’interesse per questa disciplina gli studi di Papi come Gregorio XIII, sostenitore della riforma del calendario che porta il suo nome, e S. Pio X, che sapeva fabbricare orologi solari, così come le meridiane nelle chiese e l’Osservatorio Astronomico Vaticano, conosciuto come Specola Vaticana.
Lo stesso Benedetto XVI, all’inizio dell’Anno dell’Astronomia nella festività dell’Epifania, ha ricordato il sorgere ai nostri tempi di una nuova visione cosmologica proprio “grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali – sulle orme di Galileo – non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità”.
Galileo, spiega la Santa Sede, “ha aperto per l’umanità un mondo finora poco sconosciuto, allargando i confini della nostra conoscenza e costringendoci a rileggere il libro della natura sotto una nuova luce”.
Egli rappresenta dunque un “geniale innovatore e figlio della Chiesa” che quest’ultima desidera “onorare”.
Al giorno d’oggi, si legge nella nota, “i tempi sono ormai maturi per una nuova considerazione della figura di Galileo e dell’intero Caso Galilei”, e “la Chiesa vive quest’Anno dell’Astronomia con la consapevolezza di aver già compiuto in proposito un lungo cammino di riflessione”.
Dopo la critica da parte del Concilio Vaticano II di “certi atteggiamenti mentali” “derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza” (Gaudium et spes, 36), Papa Giovanni Paolo II ha infatti istituito nel 1981 una Commissione “per riesaminare a fondo il Caso Galileo e rimuovere gli ostacoli che questo caso poneva per un sereno confronto tra la scienza e la fede”.
La Commissione ha avuto “il coraggio di riconoscere gli errori dei giudici di Galileo, i quali, ‘incapaci di dissociare la fede da una cosmologia millenaria, credettero, indubbiamente a torto, che l’accettazione della rivoluzione copernicana, peraltro non ancora definitivamente provata, fosse di natura tale da far vacillare la tradizione cattolica e che, pertanto, fosse loro dovere proibirne l’insegnamento'”.
“Oggi, in un clima più sereno, possiamo finalmente guardare alla figura di Galileo e riconoscervi il credente che tentò, nel contesto del suo tempo, di conciliare i risultati delle sue ricerche scientifiche con i contenuti della fede cristiana – conclude la nota -. Per questo, Galileo merita tutto il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine”.