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FRATEL ALBERTO Non si può giudicare limitandosi ad osservare i
fenomeni in superficie. Tu ti ricordi come il vecchio
Isacco si sia sbagliato e abbia scelto male fra
Giacobbe ed Esaù. Non si può giudicare secondo i
travestimenti che l’uomo indossa durante la sua vita.
Qui si tratta solo di comprendere se lei sia stato
scelto.
MUSICISTA Come accorgersene?
FRATEL ALBERTO Innanzi tutto bisogna avere una nuova visione del
mondo. Lei non ce l’ha. Perché questa è la
differenza, mio caro signore: questa è la differenza.
Una cosa è giudicare il mondo con le misure che
valutano i vari toni musicali – e questo è molto
interessante, molto bello, splendido – un’altra cosa
è vedere il mondo nella sua dimensione di miseria e
di viltà e sapere, sapere con precisione il punto in
cui Dio si incontra con tutto questo, sapere quale
miseria lo avvicina agli uomini e quale lo allontana.
MUSICISTA Mi sembra che potrei dare un giudizio del genere.
FRATEL ALBERTO Con quali criteri? Con quelli dell’errata visione
musicale? Lei conosce almeno qual’è la vera miseria
dell’uomo davanti a Dio? Un tale miseria non si deve
cercare ai confini dell’uomo o nei suoi dintorni.
Essa si trova dentro di lui, precisamente in quel
luogo nel quale egli dovrebbe cominciare la sua vera
elevazione.
MUSICISTA Sì, intuisco di cosa il Frate stia parlando: il
significato delle contraddizioni.
FRATEL ALBERTO Noi di solito giudichiamo male: la misericordia e
l’ingiustizia hanno un significato diverso da quello
che noi diamo loro. La misericordia e l’ingiustizia
non cominciano dove di solito noi supponiamo…. Ma
per vedere questo bisogna avere quella nuova visione.
Se manca questa, si commetteranno sempre delle
sciocchezze.
Poco prima della sua morte Fratel Alberto parla con i suoi confratelli per confortarli nella loro vocazione che si fonda sulla realizzazione della misericordia cristiana.
FRATEL ALBERTO Fratelli miei. Vi ho tolto tutto. Vi ho chiesto tutto.
Non vi ho illuso con nessuna promessa. Non so, se
avevo il diritto di fare una cosa del genere. E
inoltre ho messo un giogo sulle vostre spalle. Ma ho
cercato di poggiarlo nel profondo, dentro ognuno di
voi, lì dove l’odio del peso maledetto dovrebbe
trasformarsi in amore. Vi siete certamente accorti che
sto parlando della croce, della nostra comune croce
che è la trasformazione della caduta dell’uomo nel
bene e della sua schiavitù in libertà….
Sapevo però di non essere da solo. In ognuno di voi
“sapevo” della miseria e di lui. Per tanto tempo la
miseria umana è stata così lontana da Dio; con
tutte le mie forze cercavo di avvicinare l’uno
all’altro dentro di voi. Prima c’eravate voi,
miserabili, e sulla vostra miseria si estendeva il
vuoto; ma dal momento in cui il misero si avvicina a
Dio, la sua caduta si trasforma in croce; la sua
schiavitù in libertà.
Sono sicuro di aver scelto la più grande libertà! Il dramma è stato scritto in Polonia dopo la guerra, in quegli anni in cui era in atto una rivoluzione “forzata”, cioè si cercava di costruire il nuovo ordine sociale senza l’amore e senza la misericordia cristiana. Si voleva costruire anche un uomo nuovo, a partire dalla totale negazione della verità dell’uomo, cioè di quella verità che costituisce la sua tradizione. L’autore del dramma si è venuto formando nella tradizione della libertà che è indissolubilmente legata alla verità dell’uomo, vale a dire nella tradizione dell’amore a questa libertà e nella tradizione della misericordia verso l’uomo. Per una tradizione così, una rivoluzione, che non implica la metanoia culturale e morale dell’uomo, resta sempre un elemento estraneo. L’esperienza di quella tradizione ha invece un valore universale. Non è casuale allora che la Provvidenza divina l’abbia ritirata fuori dal tesoro della tradizione cristiana. E noi possiamo ritrovarla nell’Enciclica “Dives in Misericordia”, di cui riportiamo i seguenti passaggi che costituiscono uno sviluppo dei temi del dramma.
“Il significato vero e proprio della misericordia non
consiste soltanto nello sguardo, fosse pure il più
penetrante e compassionevole, rivolto verso il male
morale, fisico o materiale: la misericordia si
manifesta nel suo aspetto vero e proprio, quando
rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di
male, esistenti nel mondo e nell’uomo. Così intesa,
essa costituisce il contenuto fondamentale del
messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva
della sua missione. Allo stesso modo intendevano e
praticavano la misericordia i suoi discepoli e
seguaci. Essa non cessò mai di rivelarsi, nei loro
cuori e nelle loro azioni, come una verifica
particolarmente creatrice dell’amore che non si lascia
“vincere dal male”, ma vince “con il bene il male”.
Occorre che il volto genuino della misericordia sia
sempre nuovamente svelato. Nonostante molteplici
pregiudizi, essa appare particolarmente necessaria ai
nostri tempi” (DM, IV, 6).
“Che cosa, dunque, ci dice la croce di Cristo, che è,
in un certo senso, l’ultima parola del suo messaggio e
della sua missione messianica? – Eppure, questa non è
ancora l’ultima parola di Dio dell’alleanza: essa
sarà pronunciata in quell’alba, quando prima le donne
e poi gli Apostoli, venuti al sepolcro di Cristo
crocifisso, vedranno la tomba vuota e sentiranno per
la prima volta l’annuncio: “È risorto”. Essi lo
ripeteranno agli altri e saranno testimoni del Cristo
risorto. Tuttavia, anche in questa glorificazione del
Figlio di Dio continua ad esser presente la croce, la
quale – attraverso tutta la testimonianza messianica
dell’Uomo-Figlio, che su di essa ha subito la morte –
parla e non cessa mai di parlare di Dio-Padre, che è
assolutamente fedele al suo eterno amore verso l’uomo,
poiché “ha tanto amato il mondo – quindi l’uomo nel
mondo – da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna”. Credere nel Figlio crocifisso significa
“vedere il Padre”, significa credere che l’amore è
presente nel mondo e che questo amore è più potente
di ogni genere di male, in cui l’uomo, l’umanità, il
mondo sono coinvolti. Credere in tale amore significa
credere nella misericordia. Questa, infatti, è la
dimensione indispensabile dell’amore, è come il suo
secondo nome, al tempo stesso, è il modo specifico
della sua rivelazione ed attuazione nei confronti
della realtà del male che è nel mondo, che tocca e
assedia l’uomo, che si insinua anche nel suo cuore e
può farlo “perire nella Geenna”. (DM, V, 7).